Carlo Betocchi

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Rotonda terra; scena che si ripete,
in te, del saluto serale: consuetudine
mia planetaria, con te e i tuoi tramonti:
trasalimento, di tegola in tegola,
del mio vivere che se ne va col tuo
trapassare, lume diurno, lento,
sul tetto davanti casa; e mio formarsi,
intanto, un petto come di colomba;
e metter piume amorose per la notte
che viene; ravvolgermi unitario
con essa: pigolìo interiore; perdita
dell’umano: divenir mio universale.

 

Poesie del sabato (Mondadori, 1980)

Carlo Betocchi


Io un’alba guardai il cielo e vidi
uno spazioso aere sulla terra perduta;
negletta cosa stava tra i suoi lidi,
tra gli spenti smeraldi oscura e muta.

Innumerevoli angioli neri vidi
volanti insieme ad una plaga sconosciuta
recando seco trasparenti e vivi
diamanti d’ombra eternamente muta.

Andava questo furioso stuolo
estenuandosi verso il fil d’occidente
e lo seguia un intenerito volo
di cerulee colombe alte e lente.

E apparvero, con le puntute ali
di bianco fuoco vivo drizzate e ardenti
gli angeli dalle vallate orientali,
le estreme piume rosee e languenti.

In un immenso lago alto e candido
nascean singolari fronde meravigliose,
le rovesce vallate un lume madido
di rugiade correa, fonde e muschiose.

E dentro i nostri cuori era come
dentro valli ripiene di nebbie e di sonno
un lento ascendere dello splendore
che poscia illuminò i monti del mondo.

Realtà vince il sogno (San Marco dei Giustiniani, 2003)

Carlo Betocchi


Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce
perché la luce non era più che una cosa
immutabile, non alba né tramonto,
i miei pensieri svanirono come molte
farfalle, nei giardini pieni di rose
che vivono di là, fuori del mondo.

Come povere farfalle, come quelle
semplici di primavera che sugli orti
volano innumerevoli gialle e bianche,
ecco se ne andavan via leggiere e belle,
ecco inseguivano i miei occhi assorti,
sempre più in alto volavano mai stanche.

Tutte le forme diventavan farfalle
intanto, non c’era più una cosa ferma
intorno a me, una tremolante luce
d’un altro mondo invadeva quella valle
dove io fuggivo, e con la sua voce eterna
cantava l’angelo che a Te mi conduce.

 

Altre poesie (Vallecchi, 1939)