Erri De Luca

Erri-De-Luca

 

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

 

Opera sull’acqua e altre poesie (Einaudi, 2002)

Antonietta Gnerre

foto di Rino Bianchi

Sono grata al mio passato
che percorre le pene,
le volte che ho finto di vivere.

Ha imparato la mia vergogna a memoria.
A dare spazio nell’armadio alle sottovesti
ricamate con le ortiche.

Sono grata al presente,
al mare che ha spalancato
verso il cielo una parola
che amerà di più la galassia.

Avrò pietà per ciò che ho conosciuto.
Pietà per il silenzio, per il catrame
dissipato dietro ai muri.

Sono grata al bianco di un rettangolo.
A ciò che mi riscalda
nel campo che non vedo.

Quello che non so di me (Interno Poesia Editore, 2021), pref. Alessandro Zaccuri

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Eleonora Rimolo


Come scende la vita queste scale
come si sottrae all’incontro, come
affonda dentro la ferita cava, pulsante
quando terminato il giorno guaisce
il cane disperato col seme in eccesso.
Vorrei che fossi tu, vorrei
che nulla restasse inviolato,
bere quanto trabocca ed infine

ubriachi, prossimi alla partenza
con le code che salutano e le lingue
asciutte, noi educati viaggiatori noi
bestie turbate, incontaminate.

 

La terra originale (LietoColle, 2018)

Foto di Daniele Ferroni

Gianni Montieri


Qualcuno ha twittato: “È morto
Chris Cornell”. In ufficio è calato
il silenzio, non che si parli molto
poi qui dentro. Resto sgomento:
i miei due colleghi non sanno nulla
dei Soundgarden. La memoria
torna indietro al tavolo da biliardo
in casa di Roberta, a Giuliano, a Daniela.
Invecchiamo così perdendo più cantanti
che capelli. Giuliano ha due figli
Roberta sta a Berlino, Daniela insegna
la sua bambina è bella. Fra sei giorni
è il mio compleanno, Cornell canta
i colleghi vanno a pranzo.

 

© Inedito da “Le cose imperfette”

© Foto di Anna Toscano

Antonietta Gnerre


Il pavimento forma un verso.
E qui, dove invento una casa nella tua,
poggio le mani sui muri ancora caldi
dell’ultima estate.
Le poggio per misurare chi siamo.

Gli ulivi ci attendono nascosti.
Ora, ad esempio, anche loro stanno fissando
le formiche che trasportano un chicco di grano.

Il verso si completa con la luce che arriva
dalle persiane
tra i nomi delle formiche
che ci osservano.

 

© Inedito di Antonietta Gnerre

Monia Gaita


E dire

È rimasto soltanto un fiammifero di te.

Ne stivo fino al vigore ultimo
la belva più crudele.

Aspiro l’eco delle briciole,
mi semino
dentro il granaio dei volti,
vado a capo.

E dire che mi manchi
è contemplare le stagioni
che fioriscono,
è misurare il salto della perdita
ora che i fili del tuo ordito
sono forti
e giacciono nascosti
nel mio ventre.

E dire che mi manchi
è decifrarti l’alfabeto dell’assenza
nella nebbia,
guardare questa vita scorticata
produrre un taglio che risanguina
e rimarca.

 

© Inedito di Monia Gaita

Melania Panico


Le verità le ammassiamo nella neve
le sistemiamo sul letto sfatto – tutto fuori posto
ora che tra te e me ho messo questo lungo corridoio di sì
di parole sfiancate
sono diventate bianche
sfinite inutili come noi come padre e figlia come noi
e la finestra è rifugio o parere
la finestra dice che siamo oltre

dalla strada arriva un grido in controluce
è la perseveranza il tempio la vetta
è riempirsi di comprensione
che bella parola comprensione
il senso delle mie mani nelle tue
una marcia – il destino pattuito

 

 

© Inedito di Melania Panico

© Foto di Matteo Anatrella

Rita Pacilio


Capiterà a tutti di essere una boa
in mezzo al mare, una boa
dalla forma di pesce supino
dalla voce umana con braccia di violino

al posto delle branchie l’anima
spugna polposa e fili d’erba i capelli.

Si diventa così quando si va via

un nome senza nome
rimasto tra le palpebre e la mente
giovinezze disperse in un altro viaggio.
Quando anche le viscere svuoteranno

residui della traversata
resteranno bucce vuote
involucri rancidi, mezzi sorrisi,
il seno ormeggiato.

Questo siamo quando lasciamo
una casa, un fiore, chi abbiamo amato.
Capiterà a tutti di essere una boa

in mezzo al mare, pesci, uccelli dal ventre tremante.

 

Prima di andare – poesie e lettere d’amore (La Vita Felice, 2016)

Damiana De Gennaro


金継ぎ・kintsugi

ti conservo dove poso
i libri che mi aprono
la notte sulle ciglia –

riempiresti col tuo oro
le spaccature che la luna
mi scava nella schiena,
come l’edera sa fare
sulle pareti verticali?

tu sai come far alzare
il vento contro il tutto
che mi tiene corpo in pezzi,
frantumato.

 

Aspettare la rugiada (Raffaelli, 2017)

Francesco Filia


L’ordine delle strade e dei visi, è questo
che ci farà impazzire: come riconoscere
la regola degli elementi, la logica di un gesto
di un assioma calato come mannaia
su pensieri divenuti passi sospesi
eco dell’asfalto. Ecco i miei occhi
sbarrati nel vuoto, spalle al muro.

 

*

 

S’incontrano caso e destino
in un dettaglio fuori posto. Lo vedi
nell’apice di ogni cosa:
nel camminare lento di un passante
nell’arrendersi di uno sguardo
al suo riflesso
nel persistere di una mano protesa
verso il baratro. Si scontrano
ci tendono ci spezzano si mostrano
eterni e senza volto.

 

© Inediti da L’ora stabilita