Federica D’Amato


Primavera

Come se oggi non fosse
anche l’autunno o la brina
fresca di collana cascata dagli inverni,
come se non entrasse oggi
anche in noi di noi ogni momento
di quella nostra ampiezza, fine
o inizio, gli incontri dell’estate,
nome bruciante strada
che porti fino alla collina se
tu sei oggi il mite sfogliarsi
d’ogni cosa, il puppare miele
di cristo il suo riposo nel lino:

non declinare,
non andartene
se puoi
dal lento nascere
di questo equinozio.

 

A imitazione dell’acqua (Nottetempo, 2017)

Alessia Iuliano


È all’altezza della vita
anche maggio, con le ginocchia
al maestrale. L’estate
deve venire, ma non sa
ancora il momento non sa
nessuno il tempo
in cui arrivare, andare via.
Battezziamo giorni ore
rimangono per sbagliare

che poi non esiste
l’errore ma santo
il limite
essere creature
e soltanto questo è –

Ho addosso
cuciti milioni di sguardi
nessun rimpianto

 

Non negare nessuno (Cartacanta, 2016)

© Foto di Antonio Cappella

Eva Laudace

evalaudace_01

Il presentimento d’amare

Racconta bugie
anche se non servono
ci crede persino
tutte le volte
o quasi.

Inutili
viltà, lei dice,
e lo sguardo si fa severo
che lo potrei imitare
almeno quello.

Al tempo di un pioppo che cade
o mi precipita in bocca
io mi dispero e disattendo
il presentimento d’amare
l’idea puntuta di ciò che cerco.

L’amore, che ancora cerco, non dice bugie
matura al sole e non secca.
È candore
è portarsi avanti
è piuttosto sincero da dire così.

 

Tutto ciò che amo ha dentro il mare (La Vita Felice, 2014)

© Foto di Camilla Mastaglio

Renzo Paris

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pianeta interiore

Oggi che la terra è affebbrata
il mio pianeta interiore è
attraversato da gialli fuochi

di distruzione. È la memoria
il pianeta che muore, carico di icone
in movimento, di persone care

che si dissolvono. Mentre passeggio
nella stanza e sfioro come un cieco
le costole dei libri, mi sento

in un pianeta dove il futuro sono
le morte stagioni e la presente
che è già materia di ricordo.

Ma il mondo è ancora e sempre
salvato dagli occhi di un bambino?

 

Il fumo bianco (Elliot, 2013)

© Foto di Dino Ignani

Klaus Miser

klaus miser

 

N come non è Bisanzio il paradiso
ma l’esplosione di nuvole sopra powerscroft road
il tacito patto dei salici lungo il Tamigi
november rain a giugno
la topografia ridisegnata dalle vene d’acqua
la salvezza affidata solo ai cervi
niente può più cambiare
talvolta
la resurrezione affidata solo agli alberi che non esistono più
ai gelsi
all’erba piegata dalla pioggia
al poeta matto di shoreditch che chiede sputando one ppp-pound
non un centesimo di meno
N come il succedersi delle stagioni
che mi ama perché io non esisto
come i gorghi neri amano i marinai
solo l’apparire della marea bluastra
come il mondo dalla fine
come un binario morto
il carbone mezzo arso e mezzo no
debacle dentro un bacio
franano le parole come franano i versanti
N come monocromie ancestrali
fiamme ungheresi
inizi balcanici di incontenibili ardori

poesie infinite tra i gasometri
poesie mai terminate in caledonia
poesie tossiche nel silenzio del cielo stamattina
ombre allungate dalle ceneri e dalle braci
tu alla sera rovistavi la brace
il tuo braccio storto dalla vecchiaia come metronomo latente
scandiva un tempo preciso stabilito una volta per tutte
arso nelle braci del ricordo
combustione di cieli azzurri
sinfonie mute
hai visto la paura o i frati neri o la sua foto fatta a pezzi?
il giubileo non della regina ma di santo derek jarman
protettore dei muri rossi
degli addomi trafitti
della carta da parati
dei faggi al sole che vivono fuori dal cerchio del tempo
fuori muoveva ancora un formicaio di vanità
melodrammi privati
scarpe perse per strade
una settimana di ferie all’anno
3 pappagalli alla sbarra
estasi di tabacco e samovar di antichi riti
2 cugine di nome Heather
5 metri quadrati di soffitti pieni di preludi e di muffa
i cieli del 27 aprile oltre i vetri
36 anni nello scoraggiamento
di un facchino biondo ai mercati generali
4 lumache si infilano dentro la cornetta dello yorkshire
la francese ripeteva alla cornetta voglio solo un vestito vittoriano
voglio solo venire da te
la cornetta era staccata
staccata la retina per non vedere più

lago morto ristagni d’acqua nei vicoli
la pozzanghera e l’altra scarpa mancante
un assolo e un cavaliere tutto rosso
di timidezza e di quattrocento
finisce la strada con la puzza dei moli
finisce la sera insieme a uno strip tease da suicidio
una sera nautofono e vetro
finiscono le sigarette e pure le stanze d’albergo
solo le donne e la poesia sono gli occhi di dio
la ragazzina tossica mi accompagna a brick lane
le unghie rotte e lo smalto impreciso
rioni di case popolari
gli emozionati e il mangime nei tuoi quadri
nei miei solo penombre provvisorie
I’m coming home e tu non lo sai
goodbye blue sky goodbye

 

Non è un paese per poeti (Prufrock spa, 2015)

© Foto di Luca Donnini

Vito Moretti

Vito Moretti (1)

 

 

 

 

 

 

 

 

Vulesse aretruvà

Vulesse aretruvà
lu vènde ch’à suffiate a ogne vvele
e che n’areminute ma’ a fa sapé
se bbone o no
à state chela ĵte.

Vulesse aretruvà
ogne ccore che m’à minute ngondre
de sere e de matine
e che dapù so perze pe la ’ngustie
de lu crésce e pe le scrucche
che me dévene da corre.

Vulesse aretruvà
na mane e na carezze
che me dicévene de mamme
e de lu bbene de chell’uocchie,
de quanda sole se puté ’llignà
déndre a lu scure de lu mmèrne.

 

Vorrei ritrovare

Vorrei ritrovare
il vento che ha soffiato in ogni vela
e che non è tornato mai a far conoscere
se buono o no
è stato quel partire.

Vorrei ritrovare
ogni cuore che mi è venuto incontro
di sera e di mattina
e che poi ho smarrito nell’irrequietezza
della crescita e negli schianti
che mi facevano correre.

Vorrei ritrovare
una mano e una carezza
che mi dicevano di mamma
e del bene di quegli occhi,
di quanto sole si poteva radicare
dentro lo scuro dell’inverno.

 

© Inedito da Mo che vè la sere