
Ph. Dino Ignani
Spergiuro
Perché giurare
e poi non tener fede
al giuramento?
Perché fare promesse
e tradirle in segreto?
Basta poco a
comprarti basta qualche
regaluccio e sei pronta
a spergiurare. «Non contaminare
la bellezza con l’oro!». Quante volte
te l’ho detto abbracciandoti?
Tu giuravi: «Per niente
al mondo venderei
la fedeltà né per denaro
né per gemme neppure
se l’agro Falerno o l’intera
Campania fertilissima
mi fosse offerta in dono».
Io ti credevo.
Che cosa non avrei
creduto? che le stelle
non brillano? che il fulmine
non ha fuoco? Anche questo.
E cosa non ho fatto
finché ho creduto che
potessi amarmi!
Quando accesa d’un nuovo
amore soffrendo mi pregavi
d’aiutarti non l’ho fatto?
Perché nessuno
vi udisse in piena notte
quante volte ho vegliato
i vostri amori? E quante
volte quando più non speravi
di vederlo per merito mio
t’ha raggiunta? Credevo
che per questo di più
potessi amarmi come
giuravi ma era inganno
il giuramento. E piangevi
perfino! E ti cantavo
con versi ardenti. Ardesse
Vulcano stesso quei versi
che non meriti. Vattene!
Se puoi vendere ogni
parola ogni tuo gesto
per profitto, se puoi
fare ad altri le stesse
carezze dare ad altri
gli stessi baci, se
puoi piangere per altri
nell’amore, non voglio
non posso amarti
più.
Ciao Franceco,
dopo tanti anni ti ho rivisto per caso sul web a una commemorazione di Carlio Bordini. L’ho cpnosciuto nel 1976 più o meno in quell’anno, quando da Radio città futura, insieme alla sua compagna d’allora, Ivana Nigris, invitava i poeti “nascosti” a tirare fuori le proprie poesie dal cassetto. Aveva formato insieme a Renzo Paris in gruppo di lettura “Poesa nel movimento”. Ne feci parte e pubblicammo un libricino a nostre spese nel 1977. Ti trascrivo uno dei suoi frammenti pubblicati lì:
Una persona amo sopra tutte le altre
amo sconfinatamente me stesso
non sono chi credete
questo è un nome che
mi hanno appiopato
non so chi sono
comunque mi amo..
Quanto a me, ho vissuto tre “stagioni” di poesia. La prima fu quella, la seconda la passai congruppi eterogenei, leggendo e organizzando letture nei pub romani.
La terza è stata quella con Luigi Amendola e Versicolori. La più bella.
Mi piaceva e mi piace il tuo modo di fare poesia, diverso dal mio. Tu scrivi, se posso permettermi, guardando la vita da lontano, un po’ come quei versi di Attilio Bertolucci:
“……Mi sono appoggiato al granito come fanno quelli
che vegliano sulla propria vita o morte usando
un’intenta pazienza….”
Quanto a me, ho sempre” aggredito” i versi, come per scrivere in autodifesa.
Ciao
Tonino Valentini