Roberto Portas


La farfalla sulla bilancia

Sono tornato, usando il mezzogiorno,
al giardinetto, bonsai involontario,
tra parentesi di bellico cemento
(un’extrasistole del cemento:

in città contrae un virus d’arcano
qualunque inezia esente da automobile )
dove, bambino sorretto di vento
ariosa cartilagine di giochi, avevo

la Lineare B delle farfalle.
E io ch’ero volare senza acapo
e mansueto per essere intangibile
qui strinsi tra le dita la mia prima farfalla

(oh le due ali insieme non facevano
lo spessore di un foglio di quaderno!
le dita faticavano ad adempiere
il compito di avere senza rompere):

in quella perfetta economia d’essere sentii
me tutto eccedente; pesai l’hybris d’essere
uomo, additata da due aliene dita; seppi
d’essere insieme la farfalla, le dita.

 

© Inedito di Roberto Portas

Marcello Fois

Congedo

Parti da te, figlio… da quello che sei.
Bisogna morire per imparare?
Mi chiedi.
Sì, figlio, per imparare qualcosa deve morire.
Tu non lo sai e non devi saperlo,
ma il cuore, con l’età, si restringe.
Non è più tanto capiente, immenso,
come all’inizio dei giorni.
Tra non molto gli abbandoni conteranno anch’essi.
Ma ora il tuo cuore è una piazza sconfinata,
e ti fa credere che sopravviverai
senza dover rinunciare a niente,
capirai, col tempo, quanto sia difficile trattenere
ogni cosa, ogni pensiero, ogni persona…
Sei nell’euforia di tutti gli inizi.
Qualcuno dovrà morire perché tu viva.

Domani, quando chiamerai, io non ci sarò,
ma solo perché tu possa esserci,
quando chiameranno te.

 

L’infinito non finire (Einaudi, 2018)

Tommaso Tiddia


Ti ricordi la colomba bianca
come ci guardava negli occhi,
col suo sguardo di rima profonda
per noi ha danzato mentre ancora
era altissima l’onda sulla panca
del parco cittadino dov’è facile
costruire un nido coi propri pensieri,
ma noi combattevamo ancora
dentro l’arca mentre il mondo già
si ripopolava dei nostri animali.

© Inedito di Tommaso Tiddia

Rossana Abis

rossana abis

Io sono il solitario origliere
di ciò che dorme
(Lorenzo Calogero)

 

La circonferenza unica dei destini:
remoto è il punto che dilata
all’infinito lo sguardo.
Siamo la buona presenza onnisciente
dispersa e ritrovata in ogni luogo,
la compresenza sottesa del nulla
che in noi si rischiara
quando certi venti notturni
ci rendono d’un tratto translucidi
e friabili all’invisibile tatto.

 

Inedito di Rossana Abis