Luca Vaglio


Minuti terminali di un pomeriggio d’estate,
frontiera di occidente, cielo di nuvole scure,
di pioggia ancora lontana e potenziale,
di minerali, trentasei gradi senza respiro
nell’aria, Milano esplosa e abbandonata,

volevo andare verso il lago, ma appena
in piedi ho capito di essere troppo
stanco per guidare, sono sei ore
che il mio profilo Facebook è bloccato
e qualcuno ha comprato pubblicità
con la mia carta di credito, giorni fa
una persona, un personaggio, un vampiro
mi ha detto parole senza desiderio, pure
e feroci come quelle di chi mangia
gli altri per continuare a morire,

prigioniero di questa stasi, ora posso
soltanto sprofondare nella mia ombra
odierna, domani o tra non molto tempo
pioverà, quello che oggi non ha dimora
sarà vero, e forse potrò andare al lago.

Cosmologie (Marco Saya, 2022)

Aldo Nove


Io sono un bambino
che gioca a nascondino
con Dio, cioè con se stesso.
Sono l’adesso.

Sono l’ombra di un cipresso,
le nuvole che ne tracciano le forme.
Sono le vostre orme.
Sono ovunque camminiate.
Sono le stagioni passate
e le future.

Sono le vostre avventure.
Le vostre paure.

Io sono un bambino
che gioca a nascondino
con Dio, cioè con se stesso.
Sono l’adesso.

I poemetti della sera (Einaudi, 2020)

Ph. Dino Ignani

Amina Mehali


Les fleurs du vivre

S’il devait pleuvoir sur les océans
Pour que la liberté parle aux poissons
Pour que les vagues soignent les naufragés
Pour que les frontières ouvrent leurs mains sales

S’il devait neiger sur les oracles
Pour que les prophéties fondent en larmes
Pour que les dieux rougissent des hommes
Pour que le ciel tombe enfin amoureux de la terre

S’il devait venter sur les déserts
Pour que la solitude emporte les écorchures
Pour que les grains de folie embrassent la sagesse
Pour que les enfants oublient les mots gourmands

S’il devait pleuvoir sur les toits brisés
Pour que le froid nous resserre contre le destin
Pour que le nid se referme sur l’enfant des mammouths
Pour que les bouches essuient les rêves de la géographie

S’il devait neiger sur les forêts
Pour que l’arbre enlace les feuilles mortes
Pour que les chemins de l’ombre montent vers l’étoile
Pour que les jeux interdits courent vers la raison qui s’enfuit

S’il devait pleuvoir des perles
Pour que les yeux s’habillent de foi
Pour que les mouchoirs blancs s’envolent vers les colombes
Pour que les tristes sorts rentrent sous les bras des gens heureux

S’il devait neiger en nous
Pour que nos coeurs apprennent à rire
Pour que les morts se souviennent du soleil
Pour que les âmes brisent les chaines des corps pendus

S’il devait une fois une seule fois et plus jamais
Pleuvoir ; neiger ; venter sur les rêves des sans-passé
Pour que la tendresse abreuve les seins arides
Pour que le pain sente l’odeur des amours impossibles
Pour que la patience s’habille des fleurs du vivre.

 

*

 

I fiori della vita

Se potesse piovere sugli oceani
Così che la libertà parli ai pesci
Così che le onde si prendano cura dei naufraghi
Così che i confini aprano le loro mani corrotte

Se potesse nevicare sugli oracoli
Così che le profezie si trasformino in pianto
Così che gli dei si vergognino degli uomini
Così che il cielo finalmente si innamori della terra

Se potesse soffiare il vento sui deserti
Così che la solitudine scacci le ferite
Così che i grani di follia possano abbracciare la saggezza
Così che i bambini dimentichino le parole avide

Se potesse piovere sui tetti rotti
Così che il freddo ci rafforzi contro la sorte
Così che il nido si richiuda sul figlio dei mammut
Così che le bocche ripuliscano la geografia dei sogni

Se potesse nevicare sui boschi
Così che l’albero abbracci le foglie morte
Così che i sentieri dell’ombra s’innalzino verso le stelle
Così che i giochi proibiti corrano verso la ragione che fugge

Se potessero piovere perle
Così che gli occhi si vestano di fede
Così che i fazzoletti bianchi s’innalzino insieme alle colombe
Così che i destini tristi entrino sotto le braccia di uomini felici

Se potesse nevicare dentro di noi
Così che i nostri cuori imparino a ridere
Così che i morti ricordino il sole
Così che le anime spezzino le catene dei corpi appesi

Se potesse succedere una volta, una sola e mai più
Piovere, nevicare, soffiare sui sogni di chi non ha un passato
Così che quella tenerezza disseti i seni aridi
Così che il pane profumi gli amori impossibili
Così che la pazienza si vesta dei fiori della vita

Le pietre lievi del silenzio (Puntoacapo, 2022), cura e traduzione di Cinzia Demi

Tishani Doshi

Cell

Even if you could walk through the corridors
of your body, you would not know which rooms
to enter, which were full of stone. Inside you
there is so much water —a mountain range
in the north to stave off invaders, a desert
in the bacterial colonies of the south. Here
are city buildings, yellowed, without windows,
busy with the making of vaccines and handbags.
Here a double helix strung up the length
of your spine like a flurry of Tibetan prayer flags.
Between these outposts the messengers dart,
carrying tubes of animal hide, pigeons on their backs.
Some ride rams, some travel with consort shadows
in chariots across the skies without once stopping
to look at stars. When they arrive it is almost always
the same. They must remove their sandals and wait
by the mouth of the cave —its fold of skin,
a curtain to trap the wind. They want to tell
you the great fires are still burning, the bees
won’t give up their unions, the harvest is both
moon and autumn. You are not alone.

