Ingeborg Bachmann


D’inverno la mia amata
sta fra gli animali del bosco.
Ch’io sia costretto a rientrare all’alba
sa quella volpe, e ne ride.
Come rabbrividiscono le nuvole!
E sopra il mio bavero innevato
una lastra di ghiacciuoli s’infrange.

D’inverno la mia amata
è un albero fra gli alberi
e invita le cornacchie derelitte
tra i suoi rami leggiadri.
Ella sa che, quando albeggia, il vento
solleva il suo abito da sera,
rigido, ricoperto di brina,
e mi ricaccia a casa.

D’inverno la mia amata
sta fra i pesci ed è muta.
Schiavo dell’acque che la carezza
delle sue pinne internamente muove,
sto ritto alla riva,
e la guardo tuffarsi e voltolarsi,
finché lastre di ghiaccio mi allontanano.

E poi di nuovo colpito
dal richiamo di caccia dell’uccello
che sopra me drizza le ali,
stramazzo in aperta campagna:
lei spenna i polli e mi getta
una bianca clavicola. In mezzo
all’amaro pulviscolo di piume
intorno al collo me l’appendo e scappo.

La mia amata è infedele.
So che talora librata
sugli alti tacchi se ne va in città,
e bacia nei bar con la cannuccia
profondamente la bocca dei bicchieri,
e trova parole per tutti.
Ma tale linguaggio io non intendo.

Paese di nebbia ho veduto,
cuore di nebbia ho mangiato.

Poesie (Guanda, 1978), trad. it. Maria Teresa Mandalari

Charles Bukowski


sorteggio fortunato

dopo decenni di povertà
ora che mi avvicino alla
tomba,
d’improvviso ho una casa, la macchina nuova,
sauna, piscina, computer.

mi distruggerà tutto questo?
be’, qualche cosa mi dovrà distruggere
ben presto.

i ragazzi in galera, nei mattatoi,
nelle fabbriche, sulle panchine dei parchi, negli
uffici postali, nei bar
adesso non mi crederebbero
mai.

faccio fatica a credere a me stesso.
e non sono diverso
da come ero nei cubicoli
della fame e della pazzia.
l’unica differenza
è che sono
più vecchio.
e bevo vino
più buono.
tutto il resto sono
fesserie,
un sorteggio
fortunato.

la vita può cambiare in un decimo
di secondo.
o a volte può impiegarci
70
anni.

 

Le ragazze che seguivamo (Guanda, 2006), trad. it. M. Bocchiola

Simon Armitage

simon-armitage

 

You’re Beautiful

because you’re classically trained.
I’m ugly because I associate piano wire with strangulation.

You’re beautiful because you stop to read the cards in newsagents’ windows about lost cats and missing dogs.
I’m ugly because of what I did to that jellyfish with a lolly-stick and a big stone.

You’re beautiful because for you, politeness is instinctive, not a marketing campaign.
I’m ugly because desperation is impossible to hide.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

You’re beautiful because you believe in coincidence and the power of thought.
I’m ugly because I proved God to be a mathematical impossibility.

You’re beautiful because you prefer home-made soup to the packet stuff.
I’m ugly because once, at a dinner party, I defended the aristocracy and wasn’t even drunk.

You’re beautiful because you can’t work the remote control.
I’m ugly because of satellite television and twenty-four-hour rolling news.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

You’re beautiful because you cry at weddings as well as funerals.
I’m ugly because I think of children as another species from a different world.

You’re beautiful because you look great in any colour including red.
I’m ugly because I think shopping is strictly for the acquisition of material goods.

You’re beautiful because when you were born, undiscovered planets lined up to peep over the rim of your cradle and lay gifts of gravity and light at your miniature feet.
I’m ugly for saying ‘love at first sight’ is another form of mistaken identity,
and that the most human of all responses is to gloat.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

You’re beautiful because you’ve never seen the inside of a car-wash.
I’m ugly because I always ask for a receipt.

You’re beautiful for sending a box of shoes to the third world.
I’m ugly because I remember the telephone of ex-girlfriends
and the year Schubert was born.

You’re beautiful because you sponsored a parrot in a zoo.
I’m ugly because when I sigh it’s like the slow collapse of a circus tent.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

You’re beautiful because you can point at a man in a uniform and laugh.
I’m ugly because I was a police informer in a previous life.

