George Mackay Brown

Ph. © Gunnie Moberg Archive, Orkney Library & Archive

Pescatori di merluzzi

Mezzanotte. Il vento spinge a nord-est.
Una luna bassa, opaca.
Inquieti accanto a mogli quiete riposiamo.

Uno spruzzo di pioggia e un gabbiano
fuori all’aperto.
Il fuoco acceso. Un sorso veloce di birra.

Spingiamo la Merle su un mare di gelida fiamma.
I remi colano miele.
Un amo dopo l’altro si srotola sotto The Kame.

La nostra lenza rompe il percorso di improvvise migliaia.
Dodici mascelle catturate,
fauci grigie, si spalancano nelle nostre mani.

Dodici bocche fredde gridano senza suono.
Il mare è di nuovo vuoto.
Come nomadi i più vivaci cambiano continuamente zona.

Scandagliamo il vuoto per tutto il pomeriggio;
stacchiamo; e gustiamo
il cibo genuino della terra, manzo e focaccia d’orzo.

Il tramonto ficca una lama da macellaio
nella gola del giorno.
Ritorniamo su una marea bassa e densa come sangue.

Più stelle che pesci. Donne, gatti, un gabbiano
piagnucolano allo scoglio.
La valle si divide il magro miracolo.

*

Haddock Fishermen

Midnight. The wind yawing nor-east.
A low blunt moon.
Unquiet beside quiet wives we rest.

A spit of rain and a gull
In the open door.
The lit fire. A quick mouthful of ale.

We push the Merle at a sea of cold flame.
The oars drip honey.
Hook by hook uncoils under The Kame.

Our line breaks the trek of sudden thousands.
Twelve nobbled jaws,
Gray cowls, gape in our hands,

Twelve cold mouths scream without sound.
The sea is empty again.
Like tinkers the bright ones endlessly shift their ground.

We probe emptiness all the afternoon;
Unyoke; and taste
The true earth-food, beef and barley scone.

Sunset drives a butcher blade
In the day’s throat.
We turn through an ebb salt and sticky as blood.

More stars than fish. Women, cats, a gull
Mewl at the rock.
The valley divides the meagre miracle.

Incidere le rune (Interno Poesia Editore, 2023), cura e traduzione di Giorgia Sensi

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Kathleen Jamie

kjamie

Meadowsweet

Tradition suggests that certain of the Gaelic
women poets were buried face down.

 

So they buried her, and turned home,
a drab psalm
hanging about them like haar,

not knowing the liquid
trickling from her lips
would seek its way down,

and that caught in her slowly
unravelling plait of grey hair
were summer seeds:

meadowsweet, bastard balm,
tokens of honesty, already
beginning their crawl

toward light, so showing her,
when the time came,
how to dig herself out –

to surface and greet them,
mouth young, and full again
of dirt, and spit, and poetry.

 

*

 

Spirea

Secondo la tradizione certe poete gaeliche
venivano sepolte a faccia in giù…

 

Così la seppellirono, e si volsero verso casa,
un salmo uggioso
li avvolgeva come nebbia,

non sapevano che il liquido
che gocciolava dalle sue labbra
si sarebbe fatto strada là sotto,

e impigliati nella sua treccia
grigia che lentamente si scioglieva
c’erano semi estivi:

spirea, balsamo bastardo,
segni di onestà, che già
cominciavano a strisciare

verso la luce, mostrandole,
giunto il momento,
come dissotterrarsi –

emergere e salutarli,
bocca giovane, di nuovo piena
di terra, e sputo, e poesia.

 

 

La casa sull’albero, poesie scelte di Kathleen Jamie (Ladolfi, 2016), cura e trad. it. Giorgia Sensi

Carol Ann Duffy

The Dolphins

World is what you swim in, or dance, it is simple.
We are in our element but we are not free.
Outside this world you cannot breathe for long.
The other has my shape. The other’s movement
forms my thoughts. And also mine. There is a man
and there are hoops. There is a constant flowing guilt.

We have found no truth in these waters,
no explanations tremble on our flesh.
We were blessed and now we are not blessed.
After travelling such space for days we began
to translate. It was the same space. It is
the same space always and above it is the man.

And now we are no longer blessed, for the world
will not deepen to dream in. The other knows
and out of love reflects me for myself.
We see our silver skin flash by like memory
of somewhere else. There is a coloured ball
we have to balance till the man has disappeared.

The moon has disappeared. We circle well-worn grooves
of water on a single note. Music of loss forever
from the other’s heart which turns my own to stone.
There is a plastic toy. There is no hope. We sink
to the limits of this pool until the whistle blows.
There is a man and our mind knows we will die here.

 

*

 

I Delfini

Mondo è ciò in cui nuoti, o danzi, è semplice.
Siamo nel nostro elemento ma non siamo liberi.
Fuori da questo mondo non puoi respirare a lungo.
L’altro ha la mia forma. Il movimento dell’altro
crea i miei pensieri. Ed anche il mio. C’è un uomo
e ci sono i cerchi. C’è un fluire costante di colpa.