*

Cella

Se anche potessi percorrere i corridoi
del tuo corpo, non sapresti in quali stanze
entrare, quali siano piene di pietra. Dentro di te
c’è tantissima acqua – una catena montuosa
a nord per tener lontani gli invasori, un deserto
nelle colonie batteriche del sud. Qui
ci sono edifici cittadini, ingialliti, senza finestre,
occupati nella fabbricazione di vaccini e borse.
Qui una doppia elica infilata lungo tutta
la tua spina come una sequela di stendardi tibetani.
Tra questi avamposti sfrecciano i messaggeri,
trasportando tubi di pelle animale, piccioni sulla schiena.
C’è chi cavalca arieti, c’è chi viaggia con ombre consorti
sui carri attraverso i cieli senza fermarsi una volta
a guardare le stelle. Una volta arrivati è quasi sempre
lo stesso. Devono togliersi i sandali e aspettare
all’ingresso della grotta – la sua piega di pelle,
una tenda per intrappolare il vento. Vogliono dirti
che i grandi fuochi bruciano ancora, le api
non rinunceranno alle loro unioni, il raccolto è sia
luna che autunno. Tu non sei sola.

Un dio alla porta (Interno Poesia Editore, 2022), cura e traduzione di Andrea Sirotti

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Ph. Jonathan Self

Lucia Brandoli

Oggi non volevo che partissi.

Sabbia sempre sabbia era,
gli ombrelloni dello stesso
colore indefinito, calmo il Sole, corde
in fila a definire dubbie appartenenze,
scogli a limitarne l’orizzonte –
sembravano comparse.
Il tempo derubato
da ogni fioca prospettiva.

“Non partire”, non dicevo.

Tutto, cieco, minacciava
la disgregazione e io sforzavo
i miei discorsi per tenere viva
l’attenzione del tuo sguardo –
una parola ancora –
azzurro pietra nel mio fondo
buio. Duro, carsico,
lo spiraglio in cui mi infilo
quando come goccia intera
scendo nel tuo mondo,
senza rinunciare al cielo.

Sei restato.

Dittico dell’acqua (Industria & Letteratura, 2022)

Cinzia Demi

l’ultima è un giardino
che mai sarà uguale
alle forme dipinte
degli abbracci alle
parole della terra
che si apre e geme

non una finzione
ma un tesoro lieve
che muove e riposa
nel sacro dell’impronta
dove si uniscono i segni
e passa il filo dalla cruna

La causa dei giorni (Interno Libri Edizioni, 2022), prefazione di Giovanna Rosadini

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Quincy Troupe


Sonic Fireflies

the beauty of jazz & blues voices,
syncopation of syllables flowing
free form through improvising sentences
sluicing, embracing, metaphors glowing
eyes in the dark are words imitating
fireflies pulsating bright in a black sky
are gleaming eyes of a prowling black panther
suddenly clicking on bright as flashlight beams
under moon rays probing hidden places
isolated mysterious somewhere
deep in a buzzing alive countryside

 

(Quincy Troupe. Originally published in Poem-a-Day on February 23, 2021, by the Academy of American Poets.)

 

Lucciole sonore

la bellezza di voci jazz e blues,
il sincopare di sillabe fluisce
forma libera nell’improvvisare frasi
scorrono, abbracciano, metafore brillanti
occhi nel buio sono parole che imitano
lucciole pulsanti vita in un cielo nero
sono gli occhi chiari di una pantera furtiva
che all’improvviso si accendono come torce
sotto i raggi di luna a sondare luoghi nascosti
isolati misteriosi da qualche parte
dentro una campagna vibrante vita

 

Traduzione di Stefania Zampiga

Foto di Chester Higgins

Ludmila Dyachenko


Книжка кафки на підтримку абсурду останніх тижнів,
Келихи з вином на підтримку вчорашнього свята.
Трохи важко – в очі правді та вигадці книжній:
І наша історія мов зранку ковдра зім’ята.

«За майбутнє», – ти кажеш, піднявши руку й кивнувши до шибки,
За якою квадрати та еліпси простору і німоти.
І рентген на душі не показує, чого вона дибки
Уже поспіль кілька років. Можеш вгадати – розумна ж – ти.

Що їй треба? що їй легко у шибках і ковдрах не сидиться?
Що вона чужі сушені весла складає в туман?
Перспектива злітає з очей, як із рук зголодніла птиця…
Так що завтра, і тиші, і кафки, і птиці нема…

*

Un libro di kafka supporta l’assurdo delle ultime settimane,
bicchieri di vino supportano la festa di ieri.
Un po’ difficile guardare negli occhi la verità e l’invenzione letteraria:
e la nostra storia è come una coperta sgualcita al mattino.

“Al futuro”, – dici, sollevando la mano e omaggiando la finestra,
dietro cui ci sono quadrati ed ellissi di vastità e di mutezza,
e i raggi X all’anima non mostrano come mai abbia la pelle d’oca
ormai da tanti anni. Puoi intuirlo – tu sei intelligente.

Che le occorre? Perché le è facile non posarsi su finestre e coperte?
Perché ripone nella nebbia remi asciutti altrui?
La prospettiva vola via dagli occhi, come dalle mani un uccello affamato…
Cosicché domani non c’è né il silenzio, né kafka, né un uccello…

Traduzione di Paolo Galvagni

Ada Negri


Cielo di giugno, azzurra giovinezza
dell’anno; ed allegrezza
di rondini sfreccianti in folli giri
nell’aria. Ombre, ombre d’ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere,
vive al mio sguardo più dell’ali vere.
Traggon dal nulla, scrivendo con nulla
parole d’un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.

Poesie e prose (Mondadori, 2020)