Lawrence Ferlinghetti

Performed with a blindfold and a cane
I am a blind poet
I am your blind poet and painter
full of fantastic phrases and images
I am painting the landscape of my bent soul
and the soul of mankind
as I see it
I am giving it a voice
I am singing folk songs
about the downtrodden masses
and the rich on their fat asses
I am the painter who feels
with his fingers
I am the blind seeing-eye poet
I see what you can’t see
I eat well and drink well
and dream of great epics
I am your postmodern pastmodern
multimedia artist
I am the most avant of the avant
I’m site-specific and totally conceptual
Even the greatest critics have been baffled
by my profundity
I once knew Andy Warhol
And I’ve slept with you know whom
And I’m a fast-speaking man
your deconstructed language poet
your far-out poet
full of ecstasies and visions
your wandering workshop poet
your hairy university poet
with tenure
your buddhist quietest poet
I go on poetry reading tours
where everything is paid for
I hear everything
and it’s grist to my mill
I use it all
to make great sound poetry
or great concrete poetry
that no one can see through
Life is a real dream
and I am dreaming it
And I’ve got it all in my head
the Song of Humanity
and the Song of Inhumanity
I’ll paint you a profound picture
an action painting
a gestural painting
nothing but pure gesture
I’ll write you a far-out song
of common people
If I take off my mask
I’ll see the real world
for the first time
But I won’t take it off
It fits too well
It’s a perfect fit
It’s too comfortable
And I’ve got my career to think of
my life to think of
We only live once
and living very well is the best revenge
Get your own blindfold
You can’t have mine
You’ll have to face the world without it
And anyway I’m too young to die
I’m an American
and Americans don’t die
We’re the conquerors
We’re the new roman emperors
We’re conquering the world
It’s the invisible empire
of genial vulture capitalism
And democracy is capitalism
No more poor people
No more starving and dying
No more huddled masses in our empire
The rising tide lifts all boats
If you’ve got a boat

*

Io sono un poeta cieco
Io sono il vostro poeta e pittore cieco
pieno di espressioni e immagini fantastiche
Sto dipingendo il paesaggio della mia anima sottomessa
e dell’anima del genere umano
per come la vedo io
Le sto dando voce
Sto cantando canzoni popolari
sulle oppresse masse
e sui ricchi dalle chiappe grasse
Io sono il pittore che sente
con le dita
Io sono il poeta visionario cieco
Io vedo quello che voi non vedete
Io mangio bene e bevo bene
e sogno i grandi poemi epici
Io sono il vostro artista multimediale
postmoderno oltremoderno
Io sono il più avan- dell’avanguardia
Io sono site-specific e assolutamente concettuale
Perfino i massimi critici sono rimasti sconcertati
dalla mia profondità
Una volta ho incontrato Andy Warhol
E sono andato a letto con voi sapete chi
E sono un uomo che parla veloce
il vostro poeta dalla lingua decostruita
il vostro poeta stratosferico
pieno di estasi e visioni
il vostro nomade poeta da gruppo di scrittura creativa
il vostro irsuto poeta da università
professore ordinario
il vostro più silenzioso poeta buddista
Io mi faccio tournée di letture di poesia
spesato da cima a fondo
Io sento tutto
ed è pane per i miei denti
Lo uso fino in fondo
per fare grande poesia sonora
o grande poesia concreta
impenetrabile per chiunque
La vita è un sogno reale
e io lo sto sognando
E ho tutto nella testa
il Cantico dell’Umanità
e il Cantico della Disumanità
Vi dipingerò un quadro profondo
un quadro d’azione
un quadro gestuale
nient’altro che puro gesto
Vi scriverò una poesia stratosferica
sulla gente comune
Se mi tolgo la maschera
vedrò il mondo reale
per la prima volta
Ma non me la tolgo
Mi si adatta troppo bene
Alla perfezione
È troppo comoda
E devo pensare alla mia carriera
pensare alla mia vita
Si vive una volta sola
e vivere benissimo è la miglior vendetta
Trovatevi la vostra benda per gli occhi
La mia non ve la do
Dovrete affrontare il mondo senza
E ad ogni modo sono troppo giovane per morire
Io sono Americano
e gli Americani non muoiono
Noi siamo i conquistadores
Siamo i nuovi imperatori romani
Stiamo conquistando il mondo
È l’impero invisibile
del sorridente capitalismo rapace
E la democrazia è il capitalismo
Niente più poveri
Niente più gente che muore di fame
Niente più masse accalcate nel nostro impero
La marea montante tiene su tutte le barche
Sempre che ce l’abbiate, una barca