Non abbiamo trovato verità in queste acque,
nessuna spiegazione trema sulla nostra carne.
Eravamo benedetti e ora non lo siamo.
Dopo aver viaggiato qui per giorni, iniziammo
a tradurre. Era lo stesso spazio. È
lo stesso spazio sempre e sopra è l’uomo.

E ora non siamo più benedetti, il mondo
non più profondo per i sogni. L’altro lo sa
e per amore riflette me a me stesso.
Vediamo la nostra pelle d’argento guizzare, ricordo
di qualche altro luogo. C’è una palla colorata
da dover bilanciare sinché l’uomo non scompare.

La luna è scomparsa. Giriamo in tondo a logori solchi
d’acqua su un’unica nota. Musica di perdita continua
dal cuore dell’altro che rende il mio di pietra.
C’è un giocattolo di plastica. Non c’è speranza. Scendiamo
ai limiti di questa piscina sinché soffia il fischio.
C’è un uomo e la nostra mente sa che moriremo qui.

 

Mean Time (Anvil Press Poetry, 1993), traduzione di Stefania Zampiga

Carol Ann Duffy

Carol-Anne-Duffy-

 

La signora Van Winkle

Sprofondai come un sasso
nelle acque fonde e stagnanti della mezza età,
con acciacchi da capo a piedi.

Mi buttai sul cibo.
Rinunciai a fare moto.
Mi face bene.

E mentre lui dormiva
mi trovai dei passatempi.
Dipinsi. Visitai ogni sognato monumento:

la torre di Pisa.
Le Piramidi. Il Taj Mahal.
Feci un piccolo acquerello di ognuno.

Ma la cosa migliore,
quello che batté di gran lunga tutto il resto
fu l’addio non troppo sofferto al sesso.

Fino al giorno in cui
tornai a casa col mio pastello del Niagara
e lui seduto sul letto agitava un tubetto di Viagra.

 

La moglie del mondo (Le Lettere, 2002), a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti

Hugh MacDiarmid


Glasgow 1960

Returning to Glasgow after long exile
Nothing seemed to me to have changed its style.
Buses and trams all labelled “To Ibrox”
Swung past packed tight as they’d hold with folks.

Football match, I concluded, but just to make sure
I asked; and the man looked at me fell dour,
Then said, “Where in God’s name are you frae, sir?
It’ll be a record gate, but the cause o’ the stir

Is a debate on ‘la loi de l’effort converti’
Between Professor MacFadyen and a Spainish pairty.”
I gasped. The newsboys came running along,
“Special! Turkish Poet’s Abstruse New Song.

Scottish Authors’ Opinions” – and, holy snakes,
I saw the edition sell like hot cakes!

 

*

 

Glasgow 1960

Tornavo a Glasgow dopo una lunga assenza
niente sembrava aver mutato aspetto.
Autobus e tram erano diretti a “Ibrox”,
e passavano, strapieni come un tempo.

C’è una partita, pensai, ma per sicurezza,
lo chiesi a un tale che mi guardò
severo e disse: Ma dove vive, lei?
Allo stadio sarà record di incassi,

ma la causa di questa agitazione
è una discussione su “la loi de l’effort converti”
tra il professor MacFayden e uno spagnolo.
Boccheggiai. Poi giunse trafelato uno strillone:
Edizione straordinaria! Il Nuovo
Carme Astruso del Poeta Turco col Commento

dei Critici Scozzesi! – e, santo cielo,
vidi quel giornale vendere come se fosse pizza.

 

Hardy a Davie – Antologia della poesia inglese moderna (Accademia, 1976), trad. it. Giorgio Miglior

Kate Clanchy


Incantesimo

Se, al tuo scrittoio, metti da parte il lavoro,
prendi giù un libro, cerchi questi versi
e leggi che io sto lì in ginocchio, l’orecchio
contro il tuo petto dove i muscoli
si inarcano come grossi tomi che si aprono, in curve
di gabbiani, attraverso le onde sonore del tuo cuore,

e che mi passi le dita fra i capelli,
sfilando dalla massa ribelle ciocche
sottili come segnalibri di seta scarlatta,
e mi accarezzi le guance come se lisciassi
veline tra rigide illustrazioni,
e mi tiri verso di te

per leggermi solo negli occhi, vedrai,
argentato e monocromo, te stesso,
seduto al tuo scrittoio, prendere giù un libro,
cercare questi versi, e allora, amore,
non saprai chi di noi due legge
ora, chi scrive, e chi è scritto.

 

Neonato (Edizioni Medusa, 2007), traduzione di Giorgia Sensi

Kathleen Jamie


The Tradition

For years I wandered hill and moor
Half looking for the road
Winding into fairyland
Where that blacksmith kept a forge

Who’d heat red hot the dragging links
That bound me to the past,
Then, with one almighty hammer-blow
Unfetter me at last.

Older now, I know nor fee
Nor anvil breaks those chains
And the wild ways we think we walk
Just bring us here again.

 

*

 

La tradizione

Per anni ho vagato per alture e brughiere
Alla ricerca della strada
Che porta tortuosa al paese delle fate
Dove teneva una fucina il fabbro

Che avrebbe arroventato i ceppi
Ostinati che al passato mi tenevano legata
Poi, con un possente colpo di martello
Mi avrebbe finalmente liberata.

Più vecchia ora, so che né denaro
Né incudine quelle catene possono rompere
E le strade ribelli che crediamo di percorrere
Non fanno che portarci qui di nuovo.

 

Falco e ombra (Interno Poesia Editore, 2019), cura e traduzione di Giorgia Sensi

Carol Ann Duffy

Anne Hathaway

Il letto in cui ci amavamo era un mondo vorticoso
di foreste, castelli, fiaccole, scogliere, mari
in cui lui si tuffava in cerca di perle. Le parole del mio amore
erano una pioggia di stelle cadenti come baci
su queste labbra; il mio corpo faceva col suo ora una rima
più dolce, ora un’eco, un’assonanza; il suo tocco
era un verbo che danzava in mezzo a un nome.
Certe notti sognavo che mi aveva scritto, il letto
una pagina sotto le sue mani di scrittore. Romanzo
e dramma recitati da odore, gusto, tatto.
Nell’altro letto, il migliore, sonnecchiavano gli ospiti,
sbavando la loro prosa. Vive l’amore mio, ride –
lo tengo della mia testa di vedova nel forziere
come lui teneva me in quel letto, non il migliore.

 

La moglie del mondo (Le Lettere, 2002), traduzione e cura di Andrea Sirotti e Giorgia Sensi.

Carol Ann Duffy


Valentine

Not a red rose or a satin heart.

I give you an onion.
It is a moon wrapped in brown paper.
It promises light
like the careful undressing of love.

Here.
It will blind you with tears
like a lover.
It will make your reflection
a wobbling photo of grief.

I am trying to be truthful.

Not a cute card or a kissogram.

I give you an onion.
Its fierce kiss will stay on your lips,
possessive and faithful
as we are,
for as long as we are.

Take it.
Its platinum loops shrink to a wedding-ring,
if you like.
Lethal.
Its scent will cling to your fingers,
cling to your knife.

 

*

 

A San Valentino

Non una rosa rossa o un cuore di raso.

Ti do una cipolla.
È una luna avvolta in ruvida carta scura.
Promette luce
come il lento spogliarsi dell’amore.

Eccola.
Ti accecherà di lacrime
come un amante.
Renderà il tuo riflesso
un traballante ritratto di dolore.

Sto cercando di essere onesta.

Non un biglietto lezioso o baci per interposta persona.

Ti dò una cipolla.
Il suo bacio pungente resterà sulle tue labbra,
possessivo e fedele
come noi,
finché lo saremo noi.

Prendila.
I suoi cerchi di platino si riducono a un anello nuziale,
se vuoi.
Letale.
Il suo odore si appiccicherà alle tue dita,
al tuo coltello.

 

La donna sulla luna (Le Lettere, 2011), a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti

Don Paterson


Rain

I love all films that start with rain:
rain, braiding a windowpane
or darkening a hung-out dress
or streaming down her upturned face;

one long thundering downpour
right through the empty script and score
before the act, before the blame,
before the lens pulls through the frame

to where the woman sits alone
beside a silent telephone
or the dress lies ruined on the grass
or the girl walks off the overpass,

and all things flow out from that source
along their fatal watercourse.
However bad or overlong
such a film can do no wrong,

so when his native twang shows through
or when the boom dips into view
or when her speech starts to betray
its adaptation from the play,

I think to when we opened cold
on a starlit gutter, running gold
with the neon of a drugstore sign,
and I’d read into its blazing line:

forget the ink, the milk, the blood—
all was washed clean with the flood
we rose up from the falling waters
the fallen rain’s own sons and daughters

and none of this, none of this matters.

 

From: Rain (Faber and Faber, 2009)

 

*

 

Pioggia

Adoro quei film che iniziano con la pioggia:
pioggia che alla vetrata s’intreccia
o che imbrunisce un vestito appeso fuori
o che cola la sua faccia rovescia;

un grande scrosciante nubifragio
giù sul copione vuoto e lo spartito
prima dell’atto, prima della censura,
prima che la lente spinga l’inquadratura

dove la donna siede sola
affianco alla cornetta muta
o al vestito fradicio sul prato
o alla ragazza sulla soprelevata,

tutte le cose zampillano da quella vena
lungo la loro fatale piena.
Per quanto brutto o interminabile
un film simile non può essere male,

così quando la voce nasale di lui traspare
o quando il microfono s’affaccia appena
o quando i discorsi di lei iniziano a tradire
il loro adattamento alla scena,

penso a quando abbiamo esordito
su una fogna stellata, al correre dorato
insieme ai neon della farmacia
e ho letto nella sua ardente scia:

dimentica l’inchiostro, il latte, il sangue –
tutto è stato pulito via dal temporale
ci rialzammo dall’acqua cadente
i figli e le figlie della pioggia scrosciante

e nessuno conta niente, niente conta.

 

© Traduzione in italiano di Riccardo Frolloni

Photo credit: SIMON PRICE/ALAMY