Mia Lecomte


Caro XYZ

intanto qui ritrovo
l’uomo stanco
tornato sul luogo del delitto
per una sua ragione
è l’uomo col cappello nero
non si è fermato mai
a me rivolge
l’ombra che trascina
Sapessi come ti somiglia
lungo binari
gli argini le rive
schierato chi ho perduto
proprio voi che amavo

Lettere da dove (Interno Poesia Editore, 2022)

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Sheila Moscatelli


Nella prossima vita

Nella prossima vita
avremo una casa: io e te
Paola Loreto

Avremo una porta bianca da chiuderci alle spalle
finestre azzurre per far entrare gli uccelli
legna odorosa per accendere il fuoco nel camino di pietra
trasparente acqua calda nella vasca rossa

Avrò cura di te e mi sentirò al sicuro; impasterò il pane
mentre dipingerai, mi disseterai quando scriverò
il faggio del pavimento sosterrà i nostri passi
colori audaci e parole tonde ci proteggeranno dal freddo

Ad ogni risveglio affonderemo le mani nella carne. Nella terra
faremo l’amore d’estate, leggeremo lo stesso libro in inverno
salteremo nel blu attraverso le pareti, oltre il soffitto
sogneremo bambini verdi da cullare sul prato fiorito

Inedito

Guillaume Apollinaire

Automne malade et adoré
Tu mourras quand l’ouragan soufflera dans les roseraies
Quand il aura neigé
Dans les vergers

Pauvre automne
Meurs en blancheur et en richesse
De neige et de fruits mûrs
Au fond du ciel
Des éperviers planent
Sur les nixes nicettes aux cheveux verts et naines
Qui n’ont jamais aimé

Aux lisières lointaines
Les cerfs ont bramé

Et que j’aime ô saison que j’aime tes rumeurs
Les fruits tombant sans qu’on les cueille
Le vent et la forêt qui pleurent
Toutes leurs larmes en automne feuille à feuille
Les feuilles
Qu’on foule
Un train
Qui roule
La vie
S’écoule

*

Autunno malato e adorato
Morirai quando l’uragano soffierà sui roseti
Quando avrà nevicato
Sui frutteti

Povero autunno
Muori in biancore e ricchezza
Di neve e di frutti maturi
In fondo al cielo
Planano sparvieri
Sulle nixi graziose dai capelli verdi e nane
Che non hanno mai amato

Sui confini lontani
I cervi hanno bramito

E quanto amo stagione quanto amo i tuoi suoni
I frutti che cadono e che nessuno raccoglie
Il vento e la foresta che piangono
Tutte le loro lacrime d’autunno foglia a foglia
Le foglie
Pestate
Un treno
Che passa
La vita
Che va.

Alcools, 1913

Jiří Orten

Il bosco sente, di notte, il tuo fruscio, mia cara,
stormisci nella sua chioma e scorri giú dai suoi rami
con l’umido della rugiada, la tua mano silenziosa
fruga i nidi assonnati, tiepidi come il tuo grembo.

Sei tutta brividi, quando tu intoni ai fiumi
i miei versi, hai paura e un pudore ti arrosa
le spalle esili e i seni accosto ai quali aspetto
che tu me li porga alle labbra, umide di parole.

Tu non sai, non sai forse, ciò che è stato pronunciato,
tu non sai quante volte ho sospirato il tuo nome,
non sai che ti possiedo come il bosco, come l’ombra,

che si allarga ed a te non presente mi avvicina.
Ah mi sveglierò, riapriranno gli occhi i miei sogni,
con nuova gloria risorgerò dalla rovina.

La cosa chiamata poesia (Einaudi, 1969) trad. it. G. Giudici e V. Mikeš

Marco Villa


Vorrei essere un personaggio, o una figura,
come il tizio grasso con canottiera attillata
intento al suo hot dog, nominato di sfuggita
a p. 125 come dettaglio del paesaggio,
utile per caratterizzare il degrado
e la sporcizia e forse forse il calore vitale
di una Brooklyn al cambio di secolo
(cosa connoterei io? non importa);
oppure uno di quei ragazzi che corrono
solo per fare da effetto di realtà
al v. 4 di una poesia del secondo Novecento;
o la comparsa che in fondo al bancone
affoga nessuna disperazione nell’atto bellissimo
di ordinare un altro bicchiere,
e forse pensa al rapporto semplice
che lega la sua ovvia risposta al suo
ovvio fallimento…

Vorrei essere un personaggio, una figura
della morte o di un’altra vita,
vite che abitano in un gesto marginale,
dotate di profondità
ma di una profondità
tutta felicemente occupata in quel gesto
libera

ma la volontà è debole e presto
torno ammanettato, confuso,
alla mia capacità di fare del male,
e il dovere di amare.

Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. 3 (Interno Poesia Editore, 2022)

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Emily Brontë


Fall, leaves, fall; die, flowers, away;
Lengthen night and shorten day;
Every leaf speaks bliss to me
Fluttering from the autumn tree.
I shall smile when wreaths of snow
Blossom where the rose should grow;
I shall sing when night’s decay
Ushers in a drearier day.

*

Cadano le foglie cadano muoiano i fiori
lunghe le notti e brevi i giorni
mi parla di felicità ogni foglia
fluttuando dagli alberi d’autunno
sorriderò quando ghirlande di neve
fioriranno dove un tempo era la rosa
canterò quando una notte morente
incalza un più tetro giorno.

Poesie (Mondadori, 1997), trad. it. Anna Luisa Zazo

Eleonora Conti


Noi si ha l’amore

Noi si aveva l’amore
e le forme più dolci di premure,
quella rara cortesia del bombo
di nascondere baci nelle rose dei gomiti
la complicità delle lucciole
quando il buio è pece e la pace
– la sacrosanta pace – del conversare
tra pesci al crocevia degli abissi.
Noi si ha l’amore
e tutta la povertà per ardere di sogni,
le propaggini dei nostri cuori distese
a sondare terre dove l’ora si smarrisce
dove noi immuni al letargo della stagione
intrecciamo con affetto
coperte d’edera e caprifoglio
perché il sentimento non sverdisca.
Noi si avrà l’amore
e l’universo ci apparecchierà meraviglie,
di questo bene senza recinto
per non disperdere neanche un grano
fileremo la collana dei ricordi:
risate che scavano valli
e la vertigine della gioia
quando matura precipita dal cielo.

Inedito

Aleksandr S. Puškin


L’uva

Non starò a rimpiangere le rose
Appassite a una lieve primavera;
Mi è cara anche l’uva sui tralci
A filari maturata su un pendìo.
Bellezza della mia fertile valle,
Gioia d’autunno dorato,
Affusolato e diafano,
Come le dita di una tenera fanciulla.

Opere (Mondadori, 1998), trad. it. Giovanni Giudici e Giovanna Spendel

Jorge Luis Borges


El bastón, las monedas, el llavero,
la dócil cerradura, las tardías
notas que no leerán los pocos días
que me quedan, los naipes y el tablero,
un libro y en sus páginas la ajada
violeta, monumento de una tarde
sin duda inolvidable y ya olvidada,
el rojo espejo occidental en que arde
una ilusoria aurora. ¡Cuántas cosas,
limas, umbrales, atlas, copas, clavos,
nos sirven como tácitos esclavos,
ciegas y extrañamente sigilosas!
Durarán más allá de nuestro olvido;
no sabrán nunca que nos hemos ido.

*

Le monete, il bastone, il portachiavi,
la pronta serratura, i tardi appunti
che non potranno leggere i miei scarsi
giorni, le carte da gioco e la scacchiera,
un libro e tra le pagine appassita
la viola, monumento d’una sera
di certo inobliabile e obliata,
il rosso specchio a occidente in cui arde
illusoria un’aurora. Quante cose,
atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi,
ci servono come taciti schiavi,
senza sguardo, stranamente segrete!
Dureranno piú in là del nostro oblio;
non sapran mai che ce ne siamo andati.

Elogio dell’ombra (Einaudi, 1971), trad. it. F. Tentori Montalto

Francesco Brancati


A volte sono le gambe, l’incubo
è pensarle che non reggano,
lo schianto improvviso e preciso
come il movimento del ferro
irresistibile nella gola.

Eppure fa il suo meglio per sorprendere
l’illusione della vista, dire le braccia
prima che rovinino lungo i corridoi
con la pece dentro gli occhi.

Allora sono soltanto un’iride di pena,
acqua verde, mi guidano le piastrelle
del pavimento, dicono gli spazi fino
alla finestra, il respiro enorme della pineta
davanti alla camera da letto, la casa
esplosa di macerie sul finire della frase,
il gesto del bicchiere sul vassoio
poco prima della cena.

Avere un tetto, costruire un riparo,
proteggere le ossa, dire lo vedi
adesso le mani hanno smesso di tremare

inventare gli sguardi senza le parole.

Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. 3 (Interno Poesia Editore, 2022)

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