Antonio Lillo


Le parole sono fatti, mi accusa una lettrice.
Sono i fatti e le parole a dichiararti
per quello che tu sei, e non il bianco
riversato fra le righe. Io sarei contrario
alle donne: ogni mia parola lo dimostra.
E in una poesia leggevo un verso di Bordini
le donne essendo meno importanti
vengono sempre per ultime. Ripensandoci adesso
quella persona direbbe: Bordini odiava
le donne. La poesia è un’arma pensata
caricata e lasciata alla mercé di chi passa.
Non capita, verrà puntata anch’essa contro di te.

Mal di maggio (Samuele, 2022)

Antonio Lillo


Giustificazione alle mie lamentazioni di editore povero

Se sono povero e lo dico a voce alta
non è che mi lamenti disperato. Non piango
in vista del suicidio. Ma ne rido a modo mio
per stemperare il senso di ingiustizia.
L’italiano medio invoca il mio successo editoriale
e non ammette la sconfitta del mio conto
che non va di pari passo alla poesia.
E non capisce il senso della mia lamentazione.
Poiché il male di uno – in questo caso – è collettivo
in ogni mio: «Sono poverino!»
(povertà che vivo a testa alta
perché nel mio lavoro metto tutto
a volte prima degli affetti e faccio libri
non guerre non palazzi e se il popolo non legge sono cazzi
solamente suoi) in ogni mio: «Sono poverino!»
non c’è nascosto un: «Ah, me miserino!»
ma un più maturo: «Noi, popolo di stronzi!» riassuntivo.
Ché la miseria è comune e non fa sconti.

 

Limonio (Pietre Vive, 2019)