Solo una volta ho visto piangere
mio padre, una sola al principio
della sua tenebra e mai più.
Piangere come piange chi si oppone
da solo alla vita che si disfà
inclemente, ormai paurosa.
Nessun armistizio nella discesa
nessun risanamento a portata.
Solo io che mento sul futuro.
Tormenti della cattività (Garzanti, 2018)
Foto di Dino Ignani
Un relativo distacco, relativo per l’appunto, ché codesti pochi versi del Nostro fanno trasparire, come dicono i critici laureati , ‘in filigrana’. Vi è la specifica, netta sensazione di chi è pienamente coinvolto nell’intricato gomitolo cruciale della imminente perdita. L’orlo dell’abisso è prossimo e non lo si può evitare. L’inconscio scopre le sue carte alla realtà del ‘redde rationem’ conclusivo. Unico sfogo-reazione del protagonista: il pianto. Il figlio ‘spettatore’ incamera il tutto in memoria, quindi riesce a comunicarlo chiaro e limpido vergandolo con/sulla ‘china’ del verso. E la tensione emotiva si attenua, lentamente, lentamente.