Le cicale e il grido del cielo
Sei la colonna sonora dell’estate
però non ti ho mai vista in faccia.
Pratichi il mimetismo e se qualcuno
si avvicina al tuo ricovero
taci di colpo, per sottrargli traccia.
Il tuo rumore è rauco, lento,
cadenzato; quasi raspassi il sole
in un giorno ideale da bucato.
Ché appena arriva l’ombra
il tuo tamburo ammutolisce,
le lamine vibranti giacciono inerti:
il paesaggio non respira più,
grido del cielo che svanisce.
Quella sgradita sinfonia
che sgorgava dalla terra screpolata
martellando il cervello
nell’ora più accaldata,
ora mi manca. Il tuo silenzio
pare un avvertimento:
l’ombra ha trionfato sulla luce
e si riaffaccia lo sgomento.
Animali in versi (Einaudi, 2016)
Ph. Dino Ignani
Nove su dieci di quelli che oggi chiamiamo poeti, tra qualche anno ne avremo dimenticato perfino il nome (anacoluto intenzionale). Quasi tutta la poesia che si pubblica oggi in Italia è pronta per il macero. Si è persa qualsiasi cognizione e consapevolezza di che cosa sia il lavoro letterario. Giancarlo Pontiggia riflette su questo fenomeno in Nuovi dialoghi sulla poesia (Amos edizioni). Condivisibile quasi tutto ciò che scrive. Mente e cuore si allargano e respirano se si pasa a leggere la poesia di altre lingue, soprattutto spagnolo, inglese e tedesco. Ma anche francese.