Alfonso Gatto

L’erba

L’erba, il silenzio, il muovere dell’ombra
soli, nel pianto tuo della mattina,
l’erba, il silenzio, il muovere dell’ombra
e gli steli del vento. Il tuo sollievo
è di vederti calma nell’attesa
ch’io giunga da lontano, il tuo riposo
è la speranza d’incontrarci a sera
per caso in un inverno.
Lasciarti per sparire,
per essere il tuo cielo dove guardi
senza rimorsi, avere il tuo rimpianto,
la tua memoria, le tue mani vuote…
Forse è più dolce piangermi che avermi.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2017)

Giuseppe D’Abramo


Tassidermia umana

la vita – così com’è – ha un sapore di quasi niente
e alla fine ci si limita soltanto ad attendere qualcosa
scivolando tra lo schifo degli scarti altrui: sorriso
tagliato nella gomma della faccia,
sguardo da demente alla luce di un sole bastardo,
mentre le dita accarezzano i contorni di improbabili miti
come fiammelle a fermo immagine; da qualsiasi parte ti volti
questo insensato moto delle cose nel suo rovescio
di inerzia spaventevole sgocciola
sotto il decubito vetroso della tua anima piegata all’indietro
dall’attrito della finzione
e dappertutto un vuoto neutrale, inespugnabile,
tiene insieme i pezzi.

Mo Mo

Lunghissimo balletto

Le foglie nell’aria mettono in scena
un intero balletto
faccio la doccia sotto la luna
tocco nei impercettibili
proprio come la luna, la luna ora è proprio luna
luna piuttosto aristocratica, aria piuttosto aristocratica
tutto il mio corpo è lacrime
singhiozzante notte, stanotte sei lontana
i tuoi lunghi capelli davanti al ventilatore
danzano spietati per uno specchio sconosciuto
la casa è sulla terra
la casa è canto funebre nel balletto
la casa del mio corpo è tutta lacrime
come vorrei tornare al torrente montano
agitare leggero il ventaglio di piume,
aspettando che si schiudano i fiori di pero
è così lunga l’estate

 

Nuovi poeti cinesi (Einaudi, 1996)

Heinz Kahlau


Se non ci sei

Se non ci sei,
ho sempre
quel che hai detto
e ho il tuo volto.

Delle tue parole
conservo più a lungo
quelle sommesse.
Quasi soltanto il loro suono,
il loro carezzare.
Poi ci sono quelle
che fanno male,
– difficili da dimenticare.

Dei colloqui rimarrà
solo quanto era nuovo per noi.
Dove i pensieri si incontravano.
Lì il tono della tua voce è
poco femminino,
molto umano.

Non si può dimenticare il tuo volto.
A volte è la vicinanza a farci dimenticare
la bellezza.

Rivista Poesia n. 326 (Maggio 2017), trad. Gio Batta Bucciol

Chandra Livia Candiani


La libreria

Sono i miei libri
le parole
che di notte sussurrano
da sole,
ebbre
vagano su un’aria delicata,
di carta,
fruscio di versi
frastuono del vocabolario,
se anche bruciano
i personaggi dei romanzi
restano le reti delle mani
che si tendono
verso uno studiato mondo
che ora senza orizzonte trema
percorsi di silenzi, battiti.
Non sono madre
né padre
ma un elenco
di legno e vuoto
che sorregge
numerata prole
nel guscio di noce
di un pensiero solo,
organino che suona notturni
nel colloquio
di silenzi.

 

Fatti vivo (Einaudi, 2017)

Thierry Metz


Elle è amoureuse
mais retenue dans la lumière
avec moi
par un silence
don’t je ne sais rien
sinon qu’il sera le seul
après nous
encore en vie.

 

Tel que c’est écrit (L’Arrière-Pays, 2012)

*

 

Lei è innamorata
ma trattenuta nella luce
con me
da un silenzio
di cui non so nulla
se non che sarà il solo
dopo di noi
ancora in vita

 

Traduzione di Mia Lecomte

Roger Robinson


A Portable Paradise

And if I speak of Paradise,
then I’m speaking of my grandmother
who told me to carry it always
on my person, concealed, so
no one else would know but me.
That way they can’t steal it, she’d say.
And if life puts you under pressure,
trace its ridges in your pocket,
smell its piney scent on your handkerchief,
hum its anthem under your breath.
And if your stresses are sustained and daily,
get yourself to an empty room – be it hotel,
hostel or hovel – find a lamp
and empty your paradise onto a desk:
your white sands, green hills and fresh fish.
Shine the lamp on it like the fresh hope
of morning, and keep staring at it till you sleep.

*

Paradiso Portatile

E se parlo di Paradiso,
allora sto parlando di mia nonna
che mi disse di portarlo sempre
sulla mia persona, nascosto, così
che nessun altro sapesse tranne me.
Così non riescono a rubartelo, diceva.
E se la vita ti mette sotto pressione,
traccia i suoi crinali in tasca,
senti il suo profumo di pino nel fazzoletto,
canticchia il suo inno sotto al respiro.
E se hai stress forti e quotidiani,
vattene in una stanza vuota- albergo,
ostello o capanna- trova una lampada
e svuota il tuo paradiso su un tavolo:
le tue spiagge bianche, le verdi colline e il pesce fresco.
Fai risplendere la lampada come fresca speranza
del mattino, e continua a fissarlo sino a che non dormi.

Traduzione di Stefania Zampiga

Luciano Cecchinel

madre perduta

lontana oscura madre
per lungo latte
di strane cantilene
in me come in mancato grembo
quante vite fuggite
nell’assonnato limbo
di tante altre
tinnenti ninnenanne

dietro a te, madre
che ora torni da oceani di bruma,
con la bandierina
e la tenera assidua cantilena:
my country ‘tis of thee,
grand land of liberty

per i lampi di vene deflagrate,
madre perduta e oscura,
dove ancora, spasmodiche comete,
vite perdute
si sfanno incandescenti in stelle
come dentro gli occhi a fessura
le tue pupille
accese, dilatate

 

Lungo la traccia (Einaudi, 2005)