Vanja Strle


 

Basta che tu esista

Tu che esistendo mi rendi felice,
va’ dove ti pare,
il mio amore ti seguirà.
Non temerlo,
non ti soffocherà,
non pretenderà nulla da te
e niente si aspetterà,
basta che tu esista,
basta che tu esista
e non strapparmi il cuore,
lascialo
fiorire nella sua realtà
e lascialo
vivere per i suoi amori.

Quale fuoco (Mobydick, 2009), trad. it. J. Milič

Dannie Abse

Visita d’inverno

Ora che lei ha novant’anni passeggio nel parco
dove i soliti pavoni non stridono dal gran freddo
e luci vicine si accendono prima che diventi buio.

Avrò il coraggio di affermare, con lei così debole e anziana,
che da un pallido puntino di sperma di pavone
vengono tutti i colori di una coda di pavone?

Lo faccio. Ma lei come la Sibilla dice, “Vorrei morire”;
poi si lamenta, “Sono quasi morta, quest’inverno, figlio mio”.
E poiché è vero mi viene da piangere.

Ma non devo (solo il Nulla dura),
perché io abito il camice bianco non quello nero,
anche adesso – e non sono abilitato a piangere.

Così parlo di piccole cose approssimative,
di quattro fenicotteri che ho visto nel parco,
stavano su una zampa, sul ghiaccio, la testa sotto l’ala.

 

C’era due volte (Mobydick, 2003), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

R. S. Thomas

r. s. thomas

 

Laghi artificiali

Esistono posti in Galles dove non vado:
Quei laghi artificiali, subconscio
Di un popolo profondamente afflitto
Da pietre tombali, cappelle, persino villaggi;
La serenità della loro espressione
Mi ripugna, è una posa
Per i forestieri, acquerello che seduce
La massa, non è la dura verità
Della poesia. Ci sono anche
Le colline; i giardini affondati nelle impurità
Dei boschi; spaccate le facce
Delle fattorie, col pietroso gocciolio di lacrime
Giù per i fianchi delle colline.

Dove posso andare, allora, lontano dall’odore
Di rovina, di putrefazione, di morta
Nazione? Per un’ora la costa
Ho camminato e ho visto gli Inglesi
Rovistare tra i rifiuti, avanzi
Della nostra cultura, coprire la rena
Come marea e, con rudezza
Di Marea, spingere coi gomiti la nostra lingua
Nella tomba che le abbiamo scavato.

 

Assemblea di poeti – poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Vanja Strle

vania strle

 

Tra ombra e luce

Tra ombra e luce
ci sono differenze minime
(l’ombra è solo un’irradiazione
meno ricca).
Il tempo si muove
entro il loro cerchio
e il poeta non si firma
sotto le sue poesie;
se sono sue,
sono tue, mie
(l’elementare diritto dell’arte
è la sua particolare percezione
in ogni singolo individuo),
nostre,
adesso e nel futuro,
a tempo debito – che verrà –
parleranno di nuovo con noi.

 

Quale fuoco (Mobydick, 2009), trad. it. J. Milič

Dannie Abse

NPG x35738; Dannie Abse by George Newson

 

Dualità

C’era due volte,
c’era un uomo che aveva due facce,
due facce, un profilo:
né Jekyll né Hyde, né buona né cattiva,
se una si feriva, l’altra sanguinava –
due facce differenti come caldo e freddo.

La notte, alla parete appese ai ganci
sopra la minacciosa testa di quell’uomo,
una l’ottona vuole, l’altra l’oro,
una bianco vede, l’altra nero,
l’una bocca mangia l’altra,
finché la seconda dolce bocca la prima morde.

Sognano sogni diversi
alla parete appese sopra il letto.
Grida la prima voce: ‘Non è quel che sembra,’
ma la seconda sospira: ‘È quel che è,’
poi una urla ‘vino’, strilla l’altra ‘pane’,
e così per tutti i deliranti giorni
fino alla morte sulla testa ingannatrice.

Agli incroci le deve tutt’e due indossare,
ché vanno per loro proprie strade
secondo che il vento spiri da Oriente o da Occidente –
elogerebbero e il buio e la luce,
ma l’una fonde, l’altra si congela.

Sono io l’uomo che c’era due volte:
le mie due voci cantano per fare una rima.
La morte amo, odio la morte
(con te sarò presto e tardi).
L’amore amo, odio l’amore,
Dio derido, Dio sfido,
mi uccido, sì, mi salvo.

Ora, ora queste maschere appendo alla parete.
O tempo, prendine una e rendimi intero
ché non cadano quattro lacrime da due occhi.

 

da Assemblea di poeti. Poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Robert Minhinnick

rm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La casa dei signori

È lì come sempre, la casa,
Alte le finestre sul lago,
Tagliato l’erba quasi alla gialla radice.

Lungo il viale d’accesso il bordo di marciapiede bianco calce
Descrive una curva perfetta,
Quasi che pietra, come aria acqua, gonfi in un’onda.

Si dissolvono i miei passi in giardini dove
L’acido rododendro cresce rigoglioso,
I suoi fiori bianchi e rosa come bambole nude.

È sempre stato un albero egoista,
Divorando la luce, crescendo
Luminoso solo, erede forte.

Alla porta prendono il mio biglietto da visita
E un nome in corsivo d’argento
Mi permette di entrare dove mai avrei pensato.

Queste mani gentilmente posate sul mio braccio
Turbano un lontano intruso,
Quel bambino sotto la siepe del tasso

Che guardava lunghe automobili scivolare attraverso il villaggio
E donne fatte come le fiamme delle candele
Muoversi sui prati.

Sopra la sua testa le bacche gonfiavano
Morbide come cera attorno a ogni nucleo,
Nera pepita di veleno che sarebbe cresciuta.

 

da Assemblea di poeti – poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. Andrea Bianchi e Silvana Siviero.