Mario Giampaolo


Pico

Mesi steso su Roma morta
ogni giorno e di nuovo,
mare vuoto di fortune.

Andare via con una vita a strascico
e la cardiologia elementare
a gonfiare le vele.

Scegliersi un’isola minore
sala d’attesa a cielo aperto,
battiti irregolari.

Ci ho scoperto un cristianesimo
che mi tiene compagnia e m’ha svelato
il mito barbaro che ho avuto di te.

Altrove cresce un senso di festa,
qui si bevono pomeriggi corretti col vero
e io snocciolo ancora frammenti di rara devozione

Il potere
che hai
di cambiare le cose

minuscola età dell’oro
Il tuo sangue
di ieri notte
stamattina
sull’angolo
della mia bocca.

 

Inedito

Dietrich Bonhoeffer


Chi sono io?

Chi sono io? Mi dicon spesso
che esco dalla mia cella

calmo e lieto e saldo,

come il padrone dal suo castello.

Chi sono io? Mi dicon spesso
che parlo alle mie guardie
libero e amichevole e chiaro,
come fossi io a comandare.

Chi sono io? Mi dicon anche

che sopporto i giorni della sventura
impavido e sorridente e fiero,

come chi è avvezzo alla vittoria.

Io, in realtà, son ciò che gli altri dicono di me?
O sono solo ciò che so io di me stesso?
Inquieto, nostalgico,
malato come un uccello in gabbia
bramoso d’un respiro vivo
come mi strozzassero la gola,
affamato di colori, di fiori,
di cinguettii,
assetato di parole buone,
di presenza umana,

tremante di collera davanti all’arbitrio
e alla più meschina umiliazione,
roso per l’attesa di grandi cose,
impotente e preoccupato per l’amico
ad infinita distanza,
stanco e vuoto per pregare,
per pensare, per creare,
esausto e pronto a prendere congedo da tutto?

Chi sono io? Questo o quello?

Oggi uno, domani un altro?

Sono tutt’e due insieme? Davanti agli uomini
un simulatore
e davanti a me stesso
uno spregevole, querulo rottame?
O ciò che in me c’è ancora rassomiglia
all’esercito sconfitto,
che si ritira in disordine
di fronte a una battaglia già vinta?

Chi sono io? Domandare solitario
che mi irride.
Chiunque io sia, Tu mi conosci,
Tuo sono io, o Dio!

Dietrich Bonhoeffer, Poesie (Marietti1820, 2023)

Sylvia Plath

Edge

The woman is perfected.
Her dead

Body wears the smile of accomplishment,
The illusion of a Greek necessity

Flows in the scrolls of her toga,
Her bare

Feet seem to be saying:
We have come so far, it is over.

Each dead child coiled, a white serpent,
One at each little

Pitcher of milk, now empty.
She has folded

Them back into her body as petals
Of a rose close when the garden

Stiffens and odors bleed
From the sweet, deep throats of the night flower.

The moon has nothing to be sad about,
Staring from her hood of bone.

She is used to this sort of thing.
Her blacks crackle and drag.

Collected Poems (Faber & Faber, 2002)

*

Orlo

La donna è compiuta.
Il suo corpo

morto ha il sorriso della perfezione.
L’illusione di una necessità greca

scorre nelle volute della sua toga,
i suoi nudi

piedi sembrano dire:
siam giunti fino a qui, ora è finita.

Ogni bambino morto rannicchiato,
serpente bianco, accanto alla sua piccola

brocca di latte, adesso vuota.
Li ha ella ripiegati

di nuovo nel suo corpo come petali
di rosa che si chiudono, se l’orto

si irrigidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore notturno.

La luna non ha nulla da esser triste,
guardando giù dal suo cappuccio d’osso.

Conosce bene tutte queste cose.
Le sue macchie nere frusciano e si stirano.

Traduzione di Luca Alvino

Giovanna Rosadini

Ph. Dino Ignani

Ti cerco nella scucitura del tempo
che mi apre questo libro, tuo,
mio, in questo dialogo di parole
per interposta persona in cui
cerchiamo conferma alle nostre
intuizioni, quel sostare inatteso
dello sguardo che veste un presagio,
sentire di esserci ancora, sentirsi
ancora accolti nell’interezza di ciò
che siamo, anime fragili scivolate
nel burrone della vita e creature
animate da un fremito di luce,
nel tocco di una grazia
che ritorna e ci conduce.

Inedito

Francesca Serragnoli

Ph. Daniele Ferroni

Camera 9

Si sono accorti della mia disperazione
loro lo sguardo
cioè niente

lo sguardo di ognuno
che non sa chi è l’altro

quella bifora gelata

quel portone fermato
dal legnetto delle tue mani

l’arcata viva della tua schiena
i fiori di plastica
davanti a Sant’Antonio

loro che non sanno chi è l’altro
che accendono una candela
sfregandosi i capelli

loro l’ospedale dei guardati
gli intubati di Dio

in quel viso sgangherato
legato a una cordicella
qualcuno getta
un pugno di semi
e li chiama con un fischio.

Non è mai notte non è mai giorno (Interno Poesia Editore, 2023)

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Marina Dora Martino

Ph. Pietro Vettore

dopo il crollo della casa
ti ho alzato il vestito
ho visto l’aurora

che le tue gonnelle di spine
mi siano d’ispirazione

spina punta dal dito
mai in pace col piacere
mai un letto dove riporre
cappio e ombra

nei rovi la mia unica chiesa
ho lasciato tutti gli averi
che i tuoi chiodi mi facciano sposa

sotto la bocca sporca
l’abside di albaspina
sotto, la rovina

Inedito

Ezra Pound


The Song

Love thou thy dream
All base love scorning,
Love thou the wind
And here take warning
That dreams alone can truly be,
For ’tis in dream I come to thee.

 

*

 

Canzone

Ama il tuo sogno
ogni inferiore amore disprezzando,
ama il vento
ed accorgiti qui
che solo i sogni possono esistere veramente,
perciò in sogno a raggiungerti m’avvio.

 

Iconografia italiana di Ezra Pound (All’Insegna del Pesce d’Oro, 1955)

Innokentij Fëdorovič Annenskij


Io sono al fondo, sono un triste frantume,
sopra di me l’acqua verdeggia.
Ma non vi sono strade per uscire
dalle pesanti tenebre di vetro.

Rammento il cielo, i zigzag del volo,
il bianco marmo con la sua vasca,
rammento il fumo degli zampilli,
tempestato di azzurro fuoco…

Se debbo credere ai bisbigli di delirio
che angosciano la mia detestabile quiete,
lassú per me si strugge Andromeda
dal bianco braccio mutilato.

Poesia russa del Novecento (Guanda, 1954), trad. it. A. M. Ripellino

Carlo Crosato

Al di qua del graffio che
definisce e distingue i nostri corpi
ho allargato le braccia il più possibile
perché mi sorprendessi
non in atteggiamento di resa
ma del tutto disarmato
inerme e indifeso
come è chi sa di non doversi difendere
come chi vuole avvolgerti in un abbraccio
senza con questo catturarti
e ti stringa consapevole del rischio
dell’esplosione delle tue reazioni acuminate.
Privo di difesa perché tu possa
colpire senza temere vendetta
perché tu possa far vibrare l’aria
con grida da mito antico
senza subire l’eco riflessa
dalla mia scarsa estensione corporea.

Strategie di salvezza (Interno Libri Edizioni, 2023)

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