Porto parole
Porto parole alla tua gola,
una madre ad imboccare
un figlio primo
Temo – che la abbia vinta la fame –
Persisto alla finestra; già aperta
alle arie delle sere serene e mute.
Le mani alla tua bocca le porto ogni giorno
Parole ritornano dall’amore e dalle piogge allegre e distanti.
E la fame
la loro fame permane alla fine del linguaggio.
Le parole da madre a figlio in poesia sono poco frequenti, e sono originali queste, dedicate a un figlio bambino. Reso molto bene il ritmo e il gesto dell’imboccare (cucchiaino, aaammm, piano piano, sguardo alla finestra, respiro , cucchiaino…), un lavoro segreto e irripetibile, seminale, uno dei passi che costruiscono la nostra relazione con gli altri. Dopo versi economici e contenuti, con un tocco di ironia (“che la abbia vinta la fame”) la parola “linguaggio” suona come un tecnicismo fuori posto, una chiusa un po’ frettolosa a un componimento coraggioso.
Bella, complimenti.