E che sia di nuovo questo bel vocabolario
attraverso cui la poesia ricomincia
a declinare il verbo che saprà spingere
la perfetta dizione dell’opera necessaria.
In seguito riapriremo un certo Baudelaire
che ha pronunciato la lingua come nessuno
l’aveva fatto con quell’asprezza francese
che il mondo intero ci invidia e che risuona
per molto tempo dopo che è stata ascoltata.
Così bisogna suonare a corda tesa,
assicurarsi che mai più si distenda,
e riprendendo l’opera senza artificio,
la consegneremo al mestiere affinché
enunci esattamente ciò che va detto.
Materia chiusa (Elliot edizioni, 2020), traduzione di Fabrizio Bajec