di Rainer Maria Rilke –
Infanzia
Si dovrebbe riflettere a lungo per parlare
di certe cose che così si persero,
quei lunghi pomeriggi dell’infanzia
che mai tornarono uguali – e perché?
Dura il ricordo -: forse una pioggia,
ma non sappiamo ritrovarne il senso;
mai fu la nostra vita così piena
di incontri, di arrivederci, di transiti
come quando ci accadeva soltanto
ciò che accade a una cosa o a un animale:
vivevamo la loro come una sorte umana
ed eravamo fino all’orlo colmi di figure.
Eravamo come pastori immersi
in tanta solitudine e immense distanze,
e da lontano ci chiamavano e sfiorivano,
e lentamente fummo – un lungo, nuovo filo –
immessi in quella catena di immagini
in cui duriamo e ora durare ci confonde.
Poesie. 1907-1926 (Einaudi, 2014), a cura di Andrea Lavagetto
Poesia pubblicata il 7 marzo 2018.
Lo sfiorire dei ricordi che appaiono ancora, tuttavia labili e decoesi, all’orizzonte come un richiamo da parte di ciò che non è più. Nel ricordo l’uomo spigolatore di memorie, il randagio, il pastore, in cerca di pascoli nuovi, tentano di ravvisare quale potrà essere il loro cammino e il loro riscatto. La congerie di immagini, incontri, addii e mani che si slacciano nel saluto si pigmenta di colore liquido che sfuma e forse si perde. Lentamente fummo e l’inserimento nella sequela di immagini delle quali siamo stati parte ci offusca e ci stordisce.