Jean-Charles Vegliante

Quasi un madrigale

Madre, lo sai che ormai
potrei essere tuo nonno?!
E con ciò vorrei farti ridere
là dove sei – se sei – e
compensare un poco il male
che ti è stato fatto un giorno
per sempre, fredda madre,
da noi vivi – anche da me –
“sedicenti / vivi” (Montale).
Dal fogliame qualcuno ride.

Incontri, seguito da altre Babeli (Interno Poesia Editore, 2023)

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Mary Jean Chan


Always

Do you ever write about me?
Mother, what do you think?
You are always where I begin.
Always the child who wanted to be
a boy, so you could be spared
by your mother-in-law.
Always the ear that hears you
translating my poems
with a bilingual dictionary.
Always the pen dreaming
it could redeem the years
you fled from, those
Red-Guarded days
and nightmares. Always
the mind’s eye tracing
your frantic footsteps
towards the grandfather
I would never meet.
Always the lips wishing
they could kiss those mouths
you would approve of.

*

Sempre

Scrivi mai di me?
Mamma, cosa pensi?
Tu sei sempre dove io comincio.
Sempre la bimba che voleva essere
maschio, così saresti stata risparmiata
da tua suocera.
Sempre l’orecchio che ti sente
tradurre le mie poesie
con un dizionario bilingue.
Sempre la penna che sogna
di poter redimere gli anni
da cui sei fuggita, quelle
giornate di Guardie Rosse
e quegli incubi. Sempre
l’occhio della mente che segue
i tuoi passi affannati
verso il nonno
che non avrei mai conosciuto.
Sempre le labbra che desiderano
di poter baciare le bocche
che tu approveresti.

Flèche. Poesia della scherma (Interno Poesia Editore, 2023), cura e traduzione di Giorgia Sensi

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Alba Donati


Una madre

Non ti ho mai amata direttamente
ti ho vista parlare con i miei amici
ti ho guardata sbadatamente
mentre attraversavi una città non tua
e allora lì scoppiava in me la tenerezza
ma per dirtelo, no, non era il caso
non ce l’ho fatta a sopportare la tua vita,
che si aggirava nuda e povera in un mondo non tuo.

Tu, paesaggio dell’infanzia. Tutte le poesie 1997-2018 (La nave di Teseo, 2018)

Anya Kampmann


nowa sól

fioriscono le rosse graminacee
e al vetro
di ormai morte lanterne
si appiglia l’ultima luce

il papavero rosso
appeso ai fili è
seccato da tempo boschi di fresco verde
racchiudono la regione

solo gli spaventapasseri indicano
le direzioni con
lunghe braccia tubi oscillanti
ritagliati nella plastica

passammo loro accanto nel vagone
i freni funzionavano male

voleva scendere la sera
di dietro alle lanterne
la campagna si alzava in ondate

come ingoiasse ancora
qualcosa
con la sua gola senza direzione

quasi tremasse sotto il vento leggero.

 

Traduzione di Nino Muzzi

Poesia n. 325 Aprile 2017

Dalia Rabikovitch

Tre quattro ciclamini bianchi
e poi ho un vaso dovizioso di foglie
che non la smette più di scalare il soffitto
e ho risorse, tesori
e un piccolo segreto non tremendo
che filtra nella vena della mano
e tinge il mio sangue di fulgido rosso.
Ora sei tutto preso da molti calcoli
a me non pensi, non parli,
davvero nell’ètere sommo
librato
come una lieve nebbia che si mischia alle nubi
e con le loro gocce spande polvere di perle all’alba.
L’ho sempre saputo che m’avresti trattata così,
una storia da niente
senza alcun risvolto misterioso.
Ma quel monte digradante nel mare
a picco nel diafano turchino dell’acqua ti ha scordato,
quel monte è tutto mio
non tuo.

Poeti israeliani (Einaudi, 2007), trad. it. Ariel Rathaus

Bruce Hunter


Tra il vecchio e il sapiente

Di una certa eleganza
pur nella scombinata flessuosità
con una nobile apertura
di quasi un metro per un metro.

Non passò inosservata al giardiniere giovane
che non aveva niente di meglio
che annaffiarla bene, togliere l’erba intorno.

Senza dubbio degna di meraviglia,
il fiore vagamente orientale,
baccelli increspati, foglie gualcite,
stelo sicuro.

Finché il vecchio giardiniere
con tutta la presa
che i vecchi hanno sui giovani,
l’afferra, la sbarba,
ne espone la radice fiacca e goffa.
L’età gli ha dato almeno questa certezza.

La getta nel mucchio dei rifiuti
sonoramente e senza altre parole
sentenzia: erbaccia.

*

Between the Old and the Knowing

Slightly elegant
in a tilted rambunctious way
with a noble sweep
one pace across and another tall.

