Vittorio Bodini

Qui non vorrei morire dove vivere
mi tocca, mio paese,
così sgradito da doverti amare;
lento piano dove la luce pare
di carne cruda
e il nespolo va e viene fra noi e l’inverno.

Pigro
come una mezzaluna nel sole di maggio,
la tazza di caffè, le parole perdute,
vivo ormai nelle cose che i miei occhi guardano:
divento ulivo e ruota d’un lento carro,
siepe di fichi d’India, terra amara
dove cresce il tabacco.
Ma tu, mortale e torbida, così mia,
così sola,
dici che non è vero, che non è tutto.
Triste invidia di vivere,
in tutta questa pianura
non c’è un ramo su cui tu voglia posarti.

 

Tutte le poesie (Besa, 2010)

Vittorio Bodini


Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud
un tramonto da bestia macellata.
L’aria è piena di sangue,
e gli ulivi, e le foglie del tabacco,
e ancora non s’accende un lume.

Un bisbigliare fitto, di mille voci,
s’ode lontano dai vicini cortili:
tutto il paese vuole far sapere
che vive ancora
nell’ombra in cui rientra decapitato
un carrettiere dalle cave. Il buio,
com’è lungo nel Sud! Tardi s’accendono
le luci delle case e dei fanali.

Le bambine negli orti
ad ogni grido aggiungono una foglia
alla luna e al basilico.

 

Tutte le poesie (Besa, 2010)

Ali Podrimja

Ninna Nanna

Dormi, o mio piccolo dagli occhi glauchi,
ragazzo del Kossovo dallo sguardo ardente,
dormi, mio lupo.

L’alba sorgerà,
essa ti darà
il cuore e l’anima
della roccia.
Dormi, mio piccolo dal viso tormentato!
Tu, aquilotto dalle montagne, dormi
accanto a tua madre morta.

Guarda, il fuoco ci allontana dalle rive.

 

Poesia dal Kossovo (Besa, 1999), trad. it. D. Giancane

Vittorio Bodini

bodini

Quando tornai al mio paese nel Sud,
dove ogni cosa, ogni attimo del passato
somiglia a quei terribili polsi di morti
che ogni volta rispuntano dalle zolle
e stancano le pale eternamente implacati,
compresi allora perché ti dovevo perdere:
qui s’era fatto il mio volto, lontano da te,
e il tuo, in altri paesi a cui non posso pensare.

Quando tornai al mio paese del Sud,
io mi sentivo morire.

 

Tutte le poesie (Controluce, 2015)

Gëzim Hajdari

Gëzim Hajdari

 

Tu esisti di fronte all’inverno
come una ferita. Immobile e forestiera
in uno spazio imperfetto, mai ospitale,
aspettando che il silenzio uniforme della sabbia
ti parli del segreto.
Non ti stordire dei fiumi vaganti e dei nuovi alberi
che prima non c’erano. D’intorno continuerà la caducità
delle cose, la scomparsa dei poeti che legano
il cielo alla terra.
È detto che moriremo nelle terre opposte.
I miei anni: fuga nell’ignoto e risvegli spaventati nella notte.

 

da Poesie scelte (Controluce, 2014)