Walter Savage Landor


Ultime foglie

Cadon le foglie, e così è di me
Gli ultimi fiori hanno umidi gli occhi.
Così è di me.
Raro si ode sul ramo ora l’uccello
Gioioso o mesto
Per l’intero bosco.

Ecco l’inverno s’avvicina e porta
Più presso al fuoco il cerchio che si stringe,
Ogni anno di più, dei vecchi amici,
Venga esso, già il cielo s’oscura,
Primavera ed estate non son più
Ogni cosa è soave ora quaggiù.

*

The leaves are falling; so am I;
The few late flowers have moisture in the eye;
So have I too.
Scarcely on any bough is heard
Joyous, or even unjoyous, bird
The whole wood through.

Winter may come: he brings but nigher
His circle (yearly narrowing) to the fire
Where old friends meet.
Let him; now heaven is overcast,
And spring and summer both are past,
And all things sweet.

Da Attilio Bertolucci, Imitazioni (Libri Scheiwiller, 1994) trad. it. di Attilio Bertolucci

Wisława Szymborska


Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.

Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.

Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.

Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.

 

Ogni caso (Scheiwiller, 2009), P. Marchesani

Nanni Balestrini


Prologo epico

Eccomi qua ancora una volta
seduto di fronte al pubblico della poesia
che seduto di fronte a me benevolmente
mi guarda e si aspetta la poesia

come sempre io non ho niente da dirgli
come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo
certamente non si aspetta da me un poema epico
visto anche che non ha fatto niente per ispirarmelo

l’antico poeta epico infatti come tutti sappiamo
non era il responsabile della sua poesia
il suo pubblico ne era il vero responsabile
perché aveva un rapporto diretto

con il suo poeta
che dipendeva dal suo pubblico
per la sua ispirazione
e per la sua remunerazione

la sua poesia si sviluppava dunque
secondo le intenzioni del suo pubblico
il poeta non era che l’interprete individuale
di una voce collettiva che narrava e giudicava

questo non è certamente il nostro caso
non è per questo che siete qui oggi in questa sala
purtroppo quello che state ascoltando non è
il vostro poeta epico

e questo perché da tanti secoli
come tutti sappiamo
la scrittura prima
e successivamente la stampa

hanno separato con un muro di carta e di piombo
il produttore e
il consumatore della poesia scritta
che si trovano così irrimediabilmente separati

e perciò oggi il poeta moderno
non ha più un suo pubblico da cui dipendere
da cui essere ispirato e remunerato
solo pubblici anonimi e occasionali

come voi qui ora di fronte a me
non più una voce collettiva
che attraverso la sua voce individuale
racconta e giudica

il suo rapporto col pubblico ha perso ogni valore dicono
non gli rimane che concentrare il suo interesse
sui problemi dell’individuo singolo
sui suoi comportamenti particolari

il poeta moderno è autosufficiente
praticamente mai remunerato
non pronuncia alcun giudizio
ciò che conta per lui ci dicono

è soltanto il suo
immaginario
le sue ossessioni consce
e inconsce

perché per lui non esiste ci dicono
che l’individuo come singolo
irriducibilmente diverso
e separato dagli altri

e così il poeta moderno
solo
o anche davanti al pubblico della poesia
dialoga individualmente con la sua poesia

la immagina naturalmente come un’affascinante signorina
e vorrebbe che anche voi la immaginaste così
che si trova in questo momento qui di fianco a lui
cioè a me e cioè dunque lì di fronte a voi.

 

Il pubblico del labirinto (Scheiwiller, 2007)

Bartolo Cattafi

cattafi

A mio padre

Moristi nel marzo ventidue
non ti conobbi nacqui
quattro mesi dopo
per te lontano inerte sconosciuto
la mia pietà s’inceppa
un amore astratto
mi mette in moto fredde fantasie
parto dalle zone scure della foto
occhi baffi capelli color seppia.

 

18 dediche (All’insegna del pesce d’oro, 1978)

Ezra Pound


Invano ho lottato
Per convincere il mio cuore a piegarsi;
Invano gli ho detto:
«Ci sono poeti più grandi di te».

La sua risposta, come vento e suono di liuto
Come vago lamento nella notte
Che non mi dà riposo, dice sempre:
«Un canto, un canto».

I loro echi ondulano uno nell’altro nel tramonto
Cercando sempre un canto.
Ah, io sono consumato dal lavoro
E il vagare per infinite strade ha cerchiato di viola,

Ha riempito di polvere i miei occhi.
Su di me c’è ancora un tremore nel tramonto,
E piccoli elfi rossi di parole gridano: «Un canto»,
Piccoli grigi elfi di parole gridano per un canto,
Piccole foglie gialle di parole gridano: «Un canto»,
Piccole foglie verdi di parole gridano per un canto.
Le parole sono foglie, vecchie foglie gialle già di primavera,
Portate qua e là dal vento vanno cercando un canto.

 

A lume spento (All’insegna del pesce d’oro, 1958), a cura di Vanni Scheiwiller

8ª poesia più letta del 2018

di Wisława Szymborska –

Ad alcuni piace la poesia

Ad alcuni –
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace –
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.

La poesia –
ma cos’è mai la poesia?
Più d’una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.

 

La fine e l’inizio (Scheiwiller, 1997), trad. it. Pietro Marchesani

Poesia pubblicata il 21 marzo 2018.

Wisława Szymborska


Ad alcuni piace la poesia

Ad alcuni –
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace –
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.

La poesia –
ma cos’è mai la poesia?
Più d’una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.

 

La fine e l’inizio (Scheiwiller, 1997), trad. it. Pietro Marchesani

2ª poesia più letta del 2017

Wislawa-Szymborska

di Wisława Szymborska

 

Un amore felice

Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?

Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.

Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano −
sembra un complotto contro l’umanità!

È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?

Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.

Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.

Ogni caso (Scheiwiller, 2009), trad. it. P. Marchesani

 

Post originale del 14 febbraio
2poesia più letta del 2017

Wisława Szymborska

Wislawa-Szymborska
Un amore felice

Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?

Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.

Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano −
sembra un complotto contro l’umanità!

È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?

Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.

Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
 

Ogni caso (Scheiwiller, 2009), trad. it. P. Marchesani