1ª poesia più letta del 2022


Maternità
Immahut
אימהות

di Anna Segre

Grazie a dio,
che forse esiste,
niente figli.

Grazie a un caso
o a una scelta istintiva
o a una remora
che ha trascinato la questione
fino oltre il limite,

non sarò io
ad abbandonare.
Non sarò
la tua risposta sbagliata,
la tua delusione più cocente,
il demone che ti porti dentro.
Non sarò io
il primo tradimento,
il coltello ficcato in gola,
il fantasma che ti segue
in sogno,
l’ombra lunga delle giornate
fredde.

Non sarò io
la viscerale incomprensione,
il ricatto fino all’ultimo respiro,
il picchetto sbandierato d’amore
oltre il quale la disubbidienza
entra nell’illegale biblico.

Lontana più di un metro,
la lama della mia lingua non ti taglia,
ti sfiora.
A una distanza antalgica
i miei tentacoli di bisogno
non arrivano ad avvilupparti,
a soffocarti.

La gioia
di non sapere
che significa
quel potere senza controllo;
di non aver dovuto capire
la fatalità dei miei difetti
addosso a qualcun altro.

Il sollievo di non sentire mai
lo strappo dalla mia pancia,
l’altro da me, che è stato me,
e che mi accusa.

La certezza che nessun processo
né nessuna gogna
saranno mai come un figlio
che ti imputa le tue vere colpe.

Un angelo ha steso la sua ala
sulla mia testa,
e mi ha risparmiato
dalla conoscenza carnale
della maternità,
dalle quinte di dolore
che questo teatro
vuol farmi credere di amore.

La distruzione dell’amore (Interno Poesia Editore, 2022)

Poesia pubblicata il 21 gennaio 2022

2ª poesia più letta del 2022

di Nazim Hikmet

Le sei del mattino.
Ho aperto la porta del giorno ci sono entrato
ho assaporato
l’azzurro nuovo nelle finestre
le rughe della mia fronte di ieri
sono rimaste sullo specchio

sulla mia nuca una voce di donna
tenera peluria di pesca
e le notizie del mio paese alla radio

vorrei correre d’albero in albero
nel frutteto delle ore

verrà il tramonto, mia rosa
e al di là della notte
mi aspetterà
spero
il sapore di un nuovo azzurro.

Poesie d’amore
(Mondadori, 2002), trad. it. J. Lussu, V. Mucci

Poesia pubblicata l’11 maggio 2022

3ª poesia più letta del 2022

Photograph taken by Kay Bell Reynal (1905-1977) in 1955. Credit: Private Collection / AF Fotografie

di T.S. Eliot

The Burial of the Dead

April is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain.
Winter kept us warm, covering
Earth in forgetful snow, feeding
A little life with dried tubers.
Summer surprised us, coming over the Starnbergersee
With a shower of rain; we stopped in the colonnade,
And went on in sunlight, into the Hofgarten,
And drank coffee, and talked for an hour.
Bin gar keine Russin, stamm’ aus Litauen, echt deutsch.
And when we were children, staying at the archduke’s,
My cousin’s, he took me out on a sled,
And I was frightened. He said, Marie,
Marie, hold on tight. And down we went.
In the mountains, there you feel free.
I read, much of the night, and go south in the winter.

What are the roots that clutch, what branches grow
Out of this stony rubbish? Son of man,
You cannot say, or guess, for you know only
A heap of broken images, where the sun beats,
And the dead tree gives no shelter, the cricket no relief,
And the dry stone no sound of water. Only
There is shadow under this red rock,
(Come in under the shadow of this red rock),
And I will show you something different from either
Your shadow at morning striding behind you
Or your shadow at evening rising to meet you;
I will show you fear in a handful of dust […]

 

*

 

I. La sepoltura dei morti

Aprile è il mese più crudele: genera
Lillà dalla terra morta, mescola
Ricordi e desideri, scuote
Le radici assopite con la pioggia primaverile.
L’inverno ci tenne caldi, coprendo
La terra di neve obliosa, alimentando
Un filo di vita con tuberi secchi.
L’estate ci sorprese riversandosi sullo Starnbergersee
Con uno scroscio di pioggia; ci fermammo sotto il colonnato,
Poi proseguimmo nel sole, dentro al Hofgarten,
E bevemmo caffè e chiacchierammo per un’ora.
Bin gar keine Russin, stamm’ aus Litauen, echt deutsch.
E quando eravamo bambini e stavamo dall’arciduca,
Mio cugino, egli mi portò in slitta
E io ebbi paura. Marie, mi disse,
Marie, tienti stretta. E ci lanciammo giù.
In montagna, lì ci si sente liberi.
Io leggo gran parte della notte e d’inverno vado nel Sud.

