Iosif Brodskij


Non sono uscito di senno, ma sono stanco dell’estate.
Cerchi nel cassettone una camicia, e il giorno è perso.
Venga l’inverno e copra tutto, presto,
le città e le genti e, innanzitutto, il verde.
Io dormirò vestito, sfoglierò libri in prestito,
finché non se ne andrà per la sua strada l’anno,
quel che resta,
come il cane che sfugge al cieco e che traversa
lungo le strisce pedonali. È libertà
se scordi il patronimico del capo,
se è dolce la tua bocca più della chalvà
di Shiraz e se, col cervello strizzato
come il corno di un capro,
dall’occhio azzurro nessuna stilla scenderà.

Poesie (Adelphi, 1986), a cura di G. Buttafava

Iosif Brodskij

Procida

Baia sperduta; non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi turchina.

Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto
il lungomare. Il blu irrompe nel confine
oltre il quale prende fuoco una stella.

 

Poesie italiane (Adelphi, 1996), trad. it. Giovanni Buttafava

Iosif Brodskij


In Italia

a Roberto e Fleur Calasso

Vivevo anch’io in una città dove spuntano statue
sopra le case e al grido: “Corrompere! corrompere!”, per le strade
correva il filosofo locale, scuotendo la barbetta,
e il lungofiume infinito faceva breve la vita.

Ora, accecando cariatidi, declina il sole laggiù.
Ma coloro che mi hanno amato più
di se stessi non sono ormai tra i vivi. I cani, perduto
il contatto con l’oggetto della caccia, fiutano avanzi,

in questo simili alla memoria, alla vita delle cose. Tramonto,
in lontananza voci, grida tipo: “Vattene, mostro!”
in un’altra parlata. Ma non c’è nulla di più comprensibile.
Con la sua colombaia d’oro la laguna più bella

manda bagliori, velando la pupilla. Quando arriva
al punto in cui non lo si può più amare, l’uomo,
disdegnando di risalire a nuoto
la corrente indemoniata, si nasconde nella prospettiva.

 

Poesie italiane (Adelphi, 1996), trad. it. di Giovanni Buttafava, Serena Vitale

Iosif Brodskij

brodskij
Sono nato e cresciuto nelle paludi baltiche, dove
onde grigie di zinco vengono a due a due;
di qui tutte le rime, di qui la voce pallida
che fra queste si arriccia, come un capello umido;
se mai s’arriccia. Anche puntando il gomito, la conchiglia
dell’orecchio non distingue in esse nessun ruglio,
ma sbattere di tele, di persiane, di mani,
bollitori sui fornelli, al massimo strida di gabbiani.
In questi piatti paesi quello che difende
dal falso il cuore è che in nessun luogo ci si può celare e si vede
più lontano. Soltanto per il suono lo spazio è ostacolo:
l’occhio non si lamenta per l’assenza di eco.

 

 

Poesie (Adelphi, 2012), a cura di G. Buttafava

Iosif Brodskij

brodskij

Serie d’osservazioni. Angolo caldo.
Lo sguardo lascia una scia sulle cose.
L’acqua si ripropone come vetro.
L’uomo è mostruoso più del proprio scheletro.

Sera con vino rosso in nessun posto.
Una veranda assalita dai salici.
Appoggiandosi al gomito riposa il corpo
come morena fuori dal ghiacciaio.

Fra un millennio un fossile bivalve estrarranno
da questa tenda, e rivelerà fra le nappe
l’impronta di due labbra che non hanno
nessuno a cui augurare “Buona notte”.

 

Poesie (Adelphi, 1986), a cura di G. Buttafava

Iosif Brodskij

Brodskij

 

1° Gennaio 1965

I Magi scorderanno il tuo indirizzo.
Non brilleranno stelle sul tuo capo.
E solo del vento il rauco ululato
avvertirai come nei tempi andati.
Leverai l’ombra dalle spalle stanche
spegnendo la candela prima di coricarti
giacché sono più giorni che candele
quello che ci promette il calendario.

Cos’è questa? Tristezza? Chissà, forse.
Un motivo che conosci a memoria.
Che sempre si ripete. E sia.
Che continui così.
E risuoni anche nell’ora estrema,
come la gratitudine degli occhi
e delle labbra per ciò che qualche volta
ci costringe a guardare lontano.

E fissando in silenzio il soffitto,
perché visibilmente la calza resta vuota,
capirai che tanta avarizia è solo indizio
del diventare vecchio.
È tardi ormai per credere ai prodigi.
E sollevando lo sguardo al firmamento
scoprirai sul momento che proprio tu
sei un dono sincero.

 

da Poesie di Natale (Adelphi, 2004), trad. it. A. Raffetto