Pierluigi Cappello

Ph. L. d’Agostino

Piangere non è un sussulto di scapole
e adesso che ho pianto
non ho parole migliori di queste
per dire che ho pianto
le parole più belle
le parole più pure
non sono lo zampettio delle sillabe
sull’inverno frusciante dei fogli
stanno così come stanno
né fuoco né cenere
fra l’ultima parola detta
e la prima nuova da dire
è lì che abitiamo.

Assetto di volo (Crocetti, 2006)

Edna St. Vincent Millay


O dolce amore, dolce spina, quando
da te fui punta al cuore, piano, e uccisa,
per giacere nell’erba abbandonata,
povera cosa fradicia di lacrime
e di pioggia nel pianto della sera,
dalle notturne brume al grigio giorno
che disperde le nubi nella luce
fra il canto degli uccelli al nuovo sole –
se avessi, dolce amore, dolce spina,
pensato allora quale acuta angoscia,
anche se ti compensa il giuramento,
l’ora felice può lasciare in seno,
non sarei corsa cosí pronta al cenno
di chi in fondo m’amava cosí poco.

*

Sweet love, sweet thorn, when lightly to my heart
I took your thrust, whereby I since am slain,
And lie disheveled in the grass apart,
A sodden thing bedrenched by tears and rain,
While rainy evening drips to misty night,
And misty night to cloudy morning clears,
And clouds disperse across the gathering light,
And birds grow noisy, and the sun appears—
Had I bethought me then, sweet love, sweet thorn,
How sharp an anguish even at the best,
When all’s requited and the future sworn,
The happy hour can leave within the breast,
I had not so come running at the call
Of one who loves me little, if at all.

L’amore non è cieco (Crocetti Editore, 1991), trad. it. Silvio Raffo

Franco Fortini


Secondo riassunto

Ho lavorato tutti gli anni, ho veduto
poco mutar le stagioni dietro i vetri, lavorando
per l’auto, i giornali, i medici, il cibo e la casa.
Non quello che dovevo ma nemmeno
quello che mi piaceva, facendo; non con l’animo
lento dei savi, né con l’occhio lucente
né con la mente allegra.
Ma l’acqua buia oltre l’avvenire,
il lago fermo che in solitudine sta,
io l’ho saputo dire; e voi che siete
esitanti su queste parole sappiate che è,
dietro il pianto superbo e la debole ira ,
in voi eguale e in me.

Rivista “Poesia” (n. 80, gennaio 1995)

Else Lasker-Schüler


Io mi prendo nelle notti
Le rose della tua bocca
Che nessun’altra ci beva.

Quella che ti abbraccia
Mi deruba dei miei brividi
Che intorno al tuo corpo io dipinsi.

Io sono il tuo ciglio di strada.
Quella che ti sfiora
Precipita.

Senti il mio vivere
Dovunque
Come orlo lontano?

Rivista “Poesia” (Nr.190, 2005), Crocetti Editore

Philippe Jaccottet


Adesso so che non possiedo nulla,
neppure l’oro delle foglie fradicie,
né questi giorni che a gran colpi d’ala
vanno da ieri a domani, rimpatriano.

Lei fu con loro, pallida emigrante,
tenue beltà coi suoi segreti vani,
brumosa. E ora condotta certamente
via, tra i boschi piovosi. Come prima

eccomi in faccia a un irreale inverno,
ricanta il ciuffolotto, unica voce
che insiste, come l’edera. Ma il senso

chi lo puo dire? E la salute scema,
simile oltre la nebbia al fuoco breve
che un vento glaciale smorza… Ed è già tardi.

Rivista “Poesia” (n. 233 Dicembre 2008), a cura di Fabio Pusterla

Kostas G. Kariotakis


Va’ via, lasciami solo, vedo che sta crescendo
la notte in cielo, e il caos diventa piú profondo.
Tra poco del dolore neanche il ricordo resta, e io sono
un fiore che nella tua mano perde petali e muore.

Va’ via, come andarono gli anni quando un’unica tua
parola nella vita era per me come un peana.
Le mie labbra hanno sete del bacio della madre,
di madre terra, e al riso dei secoli si schiudono.

Va’ via, il mio cuore brama la quiete senza fine!
Persino il tuo respiro increspa le acque nere
di Stige, che mi portano, naufrago come sono,
laggiú nell’assoluto Nulla, nell’Infinito.

