Yves Bonnefoy


Qui, sempre qui

Qui, è il luogo chiaro. Non è più l’alba,
È già la giornata dei desideri esprimibili.
Dei miraggi di un canto nel tuo sogno non resta
Che questo scintillio di pietre future.

Qui, e fino a sera. La rosa di ombre
Si girerà sopra i muri. La rosa di ore
Sfiorirà senza rumore. Le chiare lastre di pietra
Condurranno a lor grado questi passi invaghiti del giorno.

Qui, sempre qui. Pietra su pietra
Hanno costruito il paese dettato dal ricordo.
A malapena se il rumore dei semplici frutti che cadono
In te ancora infebbra il tempo che sta guarendo.

Poesia francese del novecento (Bompiani, 1985), a cura di P. Bigongiari

Yves Bonnefoy


Quelle mani che si avvinghiavano a lei di notte,
Le sentiva innumerevoli, non cercava
Di dar loro un volto. Le occorreva
Non sapere, desiderando non essere.

Anima e corpo, per stringere le vostre dita, unire le vostre labbra
Davvero occorre l’approvazione degli occhi?
Pensano i nostri occhi, che il linguaggio obbliga
A sventare senza posa troppi inganni!

Psiche aveva amato che il non vedere
Fosse come il fuoco quando avvolge
L’albero di qui degli altri mondi della folgore.

Eros, lui desiderava tenere tutto quel volto
Tra le mani, non l’abbandonava
Che con vivo rammarico ai capricci del giorno.

 

L’ora presente (Mondadori, 2013), trad. it. F. Scotto

Yves Bonnefoy


Désir se fit Amour par ses voies nocturnes
Dans le chagrin des siècles; et par beauté
Comprise, par limite acceptée, par mémoire
Amour, le temps, porte l’enfant, qui est le signe.

Et en nous et de nous, qui demeurons
Si obscurs l’un à l’autre, ce qui est
La faute mais fatale, la parole
Étant inachevée comme l’être encor

Que sa joie prenne forme: pour retenir
L’eau dans sa coupe fugitive; pour refléter
Le feu, qui est le rien; pour faire don
D’au moins l’idée du sens — à la lumière.

 

*

 

Desiderio divenne Amore
Lungo le sue strade notturne
Nella mestizia dei secoli; e per la bellezza
Compresa, per il limite accolto, per la memoria,
Amore, il tempo, reca l’infante, − il segno.

E in noi e di noi, che ancora siamo
Oscuri tanto l’uno all’altra, e questo,
Ma fatale, è il peccato, essendo il dire
Sempre incompiuto non meno dell’essere,

La gioia prenda forma: a trattenere
L’acqua nell’effimera sua coppa; per riflettervi
Quel niente, che è il fuoco; per offrire
L’idea, almeno, del senso − a quella luce.

 

L’opera poetica (Mondadori, 2010), a cura di F. Scotto

Yves Bonnefoy

yves bonnefoy

La Beauté

Suis-je belle, ô mortels,
Comme un rêve de pierre ? Non, ce n’est pas
Ce triste assentiment que j’attends de vous.
L’enfant pleure sur le chemin et je l’oublie,

Ne suis-je la beauté
Que parce que je flatte votre rêve?
Non, j’ai au fond de moi des yeux grand ouverts,
Je suis tapie, effrayée, je suis prête

À me jeter en avant, à griffer,
Ou à faire la morte si je sens
Que ma cause est perdue dans vos regards.

Demandez-moi d’être plus que le monde.
Souffrez que je ne sois que ce corps inerte,
Pansez-moi de vos vœux, de vos souvenirs.

*

La Bellezza

Sono bella, o mortali,
Come un sogno di pietra? No, non è
Questo triste assenso che mi aspetto da voi.
Il bambino piange sul sentiero e lo dimentico,

Sono la bellezza
Solo perché stuzzico il vostro sogno?
No, ho in fondo a me degli occhi spalancati,
Io sono nascosta, spaventata, sono pronta

A scagliarmi in avanti, a graffiare,
O a fare la morta se sento
Che la mia causa è persa nei vostri sguardi.

Chiedetemi di essere più del mondo.
Patite che io non sia che questo corpo inerte,
Curatemi con i vostri auspici, con i vostri ricordi.

 

L’ora presente (Mondadori, 2013), trad. it. F. Scotto