Attila Jozsef

Mamma

Da una settimana mia madre
sola mi arresta la mente.
Col cesto gemente di panni
contro il grembo, saliva in soffitta.

A quel tempo ero ancora sincero,
e gridavo e pestavo i piedi:
li dia ad altri i panni mézzi,
in soffitta ci porti me.

Andava, stendeva in silenzio,
non guardava né rimproverava.
I panni lucenti frusciavano,
in alto volavano vivi.

Non piangerei, ma è tardi ormai.
Ora la vedo bene, alta e grande:
leva i capelli grigi nell’aria,
scioglie il candeggio nell’acqua del cielo.

 
Le più belle poesie d’amore (Baldini & Castoldi, 2014), a cura di P. Gelli

Un pensiero su “Attila Jozsef

  1. Da anni faccio traduzioni, dall’ungherese all’italiano e viceversa, per diletto. Mi permetto di allegare la mia traduzione della sudetta poesia. Mi astengo di qualsiaso critica, gradirei una eventuale risposta.. Cordiali saluti Ibolja Mamma

    Da una settimana penso sempre
    alla mamma, fermandomi sovente.
    In grembo con la cigolante paniera,
    saliva alacremente in soffitta.

    Io, che ero ancor’ un ometto ingenuo,
    gridavo a squarciagola, scalpitavo.
    Lasciasse perdere l’enfia biancheria.
    Per una volta portasse me su in soffitta.

    Ma lei continuò a stender’ in silenzio,
    non mi sgridò, neppure mi guardò,
    e i panni lucenti volteggiavano,
    volavano frusciando su in alto.

    Non frignerei più, ma ormai è tardi,
    solo or’ vedo lei quant’era gigante –
    i suoi capelli grigi svolazzano al vento,
    scioglie il turchinetto nell’acqua del cielo.

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