Franco Fortini

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La città nemica

Quando ripeto le strade
Che mi videro confidente,
Strade e mura della città nemica

E il sole si distrugge
Lungo le torri della città nemica
Verso la notte d’ansia

Quando nei volti vili della città nemica
Leggo la morte seconda,
E tutto, anche ricordare, è invano

E “Tu chi sei”, mi dicono, “Tutto è inutile sempre”,
Tutte le pietre della città nemica,
Le pietre e il popolo della città nemica

Fossi allora così dentro l’arca di sasso
D’una tua chiesa, in silenzio,
E non soffrire questa luce dura

Dove cammino con un pugnale nel cuore.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2014)

Cesare Viviani

Viviani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verranno mica a cercare la verità da noi,
quelli lì, anche se hanno pagato?
Prepariamoci.
Perché nessuno di noi ha la verità.
E nel vuoto qualcuno
si attacca a un libro, altri
a un legno e lo lavorano, o ad un masso.
A un cellulare, o ad un corpo vivo.
Ma il sostegno viene da altrove,
e allora puoi immaginare
che è là il tuo caro padre defunto.

 

Osare dire (Einaudi, 2016)

Alba Donati

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Alberi di Natale

Venendo su da Lucca, per la fondovalle,
fin da bambina contavo gli alberi di Natale
illuminati nella notte: Marlia, Lammari,

la montagna di Vinchiana, Borgo a Mozzano,
la valle, di là dalla ferrovia, di Bagni di Lucca,
Calavorno, ne contavo fino a settanta-ottanta.

Ce n’era di luminescenti, di luci fisse,
con faville colorate o luci argentate,
alcuni giganteschi, altri che appena si vedevano.

Ma, in verità, qualcosa non avevo visto:
stavano tutti davanti a case semplici,
e nemmeno uno nel giardino di una grande villa.

Meglio, mi dico, era lo sguardo di bambina
che di quelle luci faceva una carrozza leggendaria
che univa tutto dalla città fino a Lucignana.

 

Idillio con cagnolino (Fazi, 2013)

Antonio Bertoli

ANTONIO BERTOLI interno poesia

 

Via dell’acqua

Guarda sottile sguardo, custode penetrante
di giorno in giorno sempre più alla riva s’accalcano
canne erbe rovi frenetici la terra dalla verde forza
e l’acqua placa il dolore, serena sirena dal canto uguale
il dio umido erompe e fa salire la sete
di tutti coloro che all’acqua rivolgono parole e domande

Nell’ora intermedia della sera il fiume
si rifiuta al sonno, parlare sommesso e intermittente
il viso della morte e le parole dell’amore scorrono sul letto
d’acqua senza fine che tutto trascina
trascina e trascina, senza fine

Sorridere al futuro e al destino
che mai la morte può cancellare memoria d’amore
La pallida pioggia getta un ponte
di liquido fuoco tra cielo terra e acqua

Come non sorridere
del rivolo d’acqua piovana che traccia sul sentiero una strada
del filo che vi si corica e l’interrompe
così come un risvolto del pensiero mette fine alla logica?

 

Bianca pecora nera. Poetica della poesia. Poesia poetica (Il Vicolo, 2009)

Giovanni Parrini

 

Potrebbe passare un’intera vita
non succedere niente
fatica sì
non senso
non bene interpretabili.
Intanto
una notte le stelle galleggiano sull’acqua di una pozza
anni luce annullati
meccaniche celesti liquefatte
per niente
se non mostrare che le lontananze si cercano
per non tremare sole.
Intanto
nel tronco segato stanno quieti i decenni
cerchi su cerchi
per niente
se non mostrare che pazienza vive nel verde nuovo
nel bruno secco del fuoco.
Ma non sapevamo.
Non dovevamo avere che la sorpresa
la resa che ci tiene sempre illeso lo stupore.

 

Valichi (Moretti & Vitali, 2015)

Annalisa Ciampalini

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Poiché sappiamo cosa avverrà
sulla retta aspettiamo la freccia
che ci faccia capire.
Di fatto non c’è stato lo scocco. Oscilliamo.
Sentiamo una moltitudine sola,
una macchia unica,
irriducibile. La coscienza prima di frazionarsi.
Impossibile starne fuori.
Pensiamo alla luce che verrà,
a come tutto già contiene
e si dipanerà.
Sarebbe altro a voler esistere
in una cecità senza fine.
Altri i momenti, nulle le direzioni.

 

© Inedito di Annalisa Ciampalini

Piero Bigongiari

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Anfratti vuoti

E’ freddo negli anfratti dell’essere
rocciosi, il mare gocciola là sotto,
c’è chi chiede pietà a braccia aperte
e chi accusa con l’indice elevato.
E’ freddo, il pesce nella marea imprendibile,
il vento carezza la roccia, le ali sono chiuse,
i morti non sono giunti, le case si crettano,
la polvere torna fango che non piglia,
lo sguardo scivola parola fuori dall’anima
che, sola, attende il vento, l’ala sbattuta, il sibilo
negli anfratti risponde a chi arriva ripido,
il mare sotto sgocciola verde, va
e viene, va e vede, risponde alle sue gocciole
l’insieme di un essere che diviene.

 

da Poesie. 1942-1992 (Jaca Book, 1994)

Stefano Della Tommasina

stefano finestra

 

Anafora

Profili di colline in terracotta, l’edera di un campanile,
i portici del borgo per dividere la luce. Il povero
regala un gesto appena uscito dalla pietra. Il pellegrino
(i tatuaggi vividi di un’anfora, una barca tutta da rifare
un mare a fiotti tra i capelli, quasi una fontana umana)
lo raccoglie all’angolo dove trent’anni prima il giovane
fissava la piazzetta e disilluso non capiva. Il luogo era
già fato, enorme giara, anafora.

 

© Inedito di Stefano Della Tommasina