L’ombra delle ore (Crocetti Editore, 2004), trad. it. F. Pontani

Claes Andersson

clasu

 

 

Non c’è pace nella vita. La pietra profuma, pesa
e sostiene. C’è una pioggia che sale in me,
dovrei fuggire ma sono io stesso ogni luogo. Chiamalo
Dio o Pepsi quello che manca, ma non ingannarmi.
Non parlare di quello che non c’è, se c’è stato
ha smesso di essere quel nome. Una sera in cui non manca nulla,
noto che la festa in corso non mi riguarda.
Prendo il mio nome e mi inoltro nella notte.
Poco dopo la musica finisce e non si sentono più le risate
e i lampioni si affievoliscono come luci nella nebbia.
Non ricordo quali ho dimenticato, la festa continua
ma io non sono là né altrove.

 

da Antologia della poesia svedese contemporanea (Crocetti, 1996), a cura di H. Sanson, E. Zuccato

Anne Sexton

Photo by Donald Preston/The Boston Globe via Getty Images

Words

Be careful of words,
even the miraculous ones.
For the miraculous we do our best,
sometimes they swarm like insects
and leave not a sting but a kiss.
They can be as good as fingers.
They can be as trusty as the rock
you stick your bottom on.
But they can be both daisies and bruises.

Yet I am in love with words.
They are doves falling out of the ceiling.
They are six holy oranges sitting in my lap.
They are the trees, the legs of summer,
and the sun, its passionate face.

Yet often they fail me.
I have so much I want to say,
so many stories, images, proverbs, etc.
But the words aren’t good enough,
the wrong ones kiss me.
Sometimes I fly like an eagle
but with the wings of a wren.

But I try to take care
and be gentle to them.
Words and eggs must be handled with care.
Once broken they are impossible
things to repair.

*

State attenti alle parole,
anche a quelle miracolose.
Per le miracolose diamo il meglio,
brulicano alle volte come insetti
lasciando non un pizzico ma un bacio.
Possono essere buone come le dita.
Possono essere affidabili come le rocce
su cui mettiamo il sedere.
Ma possono essere sia margherite che ferite.

Eppure io le amo.
Sono colombe cadute dal soffitto.
Sono sei arance sacre appoggiate in grembo.
Sono gli alberi, le gambe dell’estate,
e il sole, con il suo volto appassionato.

Eppure spesso mi deludono.
Ho così tanto da dire,
così tante storie, immagini, proverbi, ecc.
Ma le parole non ce la fanno,
mi baciano quelle sbagliate.
A volte volo come un’aquila
ma con le ali dello scricciolo.

Provo comunque a prendermene cura
e ad essere gentile.
Uova e parole vanno maneggiate con cura.
Una volta rotte non si possono
riparare.

La zavorra dell’eterno (Crocetti, 2016) trad. it. C. Gamberi

André Gide

Quest’anno cara, non c’è stata primavera;
Non canti sotto i fiori e non fiori leggeri,
Non risa e metamorfosi, né Aprile;
Non avremo intrecciato le ghirlande di rose.

Chini eravamo al chiarore delle lampade
Ancora, e su tutti i libri dell’inverno
Quando ci ha sorpreso un sole di settembre
Pavido e rosso e come anemone di mare.

Mi hai detto: ”Guarda! Ecco l’Autunno.
Dunque, è stato un sonno il nostro?
Se dobbiamo vivere ancora
Tra questi in-folio, rischia di diventar monotono.

Forse, è fuggita ormai una primavera
Senza che la volessimo apparire;
Perché in tempo parli a noi l’aurora,
Apri le tende delle finestre”.

Pioveva. Le lampade abbiamo ravvivato
Impallidite per quel sole rosso
E ci siamo rituffati nell’attesa
Della chiara primavera che è alle porte.

 

Rivista “Poesia” (n. 84, maggio 1995), traduzione di Roberto Rossi Precerutti

Konstantinos Kavafis


Somma

S’io sia felice o infelice non discuto.
Ma a una cosa con gioia sempre penso:
che della grande somma (della somma che odio),
così ricca di numeri, io non faccio parte,
unità tra le tante. Io non sono compreso
nel totale. Questa gioia mi basta per sé sola.

Poesie segrete (Crocetti, 2011), a cura di N. Crocetti