
Ah, non vedo più nulla, il povero orecchio è sordo,
di tutti i colori mi resta il minio e la rauca ocra.
Ho cominciato a sognare le mattine armene: vediamo,
mi son detto, che fa la cinciallegra a Erivan’,
come si china il panettiere giocando a moscacieca
con il pane, e toglie dal forno l’umido lavaš.
Ah, Erivan’, Erivan’! È stato un uccello a disegnarti,
ti ha colorato il leone dell’astuccio coi pastelli?
Ho unto questa vita assurda come un mullah il suo corano,
ho raggelato il mio tempo, non ho versato caldo sangue.
Ah, Erivan’, Erivan’! Non mi serve più nulla,
non voglio la tua uva congelata!
Viaggio in Armenia (Adelphi, 1988), a cura di S. Vitale