Dannie Abse

Visita d’inverno

Ora che lei ha novant’anni passeggio nel parco
dove i soliti pavoni non stridono dal gran freddo
e luci vicine si accendono prima che diventi buio.

Avrò il coraggio di affermare, con lei così debole e anziana,
che da un pallido puntino di sperma di pavone
vengono tutti i colori di una coda di pavone?

Lo faccio. Ma lei come la Sibilla dice, “Vorrei morire”;
poi si lamenta, “Sono quasi morta, quest’inverno, figlio mio”.
E poiché è vero mi viene da piangere.

Ma non devo (solo il Nulla dura),
perché io abito il camice bianco non quello nero,
anche adesso – e non sono abilitato a piangere.

Così parlo di piccole cose approssimative,
di quattro fenicotteri che ho visto nel parco,
stavano su una zampa, sul ghiaccio, la testa sotto l’ala.

 

C’era due volte (Mobydick, 2003), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero

Dannie Abse

NPG x35738; Dannie Abse by George Newson

 

Dualità

C’era due volte,
c’era un uomo che aveva due facce,
due facce, un profilo:
né Jekyll né Hyde, né buona né cattiva,
se una si feriva, l’altra sanguinava –
due facce differenti come caldo e freddo.

La notte, alla parete appese ai ganci
sopra la minacciosa testa di quell’uomo,
una l’ottona vuole, l’altra l’oro,
una bianco vede, l’altra nero,
l’una bocca mangia l’altra,
finché la seconda dolce bocca la prima morde.

Sognano sogni diversi
alla parete appese sopra il letto.
Grida la prima voce: ‘Non è quel che sembra,’
ma la seconda sospira: ‘È quel che è,’
poi una urla ‘vino’, strilla l’altra ‘pane’,
e così per tutti i deliranti giorni
fino alla morte sulla testa ingannatrice.

Agli incroci le deve tutt’e due indossare,
ché vanno per loro proprie strade
secondo che il vento spiri da Oriente o da Occidente –
elogerebbero e il buio e la luce,
ma l’una fonde, l’altra si congela.

Sono io l’uomo che c’era due volte:
le mie due voci cantano per fare una rima.
La morte amo, odio la morte
(con te sarò presto e tardi).
L’amore amo, odio l’amore,
Dio derido, Dio sfido,
mi uccido, sì, mi salvo.

Ora, ora queste maschere appendo alla parete.
O tempo, prendine una e rendimi intero
ché non cadano quattro lacrime da due occhi.

 

da Assemblea di poeti. Poesia anglo-gallese contemporanea (Mobydick, 1998), trad. it. A. Bianchi, S. Siviero