Raymond Carver

carver
Chiedigli un po’

Con riluttanza mio figlio entra con me
oltre i cancelli di ferro
del cimitero di Montparnasse.
– Che modo di passare una giornata a Parigi! -,
gli vien voglia di dire. E infatti lo dice.
Sa il francese. S’è messo a parlare
con un guardiano canuto che s’è offerto
di farci da guida. Così in tre lentamente
camminiamo lungo file e file di tombe allineate.
A quanto pare, stanno tutti qui.

Fa caldo, c’è pace e il rumore delle strade
parigine qui non arriva. Il guardiano vuol condurci
alla tomba dell’inventore del sommergibile
e a quella di Maurice Chevalier. E a quella
di Nonnie, la cantante morta a ventott’anni.
ricoperta da un mucchio di rose rosse.

Io voglio vedere le tombe di scrittori.
Mio figlio sospira. Lui non vuol vedere niente.
Ne ha viste abbastanza. Ha oltrepassato la noia,
s’è rassegnato. Guy de Maupassant; Sartre; Sainte-Beuve;
Gautier; i Goncourt; Paul Verlaine e il suo vecchio amico,
Charles Baudelaire. Dove ci soffermiamo.

Ma ci sono diversi nomi incisi sulla lapide di Baudelaire
e non capisco che ci stanno a fare.

Il nome di Charles Baudelaire è stretto tra quello della madre
che per tutta la vita gli ha prestato soldi e s’è preoccupata
della sua salute, e quello del patrigno, un pedante
che detestava, ricambiato, lui e tutto quello che lui rappresentava.
– Chiedilo un po’ al tuo amico -, gli dico. Lui glielo chiede.

E’ come se lui e il guardiano ormai fossero vecchi amici
e io fossi qui per esser tenuto buono.
Il guardiano dice qualche cosa e poi mette
una mano sopra l’altra. Sorride. Alza le spalle.
Mio figlio traduce. Ma ho già capito.
– Come un sandwich, papà -, dice mio figlio. – Un sandwich Baudelaire -.

Al che noi tre riprendiamo a camminare.
Il guardiano preferisce far questo che altro.
Si accende la pipa. Guarda l’orologio. E’ quasi ora
di pranzo e di bere un bicchiere di vino.
– Chiedigli un po’ se vuole esser sepolto
in questo cimitero, quando muore.
Chiedigli un po’ dove vuole esser seppellito -.
Mio figlio è capace di dire qualsiasi cosa.
Riconosco le parole tombeau e mort
sulle sue labbra. Il guardiano si ferma.
E’ ovvio che stava pensando ad altro.
A battaglie sottomarine. Al varietà, al cinema.
A qualcosa da mangiare e un bicchiere di vino.
Non certo alla putrefazione, non al decomporsi.
Non all’annichilamento. Non alla propria morte.

Ci guarda in faccia, prima l’uno, poi l’altro.
Chi vogliamo prender in giro? Che razza di scherzo è?
Ci saluta e se ne va.
Diretto al tavolo d’un caffè all’aperto.
Dove potrà togliersi il berretto, passarsi
le dita tra i capelli. Sentire voci e risate.
Il tintinnio concreto delle posate.
Dei bicchieri. Il sole riflesso sui vetri.
Il sole sul marciapiede e sulle foglie.
Il sole che s’insinua sul suo tavolo. Sul suo bicchiere. Le sue mani.

 

Orientarsi con le stelle (Minimum Fax, 2013), trad. it. R. Duranti, F. Durante

2 pensieri su “Raymond Carver

Rispondi