Marco Corsi


ho visto la morte diverse volte
e quasi mai era violenta, eccetto forse
nel caso di piccoli ricci, o tassi, oppure
rospi di media e grossa taglia. allora
mi chiedo, cuore mio, perché ancora
ti spauri dinanzi alla fine naturale
delle cose, perché non ti rassegni
a chiudere gli occhi insieme
alle persone care, perché mai
ti tradisci gonfiando d’aria
l’impressione di non aver più,
non aver mai, non aver sempre?

La materia dei giorni (Manni, 2021)

Foto di Dino Ignani

Marco Corsi


fissavo l’ombra sul muro e per esercizio
contemplavo le forme disfarsi agili
lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,
nervoso come il morso del nero,
in parte obliquo e in parte solo cedimento,
mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,
soda, del tutto insensibile al tatto.
poi divenne più esile, stremò
l’ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,
nel reparto intensivo all’ultimo piano
cedette la pressione, la poca luce
emise un breve rantolo, e io docile fissavo
l’ombra più lunga sul muro, e salutavo.

 

Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. 2 (Interno Poesia Editore, 2020)

Foto di Dino Ignani

Marco Corsi

doveva riprendere prima o poi
l’usanza di mandarci cartoline
o forse codici, messaggi più sottili
quando il tempo affonda
e nessuno torna per nessuno.
un rigo appena per finalmente dire
che molto più ci sopravvive
il saluto giunto da lontano,
che va tutto bene, che la vita
piano piano diventa
un gesto inutile nell’aria.

 

Pronomi personali (Interlinea, 2017)