Dylan Thomas


E la morte non avrà più dominio

E la morte non avrà più dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché impazziscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.

E la morte non avrà più dominio.
Sotto i meandri del mare
Giacendo a lungo non moriranno nel vento;
Sui cavalletti contorcendosi mentre i rendini cedono,
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno;
Si spaccherà la fede in quelle mani
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte;
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno;
E la morte non avrà più dominio.

E la morte non avrà più dominio.
Più non potranno i gabbiani gridare ai loro orecchi,
Le onde rompersi urlanti sulle rive del mare;
Dove un fiore spuntò non potrà un fiore
Mai più sfidare i colpi della pioggia;
Ma benché pazzi e morti stecchiti,
Le teste di quei tali martelleranno dalle margherite;
Irromperanno al sole fino a che il sole precipiterà,
E la morte non avrà più dominio.

 

Poesie e racconti (Einaudi, 1996), trad. it. Ariodante Mariani

Dannie Abse

Visita d’inverno

Ora che lei ha novant’anni passeggio nel parco
dove i soliti pavoni non stridono dal gran freddo
e luci vicine si accendono prima che diventi buio.

Avrò il coraggio di affermare, con lei così debole e anziana,
che da un pallido puntino di sperma di pavone
vengono tutti i colori di una coda di pavone?

Lo faccio. Ma lei come la Sibilla dice, “Vorrei morire”;
poi si lamenta, “Sono quasi morta, quest’inverno, figlio mio”.
E poiché è vero mi viene da piangere.

Ma non devo (solo il Nulla dura),
perché io abito il camice bianco non quello nero,
anche adesso – e non sono abilitato a piangere.

Così parlo di piccole cose approssimative,
di quattro fenicotteri che ho visto nel parco,
stavano su una zampa, sul ghiaccio, la testa sotto l’ala.

 

C’era due volte (Mobydick, 2003), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Patrick McGuinness


Father and Son

in memory of my father, and in welcome to my son

In the wings there is one who waits to go on,
and another, his scene run, who waits to go.

I would like to think they met; if not here
then like crossed letters touching in the dark;

the blank page and the turned page,
the first and the last, shadows folding

over and across me, in whom they’re bound.

 

*

 

Padre e figlio

in ricordo di mio padre, e come benvenuto a mio figlio

Dietro le quinte c’è uno che aspetta di entrare,
e un altro, finita la sua parte, che aspetta di uscire.

Mi piacerebbe pensare che si siano incontrati; se non qui
allora come lettere che s’incrociano e si toccano nel buio;

la pagina bianca e la pagina voltata,
la prima e l’ultima, ombre che si ripiegano

attraverso e sopra di me, in cui si legano.

 

Déjà-vu. Poesie scelte vecchie e nuove (Interno Poesia, 2019), traduzione e cura di Giorgia Sensi

Patrick McGuinness


The Age of the Empty Chair

In Monet’s The Beach at Trouville, it is week one of the Franco-Prussian war.
The chair lodges in the sand between two women. One reads, the other

points her face at the emptying beach. The chair belongs to no one,
it is a found chair, a trouvaille, and there is not one chair too many

but one sitter too few. A flag rigid on its pole indicates
a swelling in the air, or something stronger, and the rent waves,

delicate turmoils of spume and lace, are distant cousins of the revolution,
bound into the ebb and flow it breaks free of, then breaks back into.

There is sand in the paint; the place is mixed into its making,
and even the brushstrokes replicate the water’s peaks as they take

the light: rooves pell-mell across a city skyline, flashpoints in the sun.
The chair suggests all that can be suggested about change, but it remains

apart from it: the way a sail suggests the wind; the way a shell holds
a recording of the waves even as the waves turn around it.

 

*

 

L’età della sedia vuota

Ne La spiaggia a Trouville di Monet è la prima settimana della guerra franco-prussiana.
La sedia è sulla sabbia tra due donne. Una legge, l’altra

ha il viso rivolto alla spiaggia che si svuota. La sedia non è di nessuno,
è una sedia trovata, una trouvaille, e non c’è una sedia in più

ma una persona in meno. Una bandiera ritta sull’asta segnala
un muoversi dell’aria, o qualcosa di più, e le onde frante,

delicati tumulti di spuma e pizzo, sono lontane cugine della rivoluzione,
legata al flusso e riflusso da cui si rompe, e in cui di nuovo irrompe.

