Sonetti, XIII
Aventuroso carcere soave,
dove né per furor né per dispetto,
ma per amor e per pietà distretto
la bella e dolce mia nemica m’ave;
gli altri prigioni al volger de la chiave
s’attristano, io m’allegro: ché diletto
e non martìr, vita e non morte aspetto,
né giudice sever né legge grave,
ma benigne accoglienze, ma complessi
licenzïosi, ma parole sciolte
da ogni fren, ma risi, vezzi e giochi;
ma molti baci, dolcemente impressi
ben mille e mille e mille e mille volte;
e, se potran contarsi, anche fien pochi.
Versi d’amore (Interno Poesia Editore, 2020), a cura di Lucia Dell’Aia
Che meraviglia e che modernità! Il penultimo verso è un miracolo di adeguamento della lingua a un’intuizione folgorante: l’incalcolabilità del piacere. Genio!
Lettrici, alzi la mano quella che non ha simpatia per l’Ariosto, nostro amico, difensore e qui festoso amante.