William Cliff


E che sia di nuovo questo bel vocabolario
attraverso cui la poesia ricomincia
a declinare il verbo che saprà spingere
la perfetta dizione dell’opera necessaria.

In seguito riapriremo un certo Baudelaire
che ha pronunciato la lingua come nessuno
l’aveva fatto con quell’asprezza francese
che il mondo intero ci invidia e che risuona

per molto tempo dopo che è stata ascoltata.
Così bisogna suonare a corda tesa,
assicurarsi che mai più si distenda,

e riprendendo l’opera senza artificio,
la consegneremo al mestiere affinché
enunci esattamente ciò che va detto.

 

Materia chiusa (Elliot edizioni, 2020), traduzione di Fabrizio Bajec

Julio Cortázar


Gli amanti

E chi li vede che se ne vanno per la città
se tutti sono ciechi?
Loro, si prendono per mano: qualcosa parla
fra le dita, dolci lingue lambiscono
l’umido palmo, corrono per le falangi,
e sopra sta la notte piena d’occhi.

Sono gli amanti, la loro isola fluttua alla deriva
verso morti di cespuglio, verso porti
che fra lenzuola si aprono.
Si disordina tutto attraverso gli amanti,
tutto trova la sua cifra giocata;
loro, però, neppure sanno che
mentre rotolano nell’amara arena
che è loro c’è una pausa nell’opera del nulla,
e che il tigre è un giardino che gioca.

Albeggia nei carri dell’immondizia,
cominciano a uscire i ciechi,
il ministero apre i suoi portoni.
Gli amanti arresi si guardano e si toccano
una volta di più prima di fiutare il giorno.
E già sono vestiti, già se ne vanno per la strada.
Ed è solo allora
quando sono morti, quando sono vestiti,
che la città li recupera ipocrita
e gli impone i doveri quotidiani.

 

Le ragioni della collera (Fahrenheit 451, 2018), trad. it. G. Toti

William Cliff

William_Cliff

 

Malinconia
(su un disegno di Fréderic Pajak)

quando ero bambino solitario in campagna
e il cielo aperto mi cadeva sulla testa
e il mare intorno mormorava per venire
a rinchiudermi in una putrida marea

quando in calzoncini sporchi e ridicoli
mostravo le mie ginocchia storte ed ero
un insetto perso nell’umore infinito
degli adulti cattivi che bestemmiavano

allora mi fermavo un momento in spiaggia
e con la mano mi coprivo la faccia per
non vedere l’orrore di esser nato in terra
e aspettare sempre che rispunti il sole

 

Poesie scelte (Fermenti, 2015), a cura di F. Bajec

Ben Cami

ben cami

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Così siedono i pescatori nel mezzo del giorno rotondo
E il giorno rotea con sussurro di canne
E canto e clamore di uccelli
Ancora sopra di loro, la luce del sole negli occhi,
La calura del sole sopra il berretto, il caldo della sera
Sulla schiena. Le gallinelle d’acqua
Battibeccano tra le canne, le anatre
Costruiscono un esemplare lungo arco
Intorno ai galleggianti.

Un acquazzone
Che non si decide ancora
Si annuncia sopra la Mosa
Come una colomba grigia
E nel preciso momento in cui si aprono gli ombrelli
Fa picchiettare le sue gocciole
Sulle tese tele azzurre, le gocce
Fanno delle piccole bolle d’acqua argentee sull’acqua,
I galleggianti ballano
E i pesci,
Sotto quell’incomprensibile fracasso
Sul loro tetto luccicante, si rifugiano
Contro le radici delle canne.

 

Dittico Nordico (Bohumil, 2007), trad. it. J. Robaey