Quali radici s’aggrappano, quali rami crescono
Da queste macerie? Figlio dell’uomo,
Tu non lo puoi dire, né indovinare, poiché conosci solo
Un mucchio d’immagini infrante, dove batte il sole,
E l’albero morto non dà riparo, né il grillo conforto,
Né l’arida pietra alcun suono d’acque. Solo
Sotto questa roccia rossa c’è ombra,
(Vieni all’ombra di questa roccia rossa),
E ti mostrerò qualcosa di diverso
Dalla tua ombra che al mattino ti segue a grandi passi
O dalla tua ombra che a sera ti si leva incontro:
Ti mostrerò la paura in un pugno di polvere […]

 

La terra desolata (Interno Poesia Editore, 2022), a cura di Rossella Pretto, traduzione di Elio Chinol

© Copyright The Waste Land of T. S. Eliot, Faber and Faber Limited

Poesia pubblicata l’1 aprile 2022

5ª poesia più letta del 2022

di Giorgio Caproni

Ultima preghiera

Anima mia, fa’ in fretta.
Ti presto la bicicletta,
ma corri. E con la gente
(ti prego, sii prudente)
non ti fermare a parlare
smettendo di pedalare.

Arriverai a Livorno
vedrai, prima di giorno.
Non ci sarà nessuno
ancora, ma uno
per uno guarda chi esce
da ogni portone, e aspetta
(mentre odora di pesce
e di notte il selciato)
la figurina netta,
nel buio, volta al mercato.

Io so che non potrà tardare
oltre quel primo albeggiare.
Pedala, vola. E bada
(un nulla potrebbe bastare)
di non lasciarti sviare
da un’altra, sulla stessa strada.

Livorno, come aggiorna,
col vento una torma
popola di ragazze
aperte come le sue piazze.
Ragazze grandi e vive
ma, attenta!, così sensitive
di reni (ragazze che hanno,
si dice, una dolcezza
tale nel petto, e tale
energia nella stretta)
che, se dovessi arrivare
col bianco vento che fanno,
so bene che andrebbe a finire
che ti lasceresti rapire.

Mia anima, non aspettare,
no, il loro apparire.
Faresti così fallire
con dolore il mio piano,
e io un’altra volta Annina,
di tutte la più mattutina,
vedrei anche a te sfuggita,
ahimè, come già alla vita.

Ricordati perché ti mando;
altro non ti raccomando.
Ricordati che ti dovrà apparire
prima di giorno, e spia
(giacché, non so più come,
ho scordato il portone)
da un capo all’altro la via,
da Cors’Amedeo al Cisternone.

Porterà uno scialletto
nero, e una gonna verde.
Terrà stretto sul petto
il borsellino, e d’erbe
già sapendo e di mare
rinfrescato il mattino,
non ti potrai sbagliare
vedendola attraversare.

Seguila prudentemente,
allora, e con la mente
all’erta. E, circospetta,
buttata la sigaretta,
accòstati a lei soltanto,
anima, quando il mio pianto
sentirai che di piombo
è diventato in fondo
al mio cuore lontano.

Anche se io, così vecchio,
non potrò darti mano,
tu mórmorale all’orecchio
(più lieve del mio sospiro,
messole un braccio in giro
alla vita) in un soffio
ciò ch’io e il mio rimorso,
pur parlassimo piano,
non le potremmo mai dire
senza vederla arrossire.

Dille chi ti ha mandato:
suo figlio, il suo fidanzato.
D’altro non ti richiedo.
Poi, và pure in congedo.

Tutte le poesie (Garzanti,1999)

Foto di Dino Ignani

Poesia pubblicata il 7 aprile 2022

6ª poesia più letta del 2022

di Adrienne Rich

Dediche

So che stai leggendo questa poesia
tardi, prima di lasciare il tuo ufficio
con l’unico lampione giallo e una finestra che rabbuia
nella spossatezza di un edificio dissolto nella quiete
quando l’ora di punta è da molto passata. So che stai leggendo
questa poesia in piedi, in una libreria lontano dall’oceano
in un giorno grigio agli inizi della primavera, deboli fiocchi sospinti
attraverso gli immensi spazi delle pianure intorno a te.
So che stai leggendo questa poesia
in una stanza in cui è accaduto troppo per poterlo sopportare,
spirali di lenzuola ristagnano sul letto
e la valigia aperta parla di fuga
ma non puoi andartene ora. So che stai leggendo questa poesia
mentre il metrò rallenta la corsa, prima di lanciarti su per le scale
verso un amore diverso
che la vita non ti ha mai concesso.
So che stai leggendo questa poesia alla luce
della televisione, dove scorrono sussulti di immagini mute,
mentre aspetti le ultime notizie sull’intifada.
So che stai leggendo questa poesia in una sala d’aspetto
di occhi incontrati che non si incontrano, di identità con estranei.
So che stai leggendo questa poesia sotto il neon
nella noia stanca dei giovani che sono esclusi,
che si escludono, troppo presto. So
che stai leggendo questa poesia con la tua vista indebolita:
le tue lenti spesse dilatano le lettere oltre ogni significato e tuttavia continui a leggere
perché anche l’alfabeto è prezioso.
So che stai leggendo questa poesia in cucina,
mentre riscaldi il latte, con un bambino che ti piange sulla spalla e un libro in mano,
perché la vita è breve e anche tu hai sete.
So che stai leggendo questa poesia che non è nella tua lingua:
di alcune parole non conosci il significato, mentre altre ti fanno continuare a leggere
e io voglio sapere quali sono.
So che stai leggendo questa poesia in attesa di udire qualcosa, divisa tra amarezza e speranza,
per poi tornare ai compiti che non puoi rifiutare.
So che stai leggendo questa poesia perché non c’è altro da leggere,
lì dove sei approdata, nuda come sei.