C’è sabbia nel dipinto; il luogo si fonde con la sua fattura,
e perfino le pennellate replicano i picchi dell’acqua quando prendono

la luce: tetti alla rinfusa su un orizzonte urbano, scoppi nel sole.
La sedia suggerisce tutto ciò che si può suggerire sul cambiamento, ma vi rimane

distaccata: così come una vela suggerisce il vento; come una conchiglia registra
il suono delle onde proprio mentre le onde le girano intorno.

 

L’età della sedia vuota (Il ponte del sale Editore, 2011), cura e traduzione di Giorgia Sensi

Gwyneth Lewis

Gwyneth Lewis

Ultimo giro alla Chiesa di Costantino Lips,
che aveva sette absidi e tre navate,
davvero inusuale. Come la mappa del corpo

sbilanciata sul cervello: sesso deforme,
collo sottile, membra trascurabili,
punte delle dita a spatola, codice tangibile

di come è la vita. Nel parco di Piazza
Taksim: “Madame, mica sono un cannibale,
voglio solo inviarle un kilim

della mia provincia natia”. E come una stupida io
l’ho lasciato fare. Non ci sono lettere mute
in turco, ed era così affabile…

I miei giri, noterete, non contengono errori,
per perdersi è necessaria una guida.

 

L’albero dei passeri (Elliot, 2016), a cura di P. Del Zoppo

© Foto di Murdo Macleod

Dylan Thomas

Dylan Thomas

 

Do not go gentle into that good night

Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rave at close of day;
Rage, rage against the dying of the light.

Though wise men at their end know dark is right,
Because their words had forked no lighting they
Do not go gentle into that good night.

Good men, the last wave by, crying how bright
Their frail deeds might have danced in a green bay,
Rage, rage against the dying of the light.

Wild men who caught and sang the sun in flight,
And learn, too late, they grieved it in its way,
Do not go gentle into that good night.

Grave men, near death, who see with blinding sight
Blind eyes could blaze like meteors and be gay,
Rage, rage against the dying of the light.

And you, my father, there on the sad height,
Curse, bless, me now with your fierce tears, I pray.
Do not go gentle into that good night.
Rage, rage against the dying of the light.

 

From: The Poems of Dylan Thomas (New Directions, 1952)

*

Non andartene gentile in quella notte buona

Non andartene gentile in quella notte buona:
Deve insorgere l’età e bruciare, al termine del giorno,
Con furia, furia contro la luce che abbandona.

I saggi infine vedono che il buio è giusto
Perché il loro verbo non ha sprigionato il lampo, eppure
Non se ne vanno gentili in quella notte buona.

I mansueti all’onda estrema urlano che radioso
Danzerebbe il loro fiacco gesto in una baia verde,
Con furia, furia contro la luce che abbandona.

Gli audaci che il sole a volo presero cantando
E tardi capirono di averne addolorato il corso
Non se ne vanno gentili in quella notte buona.

Gli austeri con vista accecante in morte scoprono
Che come stelle anche occhi ciechi sanno brillare allegri,
Con furia, furia contro la luce che abbandona.

E tu, padre mio, là sopra quella triste altezza,
Maledici, benedici me, ti prego, col tuo pianto fiero.
Non andartene gentile in quella notte buona.
Infuria, infuria contro la luce che abbandona.

 

© Versione italiana di Simone Pagliai

Gillian Clarke

clarke

 

Ladra d’amore

Arriverò come una ladra se necessario,
con passo felpato. Non forzerò un accesso,
ma ne troverò uno,

una finestra accostata. Ci infilerò
dentro un dito, e la aprirò piano piano
mentre tu dormi.

Sarai fuori quando sentirò le tue lenzuola fresche
sulla mia pelle, quando girerò per le tue stanze
toccando, godendo.

Avrò accesso alla tua email, alle tue password,
cliccherò sulla tua storia, ti rintraccerò
nello spazio virtuale.

Pensavi che mi sarei presentata alla tua porta
da persona onesta, con fair play?
L’amore non ha orgoglio,

né onore; si piglia ciò che gli viene dato
e ciò che riesce a ottenere. Implora
senza vergogna; perché non questo?

