Eleonora Pinzuti


E allora?

Lo ripetevi spesso, come poco si potesse.
Eri di quelli che ti guardavano la fronte
a viso aperto, dritto, serio (troppo austero, a volte);

nell’ultima passeggiata volesti che andassimo
sulla spiaggia. Zoppicavamo assieme,
con i piedi affogati nella sabbia.

Ti tenevo forte senza te ne accorgessi
mentre vedevo il vento che ti spazzolava il mento.
Mi indicasti la villetta dove conoscesti Liliana,
dove vivesti la malaria con la forza intonsa
della giovinezza.

Urlavano i gabbiani alti, grandi, avorio
come le tue mani.
Le baracche vuote, la stagione che ti avrebbe
portato altrove ancora un po’ lontana
(per poco).

«E allora?» ripetevi sui sentieri di Senzuno,
e forse anche mentre ti tuffavi, nel luglio del ʼ41
salvandoti per un soffio dall’affondamento
dell’incrociatore Colleoni. Ti levasti da quel gorgo
a bracciate larghe.

A vederti, alto e intero, parevi della razza dei leoni,
di quelli che hanno vissuto senza parole,
senza il fardello del destino.

Sapevi guardare la vita:
nuda, com’era,
e da vicino.

 

Con figure (Zona, 2018)