Natalia Ginzburg

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Memoria

Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
Comprano cibo e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
a guardare il suo viso per l’ultima volta.
Se cammini per strada, nessuno ti è accanto,
se hai paura, nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra,
e guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c’era la sua voce serena;
e allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre;
e deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

 

 

Memoria fu pubblicata nel dicembre del 1944 sulla rivista «Mercurio».

Gianni Montieri

Un castoro sulla Martesana, una scritta
Basta sgomberi sul muro fuori da MTV
falci e martelli che nemmeno a Sesto
una linea ideale di cucine illuminate

più di quest’acqua che da dove viene
e dopo il Viale, dopo Greco dove andrà
oppure io e il cane che non sappiamo
come prenderci, come rincorrerci

confonde Milano, pare la felicità
questa cosa che viene lentamente
insieme a un tizio in bicicletta rossa
al fiume appena scuro, all’umidità.

Ampi margini (LiberAria, 2022)

Ph. Anna Toscano

Jaime Siles


Il luogo della poesia

Non sta il poema
nelle tenebre oscure del linguaggio
ma in quelle della vita.
Non sta nelle perfezioni del suo corpo
ma nelle emorragie della sua ferita.
Non sta là dove credevamo che ci fosse
né è immagine unica né fissa.
Sta là dove fugge quel che amiamo:
sta nella sua partenza.
E’ il nostro dire addio a noi stessi
ogni volta incrociando lo stesso angolo.
E’ pagina che muove solo il tempo
con il suo inchiostro uguale ma diverso.
Il poema non sta, no, nel linguaggio
ma nell’alfabeto della vita.

Poesia spagnola del secondo Novecento (Vallecchi 2008) a cura di F. Luti

Silvia Bre


Beato il mio vicino

Beato il mio vicino che dalle sue finestre
coglie con gli occhi i fiori che io curo,
i colori che veglio dal buio della casa.
Io penso a togliere le foglie secche
a dare l’acqua ai vasi appena serve,
devo sempre patire quando un giorno
vedo che sono morti eternamente.
Per lui sono soltanto vivi, solo belli,
non ha bisogno di saperne i nomi
per imparare come amarli meglio.
Beato lui, il vicino,
che chiama il mio balcone il suo paesaggio
e che di fronte a sé tra strada e cielo
vede distintamente il mio destino.

Marmo (Einaudi, 2007)

Ph. Dino Ignani

Patrizia Cavalli


Era lì senza bene e senza male
aspettava il bene e il male,
aspettava nella stasi
bene o male calcolava
quanto tempo le restava
come rompere l’attesa
di questo persistere
in un’idea stanziale
che vuole sistemarsi in penitenza
eterna paura di esistere, pure
sapeva di non essere immortale.

Vita meravigliosa (Einaudi, 2020)

Ph. Dino Ignani

Antonio Lillo


Le parole sono fatti, mi accusa una lettrice.
Sono i fatti e le parole a dichiararti
per quello che tu sei, e non il bianco
riversato fra le righe. Io sarei contrario
alle donne: ogni mia parola lo dimostra.
E in una poesia leggevo un verso di Bordini
le donne essendo meno importanti
vengono sempre per ultime. Ripensandoci adesso
quella persona direbbe: Bordini odiava
le donne. La poesia è un’arma pensata
caricata e lasciata alla mercé di chi passa.
Non capita, verrà puntata anch’essa contro di te.

Mal di maggio (Samuele, 2022)

Juan Arabia


Carcassonne

El único castillo construido
hacia el horizonte es el de los pájaros.

El otro es el refugio de los pobres
que siempre exigieron autoridad

representando el teatro de la criadas
en las voces ocultas del atardecer.

El trovador mojaba su pan
en todas las fuentes, en tabernas ocultas,

bebía de ese otro campo,
sustancial como el excremento de un rey.

*

Carcassonne

L’unico castello costruito
verso l’orizzonte è quello degli uccelli.

L’altro è un rifugio per i poveri
che sempre esigono autorità

mettendo in scena il teatro delle cameriere
nelle voci nascoste della sera.

Il trovatore inzuppava il pane nelle fontane,
nelle taverne più nascoste,

beveva da quell’altro campo,
prelibato come la merda dei re.

Verso Carcassonne (Raffaelli Editore, 2022), versione in italiano di Mattia Tarantino

Vincenzo Cardarelli


Estiva

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore
ci si risveglia come in un acquario
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramento e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.

Poesie (Mondadori, 1942)

Christian Tito


«Fai il bene e dimentica»
ha detto Silvia
e Silvia davvero fa il bene
poi, davvero, dimentica

se penso a quanto bene
a cosa è il bene
a dov’è che io l’ho visto

e se penso a quanto male
dentro il male
dentro Cristo

«nessuno è solo buono»
nessuno è solo
solo.

C’è un fuoco da portare (Pietre Vive, 2022)

Ph. Donatella D’Angelo

Franco Marcoaldi


Le cicale e il grido del cielo

Sei la colonna sonora dell’estate
però non ti ho mai vista in faccia.
Pratichi il mimetismo e se qualcuno
si avvicina al tuo ricovero
taci di colpo, per sottrargli traccia.
Il tuo rumore è rauco, lento,
cadenzato; quasi raspassi il sole
in un giorno ideale da bucato.
Ché appena arriva l’ombra
il tuo tamburo ammutolisce,
le lamine vibranti giacciono inerti:
il paesaggio non respira più,
grido del cielo che svanisce.

Quella sgradita sinfonia
che sgorgava dalla terra screpolata
martellando il cervello
nell’ora più accaldata,
ora mi manca. Il tuo silenzio
pare un avvertimento:
l’ombra ha trionfato sulla luce
e si riaffaccia lo sgomento.

Animali in versi (Einaudi, 2016)

Ph. Dino Ignani