Cartografie del silenzio (Crocetti Editore, 2000), trad. it. M.L. Vezzali

Poesia pubblicata il 9 febbraio 2022

7ª poesia più letta del 2022

di Eugenio Montale

I primi di luglio

Siamo ai primi di luglio e già il pensiero
è entrato in moratoria.
Drammi non se ne vedono,
se mai disfunzioni.
Che il ritmo della mente si dislenti,
questo inspiegabilmente crea serie preoccupazioni.
Meglio si affronta il tempo quando è folto,
mezza giornata basta a sbaraccarlo.
Ma ora ai primi di luglio ogni secondo sgoccia
e l’idraulico è in ferie.

Tutte le poesie (Mondadori, 2018)

Poesia pubblicata l’1 luglio 2022

8ª poesia più letta del 2022

di Rupi Kaur

chissà se sono
abbastanza bella per te
o se sono bella e basta
cambio ciò che indosso
cinque volte prima di vederti
domandandomi quali jeans rendano
il mio corpo più allettante da spogliare
dimmi
c’è qualcosa che io possa fare
per farti pensare
lei
lei è tanto straordinaria
da far dimenticare al mio corpo di avere ginocchia

scrivilo in una lettera e indirizzala
alle parti di me più insicure
la tua sola voce mi porta alle lacrime
il tuo dirmi che sono bella
il tuo dirmi che basto

The sun and her flowers. Il sole e i suoi fiori (Tre60, 2018), trad. it. A. Storti

Poesia pubblicata il 20 aprile 2022

9ª poesia più letta del 2022

di Emily Dickinson

 

The Brain – is wider than the Sky

The Brain — is wider than the Sky —
For — put them side by side —
The one the other will contain
With ease — and You — beside —

The Brain is deeper than the sea —
For — hold them — Blue to Blue —
The one the other will absorb —
As Sponges — Buckets — do —

The Brain is just the weight of God —
For — Heft them — Pound for Pound —
And they will differ — if they do —
As Syllable from Sound —

*

Sconfinata – è la mente più del cielo

Sconfinata – è la mente più del cielo –
perché – se tu li poni fianco a fianco –
questa conterrà l’altro facilmente –
ed anche te –

Ben profonda è la mente più del mare –
perché – se tu li tieni – blu su blu –
dall’una l’altro resterà assorbito –
sì come fa la spugna dentro a un secchio –

La mente pesa proprio quanto Dio –
ché se – libbra per libbra – li sollevi –
se c’è una differenza – se ce n’è –
sarà come una sillaba dal suono –

Traduzione di Luca Alvino

 

Poesia pubblicata l’8 febbraio 2022

1ª poesia più letta del 2021

di Bertolt Brecht

 

Contro la seduzione

Non vi fate sedurre:
non esiste ritorno.
Il giorno sta alle porte,
già è qui vento di notte,
altro mattino non verrà.

Non vi lasciate illudere
che è poco, la vita.
Bevetela a gran sorsi,
non vi sarà bastata
quando dovrete perderla.

Non vi date conforto:
vi resta poco tempo.
Chi è disfatto, marcisca.
La vita è la più grande:
nulla sarà più vostro.

Non vi fate sedurre
da schiavitù e da piaghe.
Che cosa vi può ancora spaventare?
Morite con tutte le bestie
e non c’è niente, dopo.

Poesie e canzoni (Einaudi, 1982), trad. it. R. Leiser, F. Fortini

Poesia pubblicata il 30 marzo 2021

2ª poesia più letta del 2021


di Chandra Livia Candiani

La pelle è sempre in prima linea
come i cappotti le madri i villaggi,
è un confuso conoscitore di mondi
è serbatoio e cemento
trasale fa barriera
è distendibile e delicatamente resistente
sanguina respira. Nuca mani e piedi
spalle petto fianchi conoscono
il mondo senza l’assedio della narrazione
stormiscono e scompensano il pensiero.
La pelle è educazione sentimentale
ogni parola un branco che preme i pori
e ne fa porte sul cielo vuoto dell’interno,
dove soffia la memoria
l’aria del tempo.
Per primo viene il tatto
quando mettiamo una parola
al mondo. Invecchiando la pelle
diventa più sottile
perché aumenta il desiderio
di mistero, diminuisce
la paura di attacco.
È nuda su questa terra,
si sbriciola nel passaggio.
In lei la vita umana si consuma
e poi si spegne o forse vola
fuori di lei, la lascia.

La domanda della sete. 2016-2020 (Einaudi, 2020)

Poesia pubblicata il 22 marzo 2021