chissà se sono
abbastanza bella per te
o se sono bella e basta
cambio ciò che indosso
cinque volte prima di vederti
domandandomi quali jeans rendano
il mio corpo più allettante da spogliare
dimmi
c’è qualcosa che io possa fare
per farti pensare
lei
lei è tanto straordinaria
da far dimenticare al mio corpo di avere ginocchia
scrivilo in una lettera e indirizzala
alle parti di me più insicure
la tua sola voce mi porta alle lacrime
il tuo dirmi che sono bella
il tuo dirmi che basto
The sun and her flowers. Il sole e i suoi fiori (Tre60, 2018), trad. it. A. Storti
L’insensato senso d’un possibile abbandono, il confronto esterrefatto per la possibile sconfitta, la fissazione coatta del pensiero tempestato a sangue all’apice dell’innamoramento. Rivisitazione ideal/pratica di specifici momenti diurni/notturni dell’esistere, se si esiste: vallo a sapere. Allora, eccoli i sogni ad occhi aperti, classici, ripetitivi, noiosi perfino per quel tratto di vita, ma quale vita? nomata ‘adolescenza’. Che non vuol dir nulla, ma significa tutto il mondo in tal preciso momento, nel senso di tempo soffocabile, da far sparire alla svelta, per uscire, finalmente, da quella desiderata/indesiderata prigione. Meglio quella vera, reale, la prigione che normalmente ci tiene incatenati e ci trascina, catene permettendo, fino a scarnificarci, ma pian piano, lentamente, che’ l’agonia sia lunga e pienamente goduta. Vedremo così come tutto ciò assomigli all’amplesso.
Trovo questo testo, al di là della resa estetica, fortemente legato ad un’idea maschilista di donna oggetto, desiderabile in quanto mero corpo, che si vuol adornare di vestiti attraenti per lo sguardo concupiscente maschile, Davvero una poesia diseducativa e retrograda, che non mi aspettavo da Interno Poesia