Brucia il prato nel sonno. Dalle ciglia dei giunchi
s’allontanano lacrime di fuoco:
le lucciole.
Tra disegni di nubi, sulla costa
s’alza la luna.
Mani autunnali allunga su di te la mia notte
e nel cuore il sorriso ti porto dalla spuma
lucente delle verdi lucciole.
La tua bocca è uva diaccia.
Solo l’orlo sottile della luna
sarebbe così freddo
— se potessi baciarlo —
come le labbra tue.
Mi sei vicina.
Nel buio sento un palpito di palpebre.
I poemi della luce (Garzanti Editore, 1989), a cura di M. Marin
Un parallelo fra panorama naturale ed il femminile umano, il tutto in un contesto positivo che agevola la comprensione. Dunque un dire da condividere in quanto semplice e chiaro nella specificità del brano ‘esemplare’. In ogni modo rispecchia la personalità del Nostro quale contributo ad una poetica di ‘europea’ tendenza, dalle radici ovviamente latine la sua parte. Sensibilità necessitate sia per le visioni ‘panoramiche’ che per quelle, più intime, riferibili alla persona amata. In questo senso il ‘fragore’ dell’empatia verso l’io dell’altra, traccia un segno profondo che s’insinua in rivoli copiosi di conoscenza e di condivisione. E la natura osserva con distacco i sentimenti umani. Son cose inevitabili, dunque da osservare in buona e breve distanza. Non resta, alla fine, che inciderne bene il soggettivo ricordo.