Valerio Magrelli


Tu dormi accanto a me così io mi inchino
e accostato al tuo viso prendo sonno
come fa lo stoppino
da uno stoppino che gli passa il fuoco.
E i due lumini stanno
mentre la fiamma passa e il sonno fila.
Ma mentre fila vibra
la caldaia nelle cantine.
Laggiù si brucia una natura fossile,
là in fondo arde la Preistoria, morte
torbe sommerse, fermentate,
avvampano nel mio termosifone.
In una buia aureola di petrolio
la cameretta è un nido riscaldato
da depositi organici, da roghi, da liquami.
E noi, stoppini, siamo le due lingue
di quell’unica torcia paleozoica.

 

Esercizi di tiptologia (Mondadori, 1992)

Foto di Dino Ignani

Margherita Guidacci


Davanti a te la mia anima è aperta
come un atlante: puoi seguire con un dito
dal monte al mare azzurre vene di fiumi,
numerare città,
traversare deserti.

Ma dai miei fiumi nessuna piena ti minaccia,
le mie città non ti assordano con il loro clamore,
il mio deserto non è la tua solitudine.
E dunque cosa conosci?

Se prendi la penna, puoi chiudere in un cerchio esattissimo
un piccolo luogo montano, dire: «Qui fu la battaglia,
queste sono le sue silenziose Termopili.»

Ma tu non sentisti la morte distruggere la mia parte regale,
né salisti furtivo
col mio intimo Efialte per un tortuoso sentiero.
E dunque cosa conosci?

 

Neurosuite (Neri Pozza, 1970)

Foto di Dino Ignani

Anne Sexton


Gesù dormiente

Gesù dormiva immobile come un giocattolo
e in sogno desiderò Maria.
Il Suo pene ululava come un cane
ma Egli si rivoltò bruscamente da quella posa,
come una porta che sbatte.
Quella porta Gli spaccò il cuore
perché il Suo era un bisogno dolente.
Del Suo bisogno Egli fece una statua.
Col Suo pene per scalpello
scolpì la Pietà.
Voleva un solo e unico desiderio.
Solo questa morte, tenacemente.
Egli scolpì questa morte, alacremente.
Morì e rimorì.
Verso lei alta risalì la corrente di un tubo,
respirando acqua dalle Sue branchie.
Nuotò attraverso la pietra.
Nuotò attraverso la natura divina.
E poiché non conobbe Maria
Essi si unirono alla Sua morte,
la donna e un cruciato,
in un abbraccio finale:
fissati per sempre in quella posa,
come un centrotavola.

 

Poesie su Dio (Le Lettere, 2003), a cura di R. Lo Russo

Hans Magnus Enzensberger

La vista

Tu dici:
apro gli occhi e vedo quel che c’è
per esempio là sulla parete ‘sta donna nuda
o qui davanti ‘sta misera matita
o l’occhio che non smette di fissarmi – da ammattire
Chiudo gli occhi e vedo quel che non c’è

È così semplice
sei così facile da ingannare

In realtà sta a capo all’ingiù la realtà
anche la tua testa anche il cinema nella tua testa

Come lo sai che l’occhio si muove e l’immagine è ferma
o che l’occhio è fermo e si muove l’immagine?

Sicuro è soltanto che lo scomparso non è scomparso
e il qui davanti non è qui davanti

Tu vedi il cinema oppure il film
l’occhio oppure l’immagine

Ed ecco perché non smetti di fissare la donna nuda
che non si muove
con gli occhi sbarrati – da ammattire
la donna che non c’è
e guardi a occhi chiusi ‘sti miseri occhiali

 

La musica del futuro (Einaudi, 1997)

Franco Marcoaldi

Il peggior veleno

In sogno ho incontrato un vecchio
saggio al quale ho domandato:
“Sapresti dirmi, tra tanti
sentimenti, quello che più di ogni
altro avvelena l’esistenza?”
“Ahimé, lo spettro è ampio. Però
dovendo scegliere, per quanto
ti riguarda, direi l’ambivalenza”.

 

Il tempo ormai breve (Einaudi, 2008)

Foto di Dino Ignani

Remo Pagnanelli


Vorrei fare una lunga vacanza nella terra.
Mie notizie porterebbe il vetro del mare o qualche animale
dal mugugno impigliato nel trabocchetto del buio.
A chi volesse trasmigrerei nelle stagioni intermedie
il fresco dal mio sottocutaneo (la terra
si raffredda più presto del mare), risolto
nel minerale, spesso in simbiosi col vegetale,
assoggettato in altra specie dall’acqua che disperde,
in più sciolto da ogni esperimento di corporeità.

 

Le poesie (Il lavoro editoriale, 2000)

Francesca Del Moro


Sovraliminale

Finirà presto la stagione dei naufragi
com’è finita da tempo
quella degli attentatori islamici.

Le parate per i gay
fanno sempre arcobaleno
ma al giorno d’oggi il colore
che ci preme più di tutti è il nero.

Salvo saldi d’ideologia,
s’indossano solo pensieri
all’ultimo grido, sfilando.
Lei la chiama glossolalia.

Nell’aria deliziosamente danza
un avvelenamento lento
senza bagliore di esplosioni,
senza rilascio di gas venefici.

Günther Anders ha detto
che quando i morti sono troppi
la coscienza è incapace di rimorderti.

Così con la coscienza a posto
la sera mettiamo la testa a riposo,
le mani negate ai questuanti
gettano materiali plastici.

 

Inedito

Billy Collins

Aubade

Se vivessi nella casa di fronte a me
e fossi seduto al buio
sul bordo del letto
alle cinque del mattino,

mi potrei chiedere che cosa ci fa
la luce accesa nel mio studio a quest’ora,
eppure eccomi alla mia scrivania
nel mio studio a chiedermi la stessa identica cosa.

So che non dovevo alzarmi così presto
per aprire con un coltellino
i pacchi di giornali all’edicola
come potrebbe pensare l’uomo della casa di fronte.

È ovvio che non sono un agricoltore o un lattaio.
E non sono l’uomo della casa di fronte
che siede al buio perché sonno
è sua madre e lui uno dei suoi tanti orfani.

Forse sono sveglio solo per ascoltare
il tenue stridulo tintinnio,
del tungsteno nell’unica lampadina
che ha lo stesso suono del fruscio degli alberi.

O il mio compito è solo quello di stare seduto immobile
come il bicchiere d’acqua sul comodino
dell’uomo della casa di fronte,
immobile con la fotografia di mia moglie in cornice?

Ma ecco il primo uccello che consegna il suo canto,
ed ecco il motivo del mio essere in piedi:
per catturare la canzone di tre note di quell’uccello
e aspettare ora assieme a lui una risposta.

 

Balistica (Fazi, 2011)

Natan Zach

Per la prima volta
comincio a dubitare
di riuscire davvero a raggiungere quaggiù
ciò che dentro di me
chiamai felicità.

Non ne avevo dubitato mai.
Ma una sera vuota di desiderio

mi insinua questo dubbio nel cuore.
Dubbio che certo conobbero anche
gli scalatori di alti monti

vedendo la bianca vetta innevata
con il petto vuoto di scalata,
vuoto di monti

 

Sento cadere qualcosa (Einaudi, 2009), trad. it. A. Rathaus