Dimitri Milleri


Quando si abita il panico

Quando si abita il panico, lo sgomento,
nulla può essere pensato né agito:
la salvazione o l’abisso calano
inattesi come il bus invisibile
che traghetta a casa.

Nulla può essere pensato né agito:
suona la campana sugli arti mozzi
delle siepi, sul vento gelido,
sul compost svuotato, ci arresta
sui tris tracciati col gesso:
le cicatrici della pietra.

E quando ti chiedono- l’occhio vuoto,
le labbra secche,
la palpebra sfogliata-
che cosa hai mai, lo sai:
sai che non vogliono davvero,
che un crimine sarebbe il dire.

Quando si abita il panico, lo sgomento,
non si comprende il pianto dei parenti
sul trapassato,
come il dolore dentro un inciso.
Death shall have no dominion.

 

Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. 1 (Interno Poesia Editore, 2019)

2 pensieri su “Dimitri Milleri

  1. Grazie Dimitri, per la poesia.
    Nella mia esperienza, quando si abita il panico, tutto può essere pensato ed agito, in quanto al panico io do come significato perdere completamente la stabilità, in uno
    smarrimento simile all’innamorarsi, ma completamente privo di sentimento gioioso; si vaga smarriti, dispersi in un vuoto in cui tutto è permesso ma privo di significato.
    Per questo mio tipo di comprensione, penso che sia “il panico dello sgomento”, il protagonista principale della poesia, quindi – lo sgomento. Capisco bene?
    Ragionandoci, in effetti, quando si prova panico, è forse più un disabitare – per cui può aver senso scrivere “abitare il panico” come perifrasi di sgomento, immobilità
    attonita.
    Nel verso “sai che non vogliono davvero” il valore del verbo sapere lo collegherei a una percezione di disperazione, non a una effettiva conoscenza.
    L’ultimo verso in inglese mi è enigmatico, perché non capisco se vi è un barlume di speranza o se riafferma lo sgomento come “qualità” che vince la morte. Volevi dare
    una sfumatura di sberleffo finale al dolore stesso?
    Un saluto, ciao

Rispondi