Andrea Zanzotto


Notificazione di presenza
sui Colli Euganei

Se la fede, la calma d’uno sguardo
come un nimbo, se spazi di serene
ore domando, mentre qui m’attardo
sul crinale che i passi miei sostiene,

se deprecando vado le catene
e il sortilegio annoso e il filtro e il dardo
onde per entro le più occulte vene
in opposti tormenti agghiaccio et ardo,

i vostri intimi fuochi e l’acque folli
di fervori e di geli avviso, o colli
in sì gran parte specchi a me conformi.

Ah, domata qual voi l’agra natura,
pari alla vostra il ciel mi dia ventura
e in armonie pur io possa compormi.

Tutte le poesie (Mondadori, 2011)

Kostandinos P. Kavafis


Non ti ebbi e non ti avrò
forse mai. Qualche parola, uno sfiorarsi
come al bar l’altro ieri, niente di più.
È una pena, lo confesso. Ma noi dell’Arte
talvolta con la forza del pensiero, e certo solo
per un tempo breve, creiamo piaceri
che sembrano quasi fatti di materia.
Così al bar l’altro ieri – con l’aiuto
di una benevola ebbrezza –
ho avuto mezz’ora di assoluto erotismo.
E lo capisti mi parve,
e rimanesti apposta un po’ di più.
Era necessario. La fantasia
e la magia dell’alcol non bastavano;
avevo anche bisogno di vedere le tue labbra,
avevo bisogno di sentire il tuo corpo vicino.

Tutte le poesie (Donzelli, 2019), a cura di P. M. Minucci

Alfonso Gatto

L’erba

L’erba, il silenzio, il muovere dell’ombra
soli, nel pianto tuo della mattina,
l’erba, il silenzio, il muovere dell’ombra
e gli steli del vento. Il tuo sollievo
è di vederti calma nell’attesa
ch’io giunga da lontano, il tuo riposo
è la speranza d’incontrarci a sera
per caso in un inverno.
Lasciarti per sparire,
per essere il tuo cielo dove guardi
senza rimorsi, avere il tuo rimpianto,
la tua memoria, le tue mani vuote…
Forse è più dolce piangermi che avermi.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2017)

Giovanni Giudici


La ballata della lingua

Mia lingua – italiana
variante colta milano-romanese
lingua del mio bel paese
cantata in amabili suoni
di ricche clausole
e di elette commozioni

Mia lingua – innocente
a capo chino mia colpa confessata
a denti stretti assennata
polvere dei miei ginocchi
mia contrizione
mie lacrime dentro gli occhi

Mia lingua – puntuale
parola sopra cosa parola fondata
lingua vulnerata
da miei infiniti perdoni
da grazie molte
da pie dissimilazioni

Mia lingua – esitante
bocca per secoli a pronunciare “ti amo”
inerme amore lontano
lingua di meretrice
che mi riposa
liscia lingua guaritrice

Mia lingua – militare
di grida sbràiti per una fioca paura
voce ridicola dura
che predicava onore
tra un machine-gun
e una maschinen-pistole

Mia lingua – elusiva
accomodante complice al non-pensiero
pietoso velo del vero
a nascondere un sì un no
prigione aperta
fanghiglia in cui nuoterò

Mia lingua – ossequiente
sorriso di postulante di debitore
muta senza furore
mia rabbia rinviata
mio eterno ieri
falsa lingua umiliata

Mia lingua – mia vita
dolcezza flatus vocis che m’hai tradito
anch’io perduto per poco
di calda madre
in letto con noi per gioco

Mia lingua – italiana
variante umile tosto-genovese
lingua del mio bel paese
guastata nei futili suoni
di vacue clausole
e perfide commozioni

Tutte le poesie (Mondadori, 2014)

Leonardo Sinisgalli


È nostro ancora questo fioco
lume della sera, un barbaglio
sulle cime dei lecci. Il fuoco
nella stanza si consuma;
(un sommesso
brusìo disperde la tua vigilanza)
e appena ti lambisce svampa
la veste: un ardore
ti difende dalla fiamma come la foglia
sempreverde. Tremi
ora che gli orti
devasta la tramontana
e ne patisce dietro i lividi vetri
la pigra passiflora.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2019)

Mario Benedetti


Riesumazioni

Cerco una fine dove giocavo.
E altre forme nella mente adulta
raccolgono il nonno bambino dalla terra.
Le ossa di mio padre
raccolgono sempre gli alberi,
i tram delle città, le parole che scambio.
Le ossa, la scheggia della guerra che era nella gamba,
l’acqua che bagna gli orti e le viti,
i denti rimasti bianchi, gelati, il sole.
Mio viso che sei stato una cosa,
piccolo con le grondaie e le castagne, i monti,
i chilometri di un paese. E l’automobile bianca,
la ferrovia, le cinquecento lire, le mille lire,
la zuppa con il vino e altro
chiuso in una sola mantellina ritornava.

 

Tutte le poesie (Garzanti, 2017)

Foto di Dino Ignani

2ª poesia più letta del 2018

di Eugenio Montale

 

Il primo gennaio

So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo,
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzufino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui ti affidi,
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché,
pigramente rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri,
oggetto o mano, penna o portacenere,
brucia e non se n’accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi…e se ne pentì.
Ora,
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri,
torni indietro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degli intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano,
io, a bocca chiusa.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 1996)

Poesia pubblicata il 12 ottobre 2018.

Guido Gozzano


Ma un bel romanzo che non fu vissuto
da me, ch’io vidi vivere da quello
che mi seguì, dal mio fratello muto.

Io piansi e risi per quel mio fratello
che pianse e rise, e fu come lo spetro
ideale di me, giovine e bello.

A ciascun passo mi rivolsi indietro,
curioso di lui, con occhi fissi
spiando il suo pensiero, or gaio or tetro.

Egli pensò le cose ch’io ridissi,
confortò la mia pena in sé romita,
e visse quella vita che non vissi.

Egli ama e vive la sua dolce vita;
non io che, solo nei miei sogni d’arte,
narrai la bella favola compita.

Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.

Tutte le poesie (Mondadori, 2016)