Louise Glück


Sunset

My great happiness
is the sound your voice makes
calling to me even in despair; my sorrow
that I cannot answer you
in speech you accept as mine.
You have no faith in your own language.
So you invest
authority in signs
you cannot read with any accuracy.
And yet your voice reaches me always.
And I answer constantly,
my anger passing
as winter passes. My tenderness
should be apparent to you
in the breeze of summer evening
and in the words that become
your own response.

*

Tramonto

La mia grande felicità
è il suono che fa la tua voce
chiamandomi anche nella disperazione; il mio dolore
che non posso risponderti
in parole che accetti come mie.

Non hai fede nella tua stessa lingua.
Così deleghi
autorità a segni
che non puoi leggere con alcuna precisione.

Eppure la tua voce mi raggiunge sempre.
E io rispondo costantemente,
la mia collera passa
come passa l’inverno. La mia tenerezza
dovrebbe esserti chiara
nella brezza della sera d’estate
e nelle parole che diventano
la tua stessa risposta.

L’iris selvatico (Giano, 2003), traduzione di Massimo Bacigalupo

Stefania Heim


12:52 PM

Back turned
the large lake changes
all of the air. I believe

myself capable of small pleasures
but question the urge to record them
in writing or in speech. There is

a child here who is mine, not
sleeping in the hour I’ve allotted
for that purpose. She keeps

noticing
things I don’t point to first.

1: 0 0 PM

As though I were a lake. Thoreau calls
trees eyelashes and I need such
buffeting. What swims within
I have tried to control. Have selected from
among events. A bubbled surface is not
describing anything. Old dock jutting
from which we must jump. If we are
to

1: 01 PM

The desired suspension through habituation
No
Practice

Is every midnight the solid bottom?

 

From ‘Hour Book’, (Ahsahta press, 2019)

*

 

12:52

Di schiena
il grande lago cambia
tutta l’aria. Mi credo

capace di piccoli piaceri
ma dubito della spinta a fissarli
nello scritto o nel parlato. C’è

qui una bimba che è mia, non
dorme nell’ora che le ho dato
per quello scopo. Continua

a notare
cose che non indico per prima.

*

13:00

Come se fossi un lago. Thoreau chiama
ciglia gli alberi e io ho bisogno di queste
forzature. Ciò che nuota dentro
ho cercato di controllare. Ho selezionato
fra gli eventi. Una superficie con bolle non
descrive niente. Il vecchio molo aggettante
da cui dobbiamo saltare. Se siamo
tenuti a farlo

13:01

La sospensione desiderata attraverso l’adattamento
Nessuna
Pratica

Ogni mezzanotte è il fondo duro?

 

Traduzione in italiano di Stefania Zampiga

Franco Loi


Dentro la parola persa io mi perdo,
divento le cose del mondo, l’aria che passa,
quella parola che sta dietro l’aria
e si fa chiara agli occhi che stanno nel tempo;
e se io parlo non so chi è a parlare,
è il vento che parla nel mio sentimento,
che niente si fa dal niente, e nel pensare
la voce che mi chiama mi viene dentro.

*

Dent la paròla vèrta mí me pèrdi,
deventi i ròbb del mund, l’aria che passa,
quèla parola che sta dedré de l’aria
e se fa ciara aj ögg che stann nel temp;
e se mí parli sú no chi l’è a parlà,
l’è ’l vent che parla nel mè d’un sentiment,
ché nient se fa dal nient e nel pensà
la vûs che mí me ciama me vègn dent.

Isman (Einaudi, 2002)

Donatella Moica


Dentro la stanza in affitto
non siamo soli
io e te.
Con noi ci sono i nostri fantasmi,
noi e i nostri desideri,
noi e qualcos’altro.
Invisibili
creature immaginarie
partecipano ai rituali,
nello specchio contemplano
l’infinito della fantasia.
Terrificante e prodigioso
l’incontro
non ha lasciato spazio
per la fuga,
subito era già troppo tardi.

I fantasmi adesso
abitano altre sponde,
nel regno del ricordo
dove dimorano
gli amanti persi.

 

Inedito

Giovanni Ibello

Ph. Valentina de Felice

Amin, è quasi giorno,
è la resa dei fuochi invernali
l’ectoplasma del divenire.
Dio, gheriglio di stella
insegnaci a svanire
poco a poco
insegnaci il dialogo amoroso
tra i picchi delle braci
e l’arpionata notte.
Adesso è tutta luna nuova
mentre ancora
tiri a sorte la vena
dio anatema,
ti sfiori trasognato le palpebre…
Quanti millimetri ci separano dal buio?