You’re beautiful because you drink a litre of water and eat three pieces of fruit a day.
I’m ugly for taking the line that a meal without meat is a beautiful woman with one eye.

You’re beautiful because you don’t see love as a competition and you know how to lose.
I’m ugly because I kissed the FA Cup and then held it up to the crowd.

You’re beautiful because of a single buttercup in the top buttonhole of your cardigan.
I’m ugly because I said the World’s Strongest Woman was a muscleman in a dress.

You’re beautiful because you couldn’t live in a lighthouse.
I’m ugly for making hand-shadows in front of the giant bulb, so when they look up, the captains of vessels in distress see the ears of a rabbit, or the eye of a fox, or the legs of a galloping black horse.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

Ugly like he is,
Beautiful like hers,
Beautiful like Venus,
Ugly like his,
Beautiful like she is,
Ugly like Mars.

 

*

 

Tu sei bella

perché hai avuto un’istruzione classica.
Io sono brutto perché associo le corde del pianoforte allo strangolamento.

Tu sei bella perché ti fermi a leggere gli avvisi nelle vetrine dei giornalai, di cani persi e gatti scomparsi.
Io sono brutto per quello che ho fatto a quella medusa con uno stecco di leccalecca e una grossa pietra.

Tu sei bella perché per te il garbo è istintivo, non una campagna di marketing.
Io sono brutto perché la disperazione non si può nascondere.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

Tu sei bella perché credi nelle coincidenze e nel potere del pensiero.
Io sono brutto perché ho dimostrato che Dio è un’impossibilità matematica.

Tu sei bella perché preferisci la minestra fatta in casa a quella che si compra.
Io sono brutto perché una volta a una cena ho difeso l’aristocrazia e non ero neanche ubriaco.

Tu sei bella perché non sai usare il telecomando.
Io sono brutto per la televisione satellitare e le notizie 24h su 24.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

Tu sei bella perché piangi ai matrimoni e anche ai funerali.
Io sono brutto perché considero i bambini un’altra specie di un mondo diverso.

Tu sei bella perché ti stanno benissimo tutti i colori rosso compreso.
Io sono brutto perché concepisco lo shopping solo per l’acquisto di beni materiali.

Tu sei bella perché alla tua nascita pianeti non scoperti hanno fatto la fila per sbirciare sopra la culla lasciando ai tuoi mini-piedini doni di gravità e luce.
Io sono brutto perché dico “amore a prima vista” è solo una forma di identità fraintesa, e che la più umana delle reazioni è gongolare.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

Tu sei bella perché non hai mai visto l’interno di un autolavaggio.
Io sono brutto perché chiedo sempre la ricevuta.
Tu sei bella perché invii una scatola di scarpe al terzo mondo.
Io sono brutto perché ricordo i numeri di telefono delle mie ex
e l’anno di nascita di Schubert.

Tu sei bella perché hai sponsorizzato un pappagallo in uno zoo.
Io sono brutto perché quando sospiro è come il lento crollo di un tendone di circo.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

Tu sei bella perché puoi indicare un uomo in divisa e ridere.
Io sono brutto perché in una vita precedente ero una talpa della polizia.

Tu sei bella perché bevi un litro d’acqua e mangi tre frutti al giorno.
Io sono brutto perché seguo il principio che un pasto senza carne è come una bella donna senza un occhio.

Tu sei bella perché non consideri l’amore una gare e sai perdere.
Io sono brutto perché ho baciato la Coppa d’Inghilterra e l’ho alzata alla folla.

Tu sei bella per un solo ranuncolo nell’asola del tuo cardigan.
Io sono brutto perché ho detto che la Donna più Forte del Mondo era un culturista travestito.

Tu sei bella perché non potresti vivere in un faro.
Io sono brutto perché faccio le ombre cinesi davanti alla lampada così quando i capitani dei natanti in difficoltà guardano vedono le orecchie di un coniglio, o l’occhio di una volpe, o le gambe di un cavallo nero al galoppo.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

Brutto come è lui,
bella come il di lei
bella come Venere,
brutto come il di lui,
bella come è lei,
brutto come Marte.

 

In cerca di vite già perse (Guanda, 2015), a cura di M. Bocchiola

Octavio Paz

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Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte due onde
e la notte è oceano.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte due pietre
e la notte deserto.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte radici
nella notte intrecciate.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte coltelli
e la notte lampo.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono due astri che cadono
in un cielo vuoto.

 

Libertà sulla parola (Guanda, 1965), a cura di G. Bellini

Hermann Hesse


Strano, vagare nella nebbia!
È solo ogni cespuglio ed ogni pietra,
né gli alberi si scorgono tra loro,
ognuno è solo.
Pieno di amici mi appariva il mondo
quando era la mia vita ancora chiara;
adesso che la nebbia cala
non ne vedo più alcuno.
Saggio non è nessuno
che non conosca il buio
che lieve ed implacabile
lo separa da tutti.
Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è solitudine.
Nessun essere conosce l’altro
ognuno è solo.

Poesie (Guanda, 1979), trad. di Mario Specchio

Ingeborg Bachmann


Il tempo dilazionato

S’avanzano giorni più duri.
Il tempo dilazionato e revocabile
già appare all’orizzonte.
Presto dovrai allacciare le scarpe
e ricacciare i cani ai cascinali:
le viscere dei pesci nel vento
si sono fatte fredde.
Brucia a stento la luce dei lupini.
Lo sguardo tuo la nebbia esplora:
il tempo dilazionato e revocabile
già appare all’orizzonte.

Laggiù l’amata ti sprofonda nella nebbia,
che le sale ai capelli tesi al vento,
le tronca la parola,
le comanda di tacere,
la trova mortale
e proclive all’addio
dopo ogni amplesso.

Non ti guardare intorno.
Allacciati le scarpe.
Rimanda indietro i cani.
Getta in mare i pesci.
Spengi i lupini!

S’avanzano giorni più duri.

 

Poesie (Guanda, 1992), a cura di M. D. Mandalari

Kurt Tucholsky


I fuori posto

Ci han fatto nascere, credo, fuori posto.
Ora per colpa dell’epoca e del luogo
tutti sperduti e tremanti ce ne stiamo,
maledicendo la nostra solitudine.

Ma perché, mamma, proprio sulla Panke?
Non era meglio cinquant’anni fa?
Oh, come crebbe fuori posto il ricordo
del lieto vostro amor di gioventù!

E perché non in mezzo all’arcipelago
della Sonda nell’ottocentodieci?
Ma qui ed ora? Non c’è di che stupirsi:
logico che non va!

E perché non di casa nell’Australia?
E perché non sovrano di Erzurum?
E perché non nell’anno duemila?
Per qual motivo? Come mai? Perché?

Guerra mondiale. Un’età a grandezza d’uomo.
L’impiegato che fa l’ufficiale.
Tessere. Omicidi. Confini. Bancherotte.
Espressamente riservato a noi.

Fa salire il tuo karma, impara dagli Indiani.
E se pur altro che rassegnarci non ci resta:
la mia donna, se mai farà dei figli,
non in Germania.

Prose e poesie (Guanda, 1977), trad. it. Elisa Ranucci

Edoardo Albinati


La mia compagna vuol diventare un’altra
superando ogni limite, non mangia, non dorme
sogna che la vengano a prelevare
spezzando i ferri in un colpo
s’è inventata un nome nuovo
da peccatrice, col giuramento
fanatico di darsi la morte
se non manterrò le mie promesse.
Ho esitato un secondo prima di risponderle
per questo non mi parla più
e piange tutto il giorno:
il mare è torbido, le onde
ancora lo smuovono dal profondo.

 

Sintassi italiana (Guanda, 2002)

Vladimir Sergeevič Solov’ëv


Dolce amica, non credo alle tue
parole, ai tuoi sensi, ai tuoi occhi
e neppure a me stesso, soltanto credo
alle stelle che splendono in alto.

Per un sentiero làtteo le stelle
mi mandano sogni infallibili
e nel deserto sconfinato allevano
per me fiori celesti.

E in quell’eterna estate, tra quei fiori,
intrisa di argento azzurrino,
come leggiadra tu sei, e nella luce stellare
com’è libero e puro l’amore.

 

Poesia russa del Novecento (Guanda, 1954), trad. it. A M. Ripellino