Io sono colui che azzarda, levantino
e scassinatore che dà senza riserve il cuore
a ciò che è irraggiungibile,

lassù in alto, in mani sicure, e trama
per blandirlo a sé, in un modo
o nell’altro.

 

Impronte. Poesia gallese contemporanea (Mobydick, 2007), trad. it. G. Sensi, P. McGuinness

R. S. Thomas

r. s. thomas

 

Laghi artificiali

Esistono posti in Galles dove non vado:
Quei laghi artificiali, subconscio
Di un popolo profondamente afflitto
Da pietre tombali, cappelle, persino villaggi;
La serenità della loro espressione
Mi ripugna, è una posa
Per i forestieri, acquerello che seduce
La massa, non è la dura verità
Della poesia. Ci sono anche
Le colline; i giardini affondati nelle impurità
Dei boschi; spaccate le facce
Delle fattorie, col pietroso gocciolio di lacrime
Giù per i fianchi delle colline.

Dove posso andare, allora, lontano dall’odore
Di rovina, di putrefazione, di morta
Nazione? Per un’ora la costa
Ho camminato e ho visto gli Inglesi
Rovistare tra i rifiuti, avanzi
Della nostra cultura, coprire la rena
Come marea e, con rudezza
Di Marea, spingere coi gomiti la nostra lingua
Nella tomba che le abbiamo scavato.

 

Assemblea di poeti – poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Dannie Abse

NPG x35738; Dannie Abse by George Newson

 

Dualità

C’era due volte,
c’era un uomo che aveva due facce,
due facce, un profilo:
né Jekyll né Hyde, né buona né cattiva,
se una si feriva, l’altra sanguinava –
due facce differenti come caldo e freddo.

La notte, alla parete appese ai ganci
sopra la minacciosa testa di quell’uomo,
una l’ottona vuole, l’altra l’oro,
una bianco vede, l’altra nero,
l’una bocca mangia l’altra,
finché la seconda dolce bocca la prima morde.

Sognano sogni diversi
alla parete appese sopra il letto.
Grida la prima voce: ‘Non è quel che sembra,’
ma la seconda sospira: ‘È quel che è,’
poi una urla ‘vino’, strilla l’altra ‘pane’,
e così per tutti i deliranti giorni
fino alla morte sulla testa ingannatrice.

Agli incroci le deve tutt’e due indossare,
ché vanno per loro proprie strade
secondo che il vento spiri da Oriente o da Occidente –
elogerebbero e il buio e la luce,
ma l’una fonde, l’altra si congela.

Sono io l’uomo che c’era due volte:
le mie due voci cantano per fare una rima.
La morte amo, odio la morte
(con te sarò presto e tardi).
L’amore amo, odio l’amore,
Dio derido, Dio sfido,
mi uccido, sì, mi salvo.

Ora, ora queste maschere appendo alla parete.
O tempo, prendine una e rendimi intero
ché non cadano quattro lacrime da due occhi.

 

da Assemblea di poeti. Poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Robert Minhinnick

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La casa dei signori

È lì come sempre, la casa,
Alte le finestre sul lago,
Tagliato l’erba quasi alla gialla radice.

Lungo il viale d’accesso il bordo di marciapiede bianco calce
Descrive una curva perfetta,
Quasi che pietra, come aria acqua, gonfi in un’onda.

Si dissolvono i miei passi in giardini dove
L’acido rododendro cresce rigoglioso,
I suoi fiori bianchi e rosa come bambole nude.

È sempre stato un albero egoista,
Divorando la luce, crescendo
Luminoso solo, erede forte.

Alla porta prendono il mio biglietto da visita
E un nome in corsivo d’argento
Mi permette di entrare dove mai avrei pensato.

Queste mani gentilmente posate sul mio braccio
Turbano un lontano intruso,
Quel bambino sotto la siepe del tasso

Che guardava lunghe automobili scivolare attraverso il villaggio
E donne fatte come le fiamme delle candele
Muoversi sui prati.

Sopra la sua testa le bacche gonfiavano
Morbide come cera attorno a ogni nucleo,
Nera pepita di veleno che sarebbe cresciuta.

 

da Assemblea di poeti – poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. Andrea Bianchi e Silvana Siviero.