Il primo gennaio
So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo,
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzufino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui ti affidi,
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché,
pigramente rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri,
oggetto o mano, penna o portacenere,
brucia e non se n’accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi…e se ne pentì.
Ora,
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri,
torni indietro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degli intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano,
io, a bocca chiusa.
Tutte le poesie (Mondadori, 1996)
Oh, mio Dio, codesto nostro padre in letteratura, nella sua completezza contemporanea, che resiste ancora, nonostante tutto! E resta, se Dio vuole, come gli altri eterni da Dante in poi, e ce ne sono parecchi, sino a giungere a Leopardi, Carducci, Pascoli – e includiamo pure D’Annunzio con Ungaretti, Quasimodo ed il Nostro, Montale per l’appunto. Nell’esemplare brano sopra riportato, c’è la netta, lucida coscienza di un sapere che va dal minimo all’eccelso e viceversa, con quei ritorni sublimi da cui l’incanto, la meraviglia del lettore attento, pur se dilettante, ma contiguo alle Muse d’Elicona. Il Nobel recente, Tomas Transtromer, poeta del silenzio, come dicono i critici laureati, deve essersi ispirato anche a Montale, se non altro per come ha vergato la sua autobiografia, di una semplicità dalla naturalezza poetica, poesia essa stessa.
gli ultimi versi sono di una bellezza irraggiungibile. Questo è scrivere poesia.
Ha colpito dritto al cuore. Una ricerca di parole un cesello, un dire sublime.