Ada Negri


Nei mesi estivi il solleone
rende i muri così abbaglianti
che a fissarli vien sonno:
tende gialle e rosse
si abbassano sui negozi;
il nastro di cielo
che s’allunga fra due strisce
parallele di tetti
è una lamina di metallo rovente.
Dolce è non far niente,
accucciati sulle pietre roventi,
respirando il caldo.

Poesie e prose
(Mondadori, 2020)

Vincenzo Cardarelli


Estiva

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore
ci si risveglia come in un acquario
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramento e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.

Poesie (Mondadori, 1942)

Franco Marcoaldi


Le cicale e il grido del cielo

Sei la colonna sonora dell’estate
però non ti ho mai vista in faccia.
Pratichi il mimetismo e se qualcuno
si avvicina al tuo ricovero
taci di colpo, per sottrargli traccia.
Il tuo rumore è rauco, lento,
cadenzato; quasi raspassi il sole
in un giorno ideale da bucato.
Ché appena arriva l’ombra
il tuo tamburo ammutolisce,
le lamine vibranti giacciono inerti:
il paesaggio non respira più,
grido del cielo che svanisce.

Quella sgradita sinfonia
che sgorgava dalla terra screpolata
martellando il cervello
nell’ora più accaldata,
ora mi manca. Il tuo silenzio
pare un avvertimento:
l’ombra ha trionfato sulla luce
e si riaffaccia lo sgomento.

Animali in versi (Einaudi, 2016)

Ph. Dino Ignani

Pier Paolo Pasolini

Vanno verso le Terme di Caracalla
giovani amici, a cavalcioni
di Rumi o Ducati, con maschile
pudore e maschile impudicizia,
nelle pieghe calde dei calzoni
nascondendo indifferenti, o scoprendo,
il segreto delle loro erezioni…
Con la testa ondulata, il giovanile
colore dei maglioni, essi fendono
la notte, in un carosello
sconclusionato, invadono la notte,
splendidi padroni della notte…

Va verso le Terme di Caracalla,
eretto il busto, come sulle natie
chine appenniniche, fra tratturi
che sanno di bestia secolare e pie
ceneri di berberi paesi – già impuro
sotto il gaglioffo basco impolverato,
e le mani in saccoccia – il pastore migrato
undicenne, e ora qui, malandrino e giulivo
nel romano riso, caldo ancora
di salvia rossa, di fico e d’ulivo…

Va verso le Terme di Caracalla,
il vecchio padre di famiglia, disoccupato,
che il feroce Frascati ha ridotto
a una bestia cretina, a un beato,
con nello chassì i ferrivecchi
del suo corpo scassato, a pezzi,
rantolanti: i panni, un sacco,
che contiene una schiena un po’ gobba,
due cosce certo piene di croste,
i calzonacci che gli svolazzano sotto
le saccoccie della giacca pese
di lordi cartocci. La faccia
ride: sotto le ganasce, gli ossi
masticano parole, scrocchiando:
parla da solo, poi si ferma,
e arrotola il vecchio mozzicone,
carcassa dove tutta la giovinezza,
resta, in fiore, come un focaraccio
dentro una còfana o un catino:
non muore chi non è mai nato.

Vanno verso le Terme di Caracalla.

La religione del mio tempo (Garzanti, 2015)

Foto di Dino Pedriali

Attilio Bertolucci


Ma se il tramonto dura sulle cime
degli alberi che chiudono la pianura
soffocata da brume estive, il cielo
è una leggera arida spoglia inerte.

Eterno giorno, che cos’è la morte
quando sui visi radianti si posa
la maschera lucente
del tramonto lentissimo di luglio?

Non c’è memoria più, non c’è speranza
nel transito fatale del tempo.

Le poesie (Garzanti, 2014)

Wallace Stevens


La donna al sole

È solo che questo calore e movimento non sono come
Il calore e il movimento di una donna.

Non è che ci sia un’immagine nell’aria
Né l’inizio né la fine di una forma:

C’è il vuoto. Ma una donna d’oro compatto
Ci brucia col tocco della veste

E un’abbondanza dissociata d’essere,
Più definita per ciò che è lei –

Perché lei è disincarnata,
E porta l’odore dei campi estivi,

E confessa il taciturno e insieme indifferente,
Invisibile ma chiaro, il solo amore.

Aurore d’autunno (Adelphi, 2014), a cura di N. Fusini

 

Vittorio Sereni


Gli squali

Di noi che cosa fugge sul filo della corrente?
Oh, di noi una storia che non ebbe un seguito
stracci di luce, smorti volti, sperse
lampàre che un attimo ravviva
e lo sbrecciato cappello di paglia
che questa ultima estate ci abbandona.
Le nostre estati, lo vedi,
memoria che ancora hai desideri:
in te l’arco si tende dalla marina
ma non vola la punta più al mio cuore.
Odi nel mezzo sonno l’eguale
veglia del mare e dietro quella
certe voci di festa.

E presto delusi dalla preda
gli squali che laggiù solcano il golfo
presto tra loro si faranno a brani.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 1995)

Arthur Rimbaud

Sensazione

Le sere turchine d’estate andrò nei sentieri,
Punzecchiato dal grano, calpestando erba fina:
Sentirò, trasognato, quella frescura ai piedi,
E lascerò che il vento m’inondi il capo nudo.

Non dirò niente, non penserò niente: ma
L’amore infinito mi salirà nell’anima,
E andrò lontano, più lontano, come uno zingaro
Nella Natura – felice come con una donna.

 

The love book – Le più belle poesie d’amore (Mondadori, 2012), a cura di G. Casati

Valerio Grutt

valerio grutt interno poesia

 

Qui girano ancora le famiglie
degli operai che andavano al mare
con le figlie bionde che già piacevano
ai ragazzi e scomparivano nel buio
di pinete e ridevano dopo con le amiche
in esplosioni di felicità improvvise
nei deserti di luglio e di agosto.
Le vedo ora dopo pranzo nell’eco
di televisori e strilli di gabbiani
nel silenzio di case in affitto
di mamme che lavano i piatti.
Verranno fuori, più tardi, tra i vivi
con il sorriso dei villeggianti
splendidi di conquiste
con la semplicità delle vele.
Ragazzi e ragazze abbronzati
cercando di riconoscersi
sul porto canale, come se
tra le cartoline, i ciondoli, i braccialetti,
potessero trovare un pezzo di se stessi
smarrito, un segno luminoso,
una foto del paradiso.
Si preparano i camerieri per gli assalti
della sera, apparecchiano
con la tovaglia buona e si alza
già un odore di fritto misto
che fa voltare i marinai lontani.
Ma nei casermoni vuoti
che si riversano sul mare
c’è musica di ballate, canzoni
dell’estate, la voce di cose abbandonate
che qualcuno dovrà lucidare:
il Comune, un ricco imprenditore,
Garibaldi col piccione o io e te
luce nella luce degli occhi
e costumi bagnati
mentre svoltiamo con il manubrio
della bici e siamo ancora giovani
e felici tra i fantasmi di queste spiagge
nel vento, nello spettacolo del mondo.

 

© Inedito di Valerio Grutt