Edoardo Albinati


La mia compagna vuol diventare un’altra
superando ogni limite, non mangia, non dorme
sogna che la vengano a prelevare
spezzando i ferri in un colpo
s’è inventata un nome nuovo
da peccatrice, col giuramento
fanatico di darsi la morte
se non manterrò le mie promesse.
Ho esitato un secondo prima di risponderle
per questo non mi parla più
e piange tutto il giorno:
il mare è torbido, le onde
ancora lo smuovono dal profondo.

 

Sintassi italiana (Guanda, 2002)

Biagio Marin


Quanto più moro
presenza
al mondo intermitente
e luse che se spenze, de ponente
tanto più de la vita m’inamoro.
E del sol rîe che fa fiurî l’avril
e del miel che l’ha in boca,
la prima neve che za fioca
sia pur lenta e zentil.
Melodioso l’andâ per strà
de l’anca mola nel menèo
che ondesa comò fa ‘l canèo
nel maistral disteso de l’istà.
Musica in ela
e in duta la persona
che duta quanta sona
de quela zoigia che m’insiela.
Quela musica duta la me intona
la fa de me corente d’aqua viva
che in mar se perde senza riva
e solo el perdimento la ragiona.

 

*

 

Quanto più muoio
nel mondo
presenza intermittente
e luce che si spegne, da ponente
tanto più nella vita m’innamoro.
E del suo ridere che fa fiorire l’aprile
e del miele che ha in bocca,
la prima neve già fiocca
sia pure lenta e gentile.
melodioso l’andare per istrada
nell’ondulare dell’anca molle
che ondeggia come fa il canneto
nel maestrale disteso dell’estate.
Musica in lei
e in tutta la persona
che tutta quanta suona
di quella gioia che mi inciela.
Quella musica tutta mi intona
fa di me corrente d’acqua viva
che si perde in mare senza rive
e solo il perdimento suo ragiona.

 

Poesie (Garzanti, 1991)

Fabio Michieli


non sono stato ciò che ti aspettavi:
quel figlio, quel bastone che reggesse
il tuo corpo oltre il passo dell’età –

ma non fu per mancanza mia…
la vita!
fu lei a lasciarti prima del tuo tempo –

già il tuo tempo… ripeto ora a me stesso:
il tuo tempo… come fosse possibile
stabilire ogni tempo, ogni durata

come fosse possibile ordinare
al tempo qualcosa, qualsiasi cosa

(settembre 2011)

 

Dire (L’arcolaio, 2019)

Pablo Neruda

Il fiume

Io arrivai a Firenze. Era
notte. Tremai ascoltando
quasi addormentato quel che il dolce fiume
mi narrava. Io non so
quel che dicono i quadri e i libri
(non tutti i quadri né tutti i libri,
solo alcuni),
ma so ciò che dicono
tutti i fiumi.
Hanno la mia stessa lingua.
Nelle terre selvagge
l’Orinoco mi parla
e capisco, capisco
storie che non posso ripetere.
Ci sono segreti miei
che il fiume si è portato,
e quel che mi chiese lo sto facendo
a poco a poco sulla terra.
Riconobbi nella voce dell’Arno allora,
vecchie parole che cercavano la mia bocca,
come colui che mai conobbe il miele
e sente che riconosce la sua delizia.
Così ascoltai le voci
del fiume di Firenze,
come se prima d’essere mi avessero detto
ciò che ora ascoltavo:
sogni e passi che mi univano
alla voce del fiume,
esseri in movimento,
colpi di luce nella storia,
terzine accese come lampade.
Il pane e il sangue cantavano
con la voce notturna dell’acqua.

 

L’uva e il vento – Poesie italiane (Passigli, 2004)

Milazim Krasniqi

Articolazione con frattura

Il risveglio alle ore 2 e 55 per esempio
È peggio di un attacco epilettico
Che ti può colpire dentro un bosco oscuro
Attraverso i binari complicati della mente
Decine di vagoni di visioni si succedono
Per esempio
Qualcuno conta da dieci a uno inutilmente
L’Europa di Carl von Trir affonda nell’acqua
Guanti neri stringono la gola di un bambino
Una donna sul balcone raccoglie i panni asciutti
O dio che donna sexy quando inizia a spogliarsi
Nuda fa segni con la mano
L’acqua torbida assale il ponte di legno
Un verso si contorce tra le pieghe dell’ispirazione
E si sforma come creta
Sulla porta il bussare si fa assordante per la mente
La vita intera sbatte e si frantuma come vetro
Mentre le lancette si muovono con pigrizia
Come un’articolazione con frattura in clinica

 

Poesie dal Kosovo (Besa, 1999), trad. it. D. Giancane

Donatella Bisutti


Tu che con braccia severe
mi allontanavi
e mi atterrivi con storie di fantasmi
ora t’affacci timida da sopra il muro
per timore di essere scacciata.
Nevica
e i tuoi piedi freddi in una
vaga foschia lasciano impronte.
Inconsolata mi tendi
la mano, ché la speranza è anche dei morti.
Così madre bambina percorri i viali
tu che dominavi, incerta,
finalmente un sorriso
sulla chiusa falce delle labbra.
Ma nevica e la giornata
volge alla sua fine – nemmeno questa volta
apportando il perdono
o l’oblio.

