Emilio Villa

Prendi la rocca e il fuso e andiamo in California…

…A nivale di nebbie dei re longobardi,
si partiva per le cene, con le torce,
coi letti arrugginiti, sulle spalle,
a fare una pasqua, per i morti,
senza fine. Poi tramontava il giùbilo
di pentecoste, a picco
sopra il torrente del mio paese, o giovane Strona:
grigia, quanto la tunica dei giorni:
le donne ci hanno vigilato
han volto, a capo in giù, le sacre torce.
Solo, tre becchi di lampada, a petrolio,
ancora rischiaravano gli àzimi,
che si doveva trangugiare nelle albe
del bene (e del male), sulle strade.
Ho preso, un giorno, lo stallo
nel coro, o cicale!, dei miei simboli benedetti:
dove a scorze d’alberi, mangiati dalla folgore,
le foglie fuggite cantavano le antifone:
“Alza ferro contro il tuo petto!
perché si sappia, fin dall’inverno,
se tu sei arido o fertile: e chi ti salverà dai gesti futuri?”
“Non mettere il tuo cuore sulla vigna di Sirtori o di Somma,
sulla vigna d’Appiano o di Missaglia:
perché il vendemmiatore bagna il pane
dentro la secchia dell’aceto”.
“Colui che implora, a ogni mattino,
la sapienza dagli àcini dell’uva,
saprà incendiar tutte le vigne
nel giorno dell’addio…”.

 

L’opera poetica (L’orma, 2014)

Yves Bonnefoy


Désir se fit Amour par ses voies nocturnes
Dans le chagrin des siècles; et par beauté
Comprise, par limite acceptée, par mémoire
Amour, le temps, porte l’enfant, qui est le signe.

Et en nous et de nous, qui demeurons
Si obscurs l’un à l’autre, ce qui est
La faute mais fatale, la parole
Étant inachevée comme l’être encor

Que sa joie prenne forme: pour retenir
L’eau dans sa coupe fugitive; pour refléter
Le feu, qui est le rien; pour faire don
D’au moins l’idée du sens — à la lumière.

 

*

 

Desiderio divenne Amore
Lungo le sue strade notturne
Nella mestizia dei secoli; e per la bellezza
Compresa, per il limite accolto, per la memoria,
Amore, il tempo, reca l’infante, − il segno.

E in noi e di noi, che ancora siamo
Oscuri tanto l’uno all’altra, e questo,
Ma fatale, è il peccato, essendo il dire
Sempre incompiuto non meno dell’essere,

La gioia prenda forma: a trattenere
L’acqua nell’effimera sua coppa; per riflettervi
Quel niente, che è il fuoco; per offrire
L’idea, almeno, del senso − a quella luce.

 

L’opera poetica (Mondadori, 2010), a cura di F. Scotto