Osip Mandel’štam


Viviamo senza più fiutare sotto di noi il paese,
a dieci passi le nostre voci sono già bell’e sperse,
e dovunque ci sia spazio per una conversazioncina
eccoli ad evocarti il montanaro del Cremlino.
Le sue tozze dita come vermi sono grasse
e sono esatte le sue parole come i pesi d’un ginnasta.
Se la ridono i suoi occhiacci da blatta
e i suoi gambali scoccano neri lampi.

Ha intorno una marmaglia di gerarchi dal collo sottile:
i servigi di mezzi uomini lo mandano in visibilio.
Chi zirla, chi miagola, chi fa il piagnucolone;
lui, lui solo, mazzapicchia e rifila spintoni.
Come ferri di cavallo, decreti su decreti egli appioppa:
all’inguine, in fronte, a un sopracciglio, in un occhio.
Ogni esecuzione, con lui, è una lieta
cuccagna ed un ampio torace di osseta.

Cinquanta poesie (Einaudi, 1998), a cura di R. Faccani

Franco Fortini


Lontano lontano si fanno la guerra.
Il sangue degli altri si sparge per terra.

Io questa mattina mi sono ferito
a un gambo di rosa, pungendomi un dito.

Succhiando quel dito, pensavo alla guerra.
Oh povera gente, che triste è la terra!

Non posso giovare, non posso parlare,
non posso partire per cielo o per mare.

E se anche potessi, o genti indifese,
ho l’arabo nullo! Ho scarso l’inglese!

Potrei sotto il capo dei corpi riversi
posare un mio fitto volume di versi?

Non credo. Cessiamo la mesta ironia.
Mettiamo una maglia, che il sole va via.

Tutte le poesie (Mondadori, 2021)

Silvia Rosa


È quel gesto che resta sospeso a metà,
la dirittura d’arrivo di un progetto
per un niente mancata, il filo di capelli
appeso come un sonaglio reattivo
al primo dente del pettine,
la velatura di madreperla che omette
le evidenze familiari del corpo, precisamente
è questa la dolenza che lasciano in sorte
quelli che se ne vanno, di spalle:
si avventurano dentro un budello argenteo
di zinco e fosfeni, fino a un risucchio lattiginoso
di luce, non sentono i nostri richiami
a voltarsi, a rientrare, oltre le soglie
di vetroresina da cui li osserviamo
perdere consistenza, diventare ricordi.

Dove ritrovare le loro orme di odori,
le ragioni della distanza, i loro commiati?

Tutta la terra che ci resta (Vydia, 2022)

Vera Pavlova

vera-pavlova

Leggere il mio nome sulla busta
e ricordare chi sono
leggere il mio indirizzo sulla busta
e ricordare dove sono
leggere nome e indirizzo del mittente
e ricordare che c’è qualcun altro
strappare la busta e leggere la lettera
-Pavlova, fermo posta.
-No. Non c’è nulla.

 

La nuova poesia russa (Crocetti, 2003), a cura di P. Galvagni

J. Rodolfo Wilcock


Come ogni re si fa una reggia nuova
ognuno deve costruirsi una morte
per sé e per i suoi cari.

Un padiglione di diporto o caccia,
un mare verde senza avvenimenti
o un luogo di penitenza.

Nessuno tollera la decomposizione
dell’anima che non si può pensare
fuori dal corpo vivo.

Tessuta di materia e di parole
dove vai, così fragile e labile,
anima quando muori?

Poesie (Adelphi, 1980)

Damiano Andriolo

 

L’ultima candela

È sera.
La fioca luce dell’ultima candela
proietta nella stanza
un’ombra tremula, inquieta.
Si consuma nel silenzio,
lacrime di cera scendono,
sa già che la sua ora s’avvicina.
E la fiamma s’alza, altera,
come a voler scolpire sulle pareti
ciò che resta di sé a futura memoria.
Un ultimo sussulto,
si spegne, e un fil di fumo
s’alza lentamente verso il cielo.

Arpeggi d’autunno (Interno Libri Edizioni, 2022)

Vicki Feaver

Home Is Here, Now

after Philip Larkin

Home is here now
at this table with its gouged
and scratched wood

where I’m peeling
an orange – the spray
from the zest sending

shivers up my nose,
and the bright rind
falling in a long curl.

It’s the quiet time
at the end of the day:
no bird song, no wind;

just my in-and-out breaths
and the faint tearing of pith
parting from flesh.

*

Casa è qui, ora

alla maniera di Philip Larkin

Casa è qui ora
a questo tavolo di legno
inciso e graffiato

dove sto sbucciando
un’arancia – lo spruzzo
della scorza mi fa

fremere il naso,
e la buccia lucida
cade in lunghe spirali.

È l’ora tranquilla
alla fine del giorno:
senza canto d’uccelli, né vento;

solo il ritmo del mio respiro
e lo strappo leggero della pellicina
che si stacca dalla polpa.

 

La fanciulla senza mani e altre poesie (Interno Poesia Editore, 2022), cura e traduzione di Giorgia Sensi

 

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Fabrizio Miliucci


I libri

I libri
riardono
più di una voce

non sono altro da sé
non vanno avanti senza pause,
i libri possono soffocare animali di tutte le taglie: stai attento ai libri.
Quando provi a nuotare nei libri
ogni parola
appare più lucida che nella realtà
perché nella realtà non esistono i libri.

Pensavo di essere solo uno sconfitto
e affollavo le case
di labirinti
di libri
per nascondermici dentro.
Ho comperato scaffali per lunghezze interminabili
e li ho riempiti di ninnoli e di libri
ma alla fine non avevo più sangue nelle vene.

Non ho potuto fare altro che inaridire
mentre leggevo le tue storie sui libri
e non ho potuto fare altro che convertirmi
allʼinutile presenza di me stesso
guardando nello specchio della pagina.

Ci sono dieci pause che valgono
in una vita intera
dieci vuoti
dieci spazi non scritti.

 

Saggio sulla paura (Pietre Vive, 2022)

Paul Celan

celan

Già sono posati i cavi
per collegare la felicità
dietro di te
e le sue ben munite
linee d’emergenza,

nelle città ausiliari,
rivolte a te,
dove a spruzzo diffondono
generatori di salute,
delle melodiche antitossine
annunciano
lo sprint finale
attraverso la tua coscienza.

 

Luce coatta e altre poesie postume (Mondadori, 1983), trad. it. G. Bevilacqua

H.C. Artmann

O morte, maestra oscura
elisir di amaro fiele
dio, fiocinatore immigrato
luna dai mille occhi ciechi
nano di rose in agguato
torre di ragni, aracne
punto di una vita detronizzata
morte, maestra nera
ascoltaci ascoltaci
risparmiaci
le tue dure bare
i tuoi denti, che frangono il cervello come vetro
o morte, maestra oscura
non infrangerci come vetro…
o morte maestra oscura
mandibola spalancata
terra greve di sconforto
becco informe di ratto
carne verminosa
pasto immondo di semi, conchiglia vuota
sole di cenere bagnata
o morte, maestra nera
ascoltaci ascoltaci
risparmiaci
le tue bare piagate
i tuoi denti che come vetro frangono il cervello
o morte, maestra oscura
non infrangerci come vetro…

Luci Lune Luoghi – Antologia della poesia austriaca contemporanea (Marcos Y Marcos, 1999)