Not overlooked by the young gardener
who knew no better
watered well, weeded around.

No doubt marvelled over,
the flower vaguely Oriental,
ruffled pods, rucked leaves,
a sure stem.

Until the old gardener
with all the grip
the old have on the young,
seizes it, lifts,
exposing the shallow and ridiculous root.
Age has made him sure of this one thing.

Heaped onto the trash pile
loudly and without a word
proclaimed: weed.

Galestro (I Quaderni del Bardo, 2023), a cura di A. Sirotti

Fosca Navarra


Gioia

Sfoglio con le palpebre
quel saturo romanzo
che mi accade
e reca il peso
dei miei troppi e pochi anni
e delle rade scie
di gioia immaneggiabile,
che è come il tempo,
il grumo della sabbia
ormai schiantato.
Nulla è più mortale,
nulla più ricorda a un uomo
il termine del libro
e della corsa delle pagine
e la mano che si affretta
a dare loro un senso
prima di quel tempo
in cui non sa neppure
se gli rimarrà una penna.
E questa è gioia,
è l’attimo in cui sfioro con le dita
l’angolo del giorno,
è il suo tramonto
quando chiama a sé la sera
e mi sovviene il tempo
e la sua arsura
e con un gesto impallidito
scosto la carezza
poco prima
ben accetta
della morte.

 

Inedito

Louise Glück


Sunset

My great happiness
is the sound your voice makes
calling to me even in despair; my sorrow
that I cannot answer you
in speech you accept as mine.
You have no faith in your own language.
So you invest
authority in signs
you cannot read with any accuracy.
And yet your voice reaches me always.
And I answer constantly,
my anger passing
as winter passes. My tenderness
should be apparent to you
in the breeze of summer evening
and in the words that become
your own response.

*

Tramonto

La mia grande felicità
è il suono che fa la tua voce
chiamandomi anche nella disperazione; il mio dolore
che non posso risponderti
in parole che accetti come mie.

Non hai fede nella tua stessa lingua.
Così deleghi
autorità a segni
che non puoi leggere con alcuna precisione.

Eppure la tua voce mi raggiunge sempre.
E io rispondo costantemente,
la mia collera passa
come passa l’inverno. La mia tenerezza
dovrebbe esserti chiara
nella brezza della sera d’estate
e nelle parole che diventano
la tua stessa risposta.

L’iris selvatico (Giano, 2003), traduzione di Massimo Bacigalupo

Stefania Heim


12:52 PM

Back turned
the large lake changes
all of the air. I believe

myself capable of small pleasures
but question the urge to record them
in writing or in speech. There is

a child here who is mine, not
sleeping in the hour I’ve allotted
for that purpose. She keeps

noticing
things I don’t point to first.

1: 0 0 PM

As though I were a lake. Thoreau calls
trees eyelashes and I need such
buffeting. What swims within
I have tried to control. Have selected from
among events. A bubbled surface is not
describing anything. Old dock jutting
from which we must jump. If we are
to

1: 01 PM

The desired suspension through habituation
No
Practice

Is every midnight the solid bottom?

 

From ‘Hour Book’, (Ahsahta press, 2019)

*

 

12:52

Di schiena
il grande lago cambia
tutta l’aria. Mi credo

capace di piccoli piaceri
ma dubito della spinta a fissarli
nello scritto o nel parlato. C’è

qui una bimba che è mia, non
dorme nell’ora che le ho dato
per quello scopo. Continua

a notare
cose che non indico per prima.

*

13:00

Come se fossi un lago. Thoreau chiama
ciglia gli alberi e io ho bisogno di queste
forzature. Ciò che nuota dentro
ho cercato di controllare. Ho selezionato
fra gli eventi. Una superficie con bolle non
descrive niente. Il vecchio molo aggettante
da cui dobbiamo saltare. Se siamo
tenuti a farlo

13:01

La sospensione desiderata attraverso l’adattamento
Nessuna
Pratica

Ogni mezzanotte è il fondo duro?

 

Traduzione in italiano di Stefania Zampiga

Franco Loi


Dentro la parola persa io mi perdo,
divento le cose del mondo, l’aria che passa,
quella parola che sta dietro l’aria
e si fa chiara agli occhi che stanno nel tempo;
e se io parlo non so chi è a parlare,
è il vento che parla nel mio sentimento,
che niente si fa dal niente, e nel pensare
la voce che mi chiama mi viene dentro.

*

Dent la paròla vèrta mí me pèrdi,
deventi i ròbb del mund, l’aria che passa,
quèla parola che sta dedré de l’aria
e se fa ciara aj ögg che stann nel temp;
e se mí parli sú no chi l’è a parlà,
l’è ’l vent che parla nel mè d’un sentiment,
ché nient se fa dal nient e nel pensà
la vûs che mí me ciama me vègn dent.

Isman (Einaudi, 2002)