Questa reticenza invade il mare
offre tè alle distanze alle rive
che increspano le dita nella tazza
raccolgono la schiuma con la lingua
il tuo cuore ridesta la mano a cobra
intravede l’acqua ricamata di brividi
sinuoso argomento che gira nello scheletro
il caos d’essere attraversati
da un altrui penoso silenzio
non più attraenti per alcun agguato
la medaglia del volto brillare a vuoto
con quel rintocco che lacera la piazza.
Inedito di Francesca Serragnoli
Immagini bellissime
Correre, ma meglio camminare, per osservare al netto i segreti dell’animo in itinerari conosciuti per poi deviare nei consueti pensieri che, inesorabilmente, ci comandano, nostro malgrado. Parole che escono, fluide, senza rumore alcuno, perché pensate, concepite nel silenzio spirituale a far divergere la realtà che si squaderna, poi, in un delicato fluire della acquea essenza esistenziale. Un coacervo che incombe su di noi tutti ed è difficile, complesso e complicato venirne a capo. Resta il disperso, disperato tentativo di provarci. In qualche maniera la Nostra ci riesce con una particolare delicatezza pur nella malinconia della sofferenza, senza morirne. Efficacissimo processo mentale, diremmo specifico, forse, del ‘femminile’ supportato da quella ancestrale conoscenza del ‘materno’ – in scienza e coscienza – per cui la vita è, senza soluzione di continuità.
Cocci come bisturi, poesia capace di tornare a incontrare sé stessa dentro al dolore. Manca e deve mancare un ritmo chiaro, solo l’ultimo verso fa due cose, lacera e raccoglie in un alessandrino.
Ammiro.