Stefano Simoncelli

Ph. Daniele Ferroni

Ogni tanto, specialmente all’alba,
si presenta un distinto signore
con un cappello di feltro

a falde larghe, sciarpa nera di seta
su uno sdrucito cappotto di cammello
forse di ritorno da una bisca o un funerale

e che rimane sempre lì, davanti al cancello,
come se non trovasse il coraggio di entrare.
“Babbo… babbo” mi sento che farfuglio

andandogli incontro nell’attimo esatto
in cui mi volta le spalle, dà un calcio
di sinistro alla ghiaia e scompare.

Sotto falso nome (Pequod, 2023)

Vivian Lamarque

Ph. Dino Ignani

Oh meteorologia

Il fascino discreto degli amori non corrisposti
come un colpo di fulmine in assenza di metà fulmine
non potrà mai smettere d’amare chi non ama.
Oh meteorologia! Cielo sempre uguale
mai a confronto il prima e il dopo
sull’unilaterale amore splende sempre uguale
al neon il sole, non accadrà tramonto di un astro
mai sorto, mai lasciata mai essendo stata
avvistata.

L’amore da vecchia (Mondadori, 2023)

Umberto Fiori

Ph. Dino Ignani

Foto-ricordo

A spingermi là dentro,
sotto la luce della scatola,
era un ricordo.

Una forma imprecisa, risaputa,
un’ombra che premeva
nella mia testa
come il sogno che resta lì per un attimo
quando ti svegli:
nei dettagli non sai ricostruirlo
ma sai bene com’era, sei certo
di averlo fatto.

Lineamenti, colori, connotati:
scatto per scatto spiavo la traccia
che potesse guidare fino a quelli
della mia vera faccia.

Autoritratto automatico (Garzanti, 2023)

Silvia Bre

Ph. Dino Ignani

Cimiteri di campane via dal mondo
fanno l’unione della terra all’erba, vegliano
sulla diaspora dei morti, trame dell’insaputo,
nessuna luna ha una febbre così fredda
di rimanere ferma nelle notti, devota al vuoto.
Ma un’aria protesa è un fulmine, il venire meno
al loro patto insegnando senza luogo la disfatta
e non è alta la nota della fine ma si immagina tremenda,
la sua ferita fino in cielo è non morire.

Le campane (Einaudi, 2022)

Christian Sinicco

Ph. Dino Ignani

Fine della processione

entriamo in un piccolo cimitero e penso in una lingua non mia
parole che sembrano dure come i discorsi del prete:
recitano una parte che si ripete nella totale amnesia

poi si arriva ai Signore pietà, Cristo pietà, chiusi da questa parete
di uomini e donne scesi dalla sommità del paese e dalla chiesa
e sogno una grande processione che chiami l’Europa, quando suona

una campanella, il prete tira la sua corda tesa
più e più volte, e seguita con una preghiera, questa volta atona –
intanto la marea che entra nel Mediterraneo si insanguina

come un’aorta spinge il sangue di Cristo tra tutte le capitali
e per un attimo credo che l’orazione duri tutta la mattina
– fissando le lapidi di pietra e i fiori avvolti dai giornali

ci dividiamo come un unico corpo tra le tombe, e io non so più pregare:
per alcuni è un cammino di conoscenza, per altri solo di speranza
e il cimitero è così affollato che non si trova un angolo per amare

Ballate di Lagosta (Donzelli, 2022)