 

Inganno ottico (Società di poesia, 1985)

Foto di Dino Ignani

Claudio Damiani

Molte volte la vita è sofferenza,
altre volte ci sono stati dei mattini luminosi,
dei risvegli, c’era nebbia e si saliva
come su strade di montagna
dove il cielo era sempre più azzurro
e si sentiva come una chiamata, un appello,
come se tutti fossimo chiamati in un punto
verso quelle nuvole, al di là di loro
e c’era poi una donna, non saprei dire chi fosse,
se piangeva o sorrideva, una donna
che piegava il capo con dolcezza.

 

Endimione (Interno Poesia, 2019)

Maria Borio

Farnese

La finestra a una luce dice non immaginate,
appoggiatevi alla parete come fosse una strada.
La schiena nuda non ha più freddo. Ecco le cose
che ci abitano: il vetro trasparente, il muro opaco,
noi per le cose, una strada curva sul muro,
il muro dentro vene lenticolari. Tutto batte
come bronzo sul deserto: è innocenza
che muove la testa. Mi abiti così, come il giorno
sulla piazza che Giordano Bruno era quel piccolo
fuoco di tutti. Ti abito come il suono che si stacca
tra i palazzi incastrati, la campanella sul muro duro
caldo come un liquido muove la testa.

 

Trasparenza (Interlinea, 2019)

Foto di Dino Ignani

Ted Hughes

Il falco appollaiato

Siedo sul tetto del bosco, a occhi chiusi.
Inazione, nessun sogno falsificatore
tra l’uncino della mia testa e quelli delle mie zampe:
oppure nel sonno ripeto stragi perfette e mangio.

La comodità degli alberi alti!
La forza ascensionale dell’aria e i raggi del sole
sono a mio vantaggio;
e la faccia della terra arrovesciata si lascia ispezionare da me.

Le mie zampe serrano la ruvida corteccia.
Ci è voluta tutta intera la Creazione
per produrre questa zampa, ciascuna delle mie penne:
e ora stringo la Creazione tra le zampe

o volo in alto, e la rigiro tutta piano piano –
uccido dove mi va perché è tutta mia.
Non conosce sofisticherie il mio corpo:
staccare teste è il mio stile –

distribuire morte.
Perché l’unica traiettoria del mio volo passa diretta
per le ossa dei viventi.
Il mio diritto trascende ogni argomentazione:

il sole è dietro di me.
Niente è cambiato da quando ho cominciato.
Il mio occhio non ha permesso cambiamenti.
Intendo mantenere tutto così.

 

da Poesie (Mondadori, 2008)

Erich Fried

GESPRÄCH MIT EINEM ÜBERLEBENDEN

Was hast du damals getan
was du nicht hättest tun sollen?
“Nichts”

Was hast du nicht getan
was du hättest tun sollen?
“Das und das
dieses und jenes:
Einiges”

Warum hast du es nicht getan?
“Weil ich Angst hatte”
Warum hattest du Angst?
“Weil ich nicht sterben wollte”

Sind andere gestorben
weil du nicht sterben wolltest?
“Ich glaube
ja”

Hast du noch etwas zu sagen
zu dem was du nicht getan hast?
“Ja: Dich zu fragen
Was hättest du an meiner Stelle getan?”

Das weiß ich nicht
und ich kann über dich nicht richten.
Nur eines weiß ich:
Morgen wird keiner von uns
leben bleiben
wenn wir heute
wieder nichts tun

 

*

 

DIALOGO CON UN SOPRAVVISSUTO

Cosa hai fatto allora
che non avresti dovuto fare?
“Niente”

Cosa non hai fatto
che avresti dovuto fare?
“Questo e quello
questo e quell’altro:
un bel po’ di cose”

Perché non l’hai fatto?
“Perché avevo paura”
Perché avevi paura?
“Perché non volevo morire”

Sono morti altri
perché tu non volevi morire?
“Credo
di sì”

Hai ancora qualcosa da dire
a proposito di quello che non hai fatto?
“Sì: domandarti
Cosa avresti fatto tu al mio posto?”

Questo non lo so
e non posso esprimere un giudizio su di te.
So soltanto una cosa:
domani nessuno di noi
rimarrà in vita
se oggi di nuovo
non facciamo niente

Widerstand – Gedichte Verlag Klaus Wagenbach 2018

Traduzione di Daria De Pellegrini