Alessandro Fo


In morte di un amico di Facebook

per Ohannès (Giovanni) Choukhadarian

Amava la poesia di Ripellino,
che giudicava splendida e geniale.
È tutto ciò che so di una vita.

La primavera è comparsa di colpo
e d’erba alta ha già inondato i giardini.

Passo fra false spighe e ombrelli di fiori.
Lo splendido mistero verde si rinnova,
la diffusa follia resta incurabile,
e ne fiorisce a suo modo il notiziario,
mentre al portatile apprendo che è partito
per altra destinazione questo amico
soltanto virtuale.

Mi rendo conto che ora ne sto male,
però di lui (stranezze della vita
nell’era dei mass media)
non so davvero niente. E nemmeno
alla casella delle «Informazioni»
ho posto mai una se non vaga attenzione.
Ci siamo sempre scritti, solamente,
brevi commenti su post letterari.

Di lui sbiadisce e va via una vaga idea
fantasticata su una fotografia,
sul suo cognome armeno:
il volto povero e scavato di un Cristo
di un’icona orientale,
ma senza barba, attonito, smarrito
– anche quando gioviale
(scorrendo il wall) da un letto d’ospedale –
lo sguardo:
un po’ come L’uccello sbalordito di
Jiří Kolář sulla sovracopertina
di un certo ballatesco, astrale libro
del tardo nostro amato Ripellino.

Filo spinato (Einaudi, 2021)

Guido Gozzano

Le golose

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!

Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.

C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta o forma.

L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.

Un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.

Fra quegli aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,

di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Torino, confetteria Baratti.

 

I colloqui e altre poesie (Interno Poesia Editore, 2020), a cura di Alessandro Fo

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Guido Gozzano

Alle soglie

II

Mio cuore, monello giocondo che ride pur anco nel pianto,
mio cuore, bambino che è tanto felice d’esistere al mondo,

mio cuore dubito forte – ma per te solo m’accora –
che venga quella Signora dall’uomo detta la Morte.

(Dall’uomo: ché l’acqua la pietra l’erba l’insetto l’aedo
le danno un nome, che, credo, esprima un cosa non tetra)

È una Signora vestita di nulla e che non ha forma.
Protende su tutto le dita, e tutto che tocca trasforma.

Tu senti un benessere come un incubo senza dolori;
ti svegli mutato di fuori, nel volto nel pelo nel nome.

Ti svegli dagl’incubi innocui, diverso ti senti, lontano;
né più ti ricordi i colloqui tenuti con guidogozzano.

Or taci nel petto corroso, mio cuore! Io resto al supplizio,
sereno come uno sposo e placido come un novizio.

 

I colloqui e altre poesie (Interno Poesia Editore, 2020), a cura di Alessandro Fo

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Alessandra Palombo


Femminicidi

Figurarsi fiori,
farfalle, felicità,
fantasticare feeling,
focalizzare fallocrazia,
flagelli femminili,
femmine falciate,
febbricitanti follie,
ferite,
feroci
frustrati
fottuti falli falliti.

 

Poesie in tautogramma (Interno Poesia, 2018)

Foto di Roberto Ridi