Scoppi urla risate (SUR, 2019), trad. it. Damiano Abeni

Gregory Corso

Ph. Dario Bellini


Getting to the Poem

I have lived by the grace of Jews and girls
I have nothing
and am not wanting

I write poems from the spirit
for the spirit
and have everything

A poet’s fate is by choice
I have chosen
and am well pleased

A drunk dreamer in reality
is an awful contradiction
Loved ones fall away from me
and I am become wanting

Self-diagnosis:
A penniless living legend
needs get the monies
or write more poems
or both
If you have a choice
between two things
and cannot decide
—take both
‘Tis not right for me to be wanting

I take out my pen
I pee white gold
And on the wall
I write thereon:
It was there

 

*

 

Arrivare a una poesia

Ho vissuto grazie agli Ebrei e alle ragazze
Non ho niente
e non mi manca niente

Scrivo poesie dallo spirito
per lo spirito
e ho tutto

Il destino di un poeta è una scelta
Io ho scelto
e sono soddisfatto

Un sognatore ubriaco nella realtà
è una contraddizione terribile
Le persone amate si staccano da me
e ora qualcosa mi manca

Autodiagnosi:
Una leggenda vivente senza un soldo
deve far quattrini
o scrivere altre poesie
o tutt’e due

Se ha una scelta
fra due cose
e non puoi deciderti
-prendile entrambe.
Non è giusto che qualcosa mi manchi

Tiro fuori la penna
Piscio oro bianco
E sul muro
ci scrivo sopra:
Era lì
sempre lì
minutamente contenuto
in una mano divaricata

Fuori
una rondine caduta
segna martedì
O mio cuore! finalmente
dopo tanto penare
me ne sto in pace
La guerra semisecolare
che combattei con fendenti
come un Boscimano africano
che infilza padroni delle terre
è finita

Io vivrò
e non saprò mai la mia morte

 

Rivista “Poesia” (n.231, ottobre 2008), traduzione di Massimo Bacigalupo

Salomón De La Selva

 

Popolo, non plebe

L’indipendenza esiste perché ci sia un popolo
e non sudicia plebe:
uomini e non gregge da parata:
perché ci siano cittadini;
perché l’infanzia sia ricca di gioia
nella dignità di case senza miseria;
perché ci siano giochi e giardini
per tutti i bambini, e ancora più dei fiori,
più festosi degli uccelli,
più dolci dei frutti,
i bambini possano crescere e maturare
in salute e allegria sotto la protezione dello Stato
e la garanzia del buongoverno,
perché la Patria, prima di tutto, è madre.

*

La independencia fue para que hubiese pueblo
y no mugrosa plebe:
hombres, no borregos de desfile;
para que hubiese ciudadanos;
para que júbilo goce la infancia
en decencia de hogares sin miseria;
para que abunden los jardínes de recreo
infantil; y los juguetes; y,
[mejores que las flores,
y más bulliciosos que los pájaros,
más dulces que las frutas,
crezcan los niños y maduren
en salud y alegría que el Estado ampare
y el buen gobernante garantice,
porque la Patria, antes que todo, es madre.

 

da La poesia Nica (Campanotto, 2007)

Anne Sexton

Photo by Donald Preston/The Boston Globe via Getty Images

Words

Be careful of words,
even the miraculous ones.
For the miraculous we do our best,
sometimes they swarm like insects
and leave not a sting but a kiss.
They can be as good as fingers.
They can be as trusty as the rock
you stick your bottom on.
But they can be both daisies and bruises.

Yet I am in love with words.
They are doves falling out of the ceiling.
They are six holy oranges sitting in my lap.
They are the trees, the legs of summer,
and the sun, its passionate face.

Yet often they fail me.
I have so much I want to say,
so many stories, images, proverbs, etc.
But the words aren’t good enough,
the wrong ones kiss me.
Sometimes I fly like an eagle
but with the wings of a wren.

But I try to take care
and be gentle to them.
Words and eggs must be handled with care.
Once broken they are impossible
things to repair.

*

State attenti alle parole,
anche a quelle miracolose.
Per le miracolose diamo il meglio,
brulicano alle volte come insetti
lasciando non un pizzico ma un bacio.
Possono essere buone come le dita.
Possono essere affidabili come le rocce
su cui mettiamo il sedere.
Ma possono essere sia margherite che ferite.

Eppure io le amo.
Sono colombe cadute dal soffitto.
Sono sei arance sacre appoggiate in grembo.
Sono gli alberi, le gambe dell’estate,
e il sole, con il suo volto appassionato.

Eppure spesso mi deludono.
Ho così tanto da dire,
così tante storie, immagini, proverbi, ecc.
Ma le parole non ce la fanno,
mi baciano quelle sbagliate.
A volte volo come un’aquila
ma con le ali dello scricciolo.

Provo comunque a prendermene cura
e ad essere gentile.
Uova e parole vanno maneggiate con cura.
Una volta rotte non si possono
riparare.

La zavorra dell’eterno (Crocetti, 2016) trad. it. C. Gamberi

Ingeborg Bachmann


D’inverno la mia amata
sta fra gli animali del bosco.
Ch’io sia costretto a rientrare all’alba
sa quella volpe, e ne ride.
Come rabbrividiscono le nuvole!
E sopra il mio bavero innevato
una lastra di ghiacciuoli s’infrange.

D’inverno la mia amata
è un albero fra gli alberi
e invita le cornacchie derelitte
tra i suoi rami leggiadri.
Ella sa che, quando albeggia, il vento
solleva il suo abito da sera,
rigido, ricoperto di brina,
e mi ricaccia a casa.

D’inverno la mia amata
sta fra i pesci ed è muta.
Schiavo dell’acque che la carezza
delle sue pinne internamente muove,
sto ritto alla riva,
e la guardo tuffarsi e voltolarsi,
finché lastre di ghiaccio mi allontanano.

E poi di nuovo colpito
dal richiamo di caccia dell’uccello
che sopra me drizza le ali,
stramazzo in aperta campagna:
lei spenna i polli e mi getta
una bianca clavicola. In mezzo
all’amaro pulviscolo di piume
intorno al collo me l’appendo e scappo.

La mia amata è infedele.
So che talora librata
sugli alti tacchi se ne va in città,
e bacia nei bar con la cannuccia
profondamente la bocca dei bicchieri,
e trova parole per tutti.
Ma tale linguaggio io non intendo.

Paese di nebbia ho veduto,
cuore di nebbia ho mangiato.

Poesie (Guanda, 1978), trad. it. Maria Teresa Mandalari

Dalia Rabikovitch

Tre quattro ciclamini bianchi
e poi ho un vaso dovizioso di foglie
che non la smette più di scalare il soffitto
e ho risorse, tesori
e un piccolo segreto non tremendo
che filtra nella vena della mano
e tinge il mio sangue di fulgido rosso.
Ora sei tutto preso da molti calcoli
a me non pensi, non parli,
davvero nell’ètere sommo
librato
come una lieve nebbia che si mischia alle nubi
e con le loro gocce spande polvere di perle all’alba.
L’ho sempre saputo che m’avresti trattata così,
una storia da niente
senza alcun risvolto misterioso.
Ma quel monte digradante nel mare
a picco nel diafano turchino dell’acqua ti ha scordato,
quel monte è tutto mio
non tuo.

Poeti israeliani (Einaudi, 2007), trad. it. Ariel Rathaus

Zbigniew Herbert


Signore,

donami l’abilità di comporre lunghe frasi, la cui linea è la linea del respiro, sospesa come i ponti, come l’arcobaleno, come l’alfa e l’omega dell’oceano

Signore, donami la forza e la destrezza di quelli che costruiscono lunghe frasi, ramificate come una quercia, spaziose come un’ampia valle, perché vi entrino mondi, ossature di mondi, mondi di sogno

e anche perché le frasi principali dominino sicure sulle subordinate, e controllino la loro corsa complicata, ma espressiva, che persistano impassibili come un basso continuo sugli elementi in moto, che li attirino, come attira gli elementi la forza delle invisibili leggi gravitazionali

prego allora per frasi lunghe, frasi modellate con fatica, estese così che in ognuna si trovi il riflesso speculare di una cattedrale, un grande oratorio, un trittico

e anche animali poderosi e piccoli, stazioni ferroviarie, un cuore pieno di rimpianto, abissi rocciosi e il solco dei destini nella mano

L’epilogo della tempesta (Adelphi, 2016) trad. it. F. Fornari

Sylvia Plath


I Am Vertical

But I would rather be horizontal.
I am not a tree with my root in the soil
Sucking up minerals and motherly love
So that each March I may gleam into leaf,
Nor am I the beauty of a garden bed
Attracting my share of Ahs and spectacularly painted,
Unknowing I must soon unpetal.
Compared with me, a tree is immortal
And a flower-head not tall, but more startling,
And I want the one’s longevity and the other’s daring.

Tonight, in the infinitesimal light of the stars,
The trees and the flowers have been strewing their cool odors.
I walk among them, but none of them are noticing.
Sometimes I think that when I am sleeping
I must most perfectly resemble them —
Thoughts gone dim.
It is more natural to me, lying down.
Then the sky and I are in open conversation,
And I shall be useful when I lie down finally:
Then the trees may touch me for once, and the flowers have time for me.

Collected Poems (Faber & Faber, 2002)

*
Io sono verticale
Ma vorrei
essere io piuttosto orizzontale.
Non sono un albero con le radici
nella terra che succhia i minerali
e l’amore materno per potere
risplendere di foglie ad ogni marzo,
né sono bella al modo di un giardino
che desta meraviglia, colorata
in modo straordinario, non sapendo
che dovrò presto perdere i miei petali.
Rispetto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore non è alta,
ma più stupefacente; ed io dell’uno
vorrei la lunga vita, e di quell’altra
la grande sfrontatezza io vorrei.

Questa notte alla luce delle stelle
infinitesimale hanno cosparso
freschi profumi gli alberi ed i fiori.
Li attraverso, ma non ci fanno caso.
A volte penso che dormendo io debba
rassomigliargli più perfettamente –
coi miei pensieri fiochi. Rimanere
coricata è per me più naturale.
Solo allora, col cielo in modo aperto
discorro, e sarò utile davvero
quando distesa resterò per sempre.
Quel dì mi toccheranno finalmente
gli alberi, e per me i fiori avranno tempo.

 

Traduzione in italiano di Luca Alvino

Roberto Juarroz


Così come non possiamo
sostenere a lungo uno sguardo,
neppure possiamo sostenere a lungo l’allegria,
la spirale dell’amore,
la gratuità del pensiero,
la terra sospesa nel canto.

Non possiamo nemmeno sostenere a lungo
le proporzioni del silenzio
quando qualcosa lo visita.
E ancora meno
quando niente lo visita.

L’uomo non può sostenere a lungo l’uomo,
e neppure quello che non è umano.

E tuttavia può
sopportare il peso inesorabile
di ciò che non esiste.

Settima poesia verticale, 1982

André Gide

Quest’anno cara, non c’è stata primavera;
Non canti sotto i fiori e non fiori leggeri,
Non risa e metamorfosi, né Aprile;
Non avremo intrecciato le ghirlande di rose.

Chini eravamo al chiarore delle lampade
Ancora, e su tutti i libri dell’inverno
Quando ci ha sorpreso un sole di settembre
Pavido e rosso e come anemone di mare.

Mi hai detto: ”Guarda! Ecco l’Autunno.
Dunque, è stato un sonno il nostro?
Se dobbiamo vivere ancora
Tra questi in-folio, rischia di diventar monotono.

Forse, è fuggita ormai una primavera
Senza che la volessimo apparire;
Perché in tempo parli a noi l’aurora,
Apri le tende delle finestre”.

Pioveva. Le lampade abbiamo ravvivato
Impallidite per quel sole rosso
E ci siamo rituffati nell’attesa
Della chiara primavera che è alle porte.

 

Rivista “Poesia” (n. 84, maggio 1995), traduzione di Roberto Rossi Precerutti