Dialoghi con Amin (Crocetti-Idee editoriali Feltrinelli, 2022)

Silvia Monti


C’è voluto del tempo e non solo,
per venirne fuori
e adesso che ci sono dentro fino al collo
fin sopra il collo
fin sopra la testa
(insomma, tutta)
non cerco le parole più di tanto
vivo, ci provo, vivo
e ti vivo accanto (e non solo).

E così non è te che canto
e tutto l’abbandono amoroso
che sento
mentre ti sfioro prima di dormire

resto in silenzio
perché solo tu
mi possa capire.

Persino semplice (Interno Libri Edizioni, 2023)

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Alfonso Guida


Mi trascino se ragiono, se tento
la pacificazione dello sguardo.
Se tento l’uguaglianza, un dio comune,
proprietà nuda e speculare, tanfo
di brasato e di crauti in locande
da poco. Studiavo un raro progetto,
metalli delle Terre Rare, corpi
transuranici, lo spato d’Islanda,
gli angoli nebulosi e acquei del diaspro.
Sì, è dura città questa luce amara,
l’attesa che un groviglio avvera e sfalda,
tra sonno e patergloria, Ave O Regina
sgomento all’ombra, novena straniera,
stellare, congiunta da alba a maniera,
sterrata radice di foglia erratica.
Tu non vegli più che per trarre amore
dai ritratti e dai corpi nudi, bruni,
baciati, alterni, stupefacenti occhi
di orfani chiusi in soffitta e sodali
disertori di cantine sociali,
circoli e club, furtivi blister vuoti
di ansiolitici, cavità gelate
di veleni metabloccanti e vergini
confuse tra le doglie e il latte munto
dai fidanzati col grappolo in gola
del frutteto sultano e del vigneto
stizzito, affogato da una colata
di cera e cemento, un gergo di malte,
malate madri, trecce calcinate.
Lo squero dei linciaggi, rifiorito,
rimesso al perdono e al patto di un vecchio
vassallaggio di mosche e morganatico
di speranze assorbite, come neve.

Inedito

Cristina Alziati

Autoritratto

Lungo tutto l’inverno
ho spezzato i rami all’alloro
ho reciso i nudi steli della rosa
divelto fra le crepe dell’argilla
ogni verzura. Ma durano radici
sotto terra, e mostruosi a febbraio
spaccano il suolo germogli.
Io ora ho sonno per sempre.
Dunque alzati, Lazzaro, per un’ultima volta.
Per un’ultima volta sparisci.

Quarantanove poesie e altri disturbi (Marcos Y Marcos, 2023)

Agustín Fernández Mallo

Si es verdad que un cuadro no es más que una mancha interpretada, fue verdad que tus labios eran peces resucitados al masticar el pescado. Fue verdad aquel meditado movimiento de los cubiertos entre tus dedos. Fue verdad el bisbiseo de la fuente. Fueron verdad tus labios en la mousse, y la copa triangular de cuello alto [pubis transparente], y la esfericidad de tus ojos, y el infinito azul de los pezones, aquella noche. Si es verdad que un cuadro no es más que una mancha interpretada, yo era el intérprete y tú la mancha. [Ahora me pregunto cómo fue posible tanta belleza.]

*

Se è vero che un quadro non è che una macchia interpretata, è stato vero che le tue labbra erano pesci resuscitati nel masticare il pesce. È stato vero quel tuo movimento studiato delle posate tra le dita. È stato vero il bisbiglio della fontana. Vere le tue labbra sulla mousse, e il calice triangolare dal lungo stelo [pube trasparente], e la sfericità dei tuoi occhi, e l’infinito azzurro dei capezzoli, quella notte. Se è vero che un quadro non è che una macchia interpretata, io ero l’interprete e tu la macchia. [Ora mi domando come sia stata possibile tanta bellezza].

Io ritorno sempre ai capezzoli e al punto 7 del Tractatus (Interno Poesia Editore, 2023), cura e traduzione di Lia Ogno

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Erri De Luca

de luca

 

 

 

 

 

 

 

Due

Quando saremo due saremo veglia e sonno,
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
Saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l’uguale di nessuno
e l’unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l’universo
diventerà diverso.

Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo (Feltrinelli, 2005)